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Presentazione “Il processo della Verità” di Anton Giulio Mancino

Giovanni Pellegrino e Tatti Sanguineti a Bari per la presentazione del libro di Anton Giulio Mancino “Il processo della verità”

LA VERA STORIA DE “LA TERRA TREMA” DI VISCONTI

L’avvocato Giovanni Pellegrino, presidente della Provincia di Lecce ed ex Presidente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle Stragi e il Terrorismo,
e Tatti Sanguineti, storico del cinema e autore televisivo, presentano a Bari venerdì 3 ottobre 2008 alle 18, presso la Sala Murat in Piazza del Ferrarese
il libro-inchiesta di Anton Giulio Mancino “Il processo della verità – Le radici del film politico-indiziario italiano” (Kaplan, Torino 2008, pagg. 320), che, stabilendo uno stretto rapporto tra cinema, storia e diritto penale, ha svelato i retroscena della realizzazione del capolavoro di Luchino Visconti “La terra trema”, nato come sorta di instant-movie sulla strage di Portella della Ginestra del primo maggio 1947 e divenuto il primo esempio di “compromesso storico” tra cattolici e comunisti. Nel corso della serata è prevista un intervento telefonico con il regista, produttore e scrittore Turi Vasile, che produsse nel 1952 il celebre “Processo alla città” di Luigi Zampa su soggetto di Francesco Rosi, futuro autore di “Salvatore Giuliano” (1962) e “Il caso Mattei” (1972).
La manifestazione, curata dalla Cooperativa sociale Il Nuovo Fantarca con il contributo del Comune di Bari – Assessorato alle Culture, sarà anche un omaggio al regista di film di impegno civile Florestano Vancini, recentemente scomparso, di cui verrà proiettatto l’ormai introvabile “La violenza: quinto potere” (1972), tratto dal dramma processuale del giornalista Giuseppe Fava, vittima della mafia, e interpretato da Enrico Maria Salerno, Riccardo Cucciolla e un inedito Ciccio Ingrassia in un ruolo drammatico.

Il libro

Come, quando e in che modo, ossia il cinema italiano diventa un agente storico diretto?

Finalmente un testo non sul cinema italiano cosiddetto “politico”, ma sui film italiani “politico-indiziari”, nei quali l’autore cinematografico trasferisce allo spettatore dubbi o perplessità sulle verità politiche ufficiali e istituzionalizzate. Verità controverse, sottratte, dal secondo dopoguerra a oggi, alla conoscenza di tutti, a partire da LA TERRA TREMA di Luchino Visconti, uno dei massimi capolavori del neorealismo, che sarebbe dovuto essere un film sulla strage del primo maggio del 1947 a Portella della Ginestra, il primo di una lunga serie. Creando una relazione proficua tra cinema e diritto, il film politico-indiziario invita lo spettatore accorto a spingersi oltre l’evidenza per smascherare l’occultamento istituzionalizzato della matrice politica dei fatti e far emergere la verità.
Perché, come affermava Francesco Carnelutti, noto giurista e avvocato, “soltanto la verità può operare il miracolo di salvare la libertà del cineasta e, insieme, la libertà dello spettatore”.

Il libro prende le mosse da soggetti inediti, diari, testimonianze, sceneggiature di film misconosciuti e rimasti incompiuti e soprattutto da documenti originali depositati presso gli archivi di Stato. Se ne desume un affresco della storia italiana degli ultimi 60 anni che coinvolge non soltanto i più importanti registi, ma anche maître a penser, intellettuali, politici ed alte cariche istituzionali….

IL GENERE. Il film “politico-indiziario” nasce in Italia agli inizi degli anni Cinquanta, con due film contemporanei: Roma ore 11 (1952) di Giuseppe De Santis e Processo alla città (1952) di Luigi Zampa ai quali si legano rispettivamente i nomi degli allora giovani Elio Petri e Francesco Rosi (in appendice del volume di pubblica per la prima volta il soggetto del film, firmato da Rosi e da Ettore Giannini). Il film “politico-indiziario”, come lo si definisce in questo libro per evitare la confusione sul concetto di film “politico” o “civile”, mette a frutto il metodo dell’inchiesta di Cesare Zavattini, il cui pensiero – come si scopre per la prima volta in questo libro – si riallaccia alla filosofia della “compresenza” e della “realtà di tutti” di Aldo Capitini, il massimo esponente della cultura della nonviolenza in Italia e inventore della marcia Perugia-Assisi. Attraverso Zavattini, e attraverso anche il metodo rigoroso introdotto nelle inchieste di Danilo Dolci degli anni Cinquanta e Sessanta, prende forma nei film italiani un approccio di ricerca volto a non arretrare di fronte alle poche tracce di verità politica. Per questo agli inizi degli anni Cinquanta, mentre stentano ad essere recepiti dalla neonata repubblica i principi costituzionali, alcuni film cercano di far breccia nei meccanismi istituzionali e di mettere in luce le contraddizioni di un codice di procedura penale che è ancora quello del 1930, l’illiberale e fascista codice Rocco.

PORTELLA DELLA GINESTRA. Questi film politico-indiziari si propongono come inchieste a tutto schermo, come processi indiziari e come pubblici dibattimenti, allargando i confini angusti dei processi ancora per metà “segreti”.
Parallelamente, mentre l’Italia a livello giuridico e istituzionale fa i conti con il retaggio del vecchio regime e i nuovi segreti di Stato, il cinema interviene tra mille difficoltà a colmare il grave “deficit di verità” sulla strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947). Il primo, coraggioso e “pericoloso” film sull’argomento sarebbe dovuto essere La terra trema di Luchino Visconti, nato come film di propaganda comunista in vista delle prime elezioni democratiche italiane. Questo libro, elaborando una lettura incrociata di piani di lavorazione, documenti ministeriali e i Diari redatti dall’allora aiuto-regista Rosi, infatti sostiene la tesi che, a differenza di quanto sostenuto dalla storiografia ufficiale, la scelta di trasporre I Malavoglia di Giovanni Verga fu una sorta di ripiego “d’autore” per evitare di turbare le elezioni politiche del 1948. Il progetto originale di Luchino Visconti, grazie a una straordinaria serie di stratagemmi atti ad aggirare la censura preventiva, prevedeva gravi e sconcertanti rivelazioni che il primo ad oggi rimasto pressoché sconosciuto “compromesso storico” tra cattolici e comunisti provvide ad arginare: il film, se ne segue la complicata vicenda produttiva come la si presenta qui in una versione inedita e “politica”, infatti non fu approntato per la scadenza elettorale ma molti mesi dopo, grazie al “miracoloso” intervento della casa di produzione Universalia, vicina al Vaticano, e al tacito accordo dell’ex committente, il PCI di Palmiro Togliatti.

La strage di Portella e le oscure vicende del presunto autore unico della strage, il bandito Giuliano, sarebbero rimaste per il cinema italiano tabù fino agli inizi degli anni Sessanta finché Salvatore Giuliano (1962) di Rosi, quasi in diretta concorrenza con il “depistante” Morte di un bandito (1961) di Giuseppe Amato, non squarciò molti degli “indicibili” segreti. Non a caso, come si spiega in questo libro sulla base di una puntigliosa ricerca d’archivio, molti dei film sull’argomento non furono mai realizzati (il misconosciuto Giuliano il bandito, e soprattutto il rivelatore e scomodo Portella delle Ginestre ideato nel 1956 da De Santis e scritto dal giornalista Felice Chilanti, il cui inedito soggetto viene in gran parte pubblicato per la prima volta in questo libro) o realizzati con molti e complicati cambiamenti imposti dalla Revisione Cinematografica Preventiva del tempo (I fuorilegge, 1950, di Aldo Vergano, che si sarebbe in origine dovuto intitolare Montelepre, di cui si ripercorre qui la complicata e incredibile lunga trafila burocratica sulla base di documenti ministeriali esaminati all’Archivio Centrale dello Stato). Solo dopo il film di Rosi, a intervalli quasi regolari, grazie anche alle successive rivelazioni che emergevano dagli atti della Commissione Parlamentare d’Inchiesta Antimafia (“sdoganata” anche dal medesimo Salvatore Giuliano), emersero al cinema i nomi dei mandanti della strage, ne Il sasso in bocca (1970) di Giuseppe Ferrara e ne Il caso Pisciotta (1972) diretto forse non a caso da Eriprando Visconti, nipote di Luchino. Finché nel 2003 Segreti di Stato di Paolo Benvenuti, sulla base di nuove acquisizioni sopraggiunte con la dissecretazione degli archivi dei servizi segreti americani, non dà nuovo impulso agli studi storiografici elaborando nuove e sconvolgenti ipotesi sui livelli alti della prima strage di Stato della storia repubblicana.
In questo libro si pubblicano per la prima volta anche stralci inediti delle versioni integrali di alcune scene “scottanti” del film di Benvenuti, mettendo definitivamente a frutto fatti e ipotesi cinematografiche in grado di dar conto delle numerose contraddizioni e degli elementi di continuità tra passato e presente, prima e dopo il 1945 ancora oggi di grande attualità.

Anton Giulio Mancino
Il processo della verità. Le radici del film politico-indiziario italiano.
2008, Torino: Edizioni Kaplan.
pp. 328, ISBN: 978-88-89908-22-8, € 20,00
http://www.edizionikaplan.com/