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“Mena” di Maria Cristina Fraddosio mercoledì 6 giugno al Cineporto di Bari

Nella sua attività di giornalista, Maria Cristina Fraddosio ha sempre prediletto l’attività di inchiesta e di denuncia su alcuni temi scottanti del nostro Paese. Lo fa attraverso alcune delle più prestigiose testate giornalistiche italiane ma, come è accaduto in questo caso, anche attraverso la realizzazione del documentario “Mena”, che la stessa Fraddosio ha diretto sul tema del gasdotto Tap in Salento in collaborazione con Martina Martelloni e Mauro Petito.

La giornalista barese, che da anni vive e lavora a Roma, sarà presente alle due proiezioni del suo “Mena”, che si terranno mercoledì 6 al Cineporto di Bari (inizio alle 19, ingresso libero). Dopo la proiezione, è previsto un intervento della giornalista e regista Maria Cristina Fraddosio.

Un cortocircuito semantico nella narrativa mediatica – si legge nelle note di regia Maria Cristina Fraddosio -. Un territorio che da paradiso naturale in cima alle classifiche mondiali è passato a essere teatro di scontri per via di una mega-infrastruttura energetica. I cittadini divenuti agli occhi dell’opinione pubblica d’improvviso anarchici. Insurrezionalisti. Violenti. È davvero andata così? “Mena” è il frutto di un lavoro di inchiesta che rivela aspetti della realizzazione del gasdotto Tap poco noti. La scelta di produrlo in modo indipendente nasce dal desiderio di garantire la libertà di informazione su una tematica rilevante per la collettività”.

“Mena” è un documentario di denuncia. La voce di un contadino fa da controcanto alle proteste in corso a Melendugno, in Salento, punto di arrivo del gasdotto Tap proveniente dall’Azerbaigian. Testimonianze dirette degli attivisti si alternano a quelle istituzionali. L’affare da 45 miliardi di dollari, dichiarato strategico dall’Unione Europea, ha stravolto la vita di un piccolo comune di diecimila abitanti.

Mentre la magistratura indaga sull’ipotesi che sia stata aggirata una direttiva europea sulla sicurezza dell’impianto, che sorgerà a poche centinaia di metri dalle abitazioni, i lavori per realizzare l’opera continuano in gran fretta sotto la sorveglianza di centinaia di forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Scontri, violenza, percosse sono oramai consuetudini per quella che era una tranquilla località di vacanza a ridosso di una delle più belle spiagge d’Europa.

Il viaggio si sviluppa attraverso il racconto dell’uomo che ha ceduto il suo terreno agli attivisti per consentirgli di presidiare l’area limitrofa al cantiere. Un flusso di coscienza lo riporta all’infanzia quando le campagne erano presidiate dai militari nel Dopoguerra. Sicurezza, democrazia, ambiente vengono alla ribalta attraverso una denuncia che a tratti si fa poetica e letteraria, per mezzo della tradizione e della storia di una terra abitata da un popolo che Tommaso Fiore assimilò alle formiche e che ha per antenati i contadini che nel 1952 si opposero ai soprusi dello Stato attraverso una lunga e dolorosa resistenza, sublimata poi nei versi di Vittorio Bodini. Il vocabolo mena è un universo condensato di significati che deriva dal dialetto locale. L’urgenza di informare sulle violazioni in corso e lanciare un appello di solidarietà trova riscontro in una delle accezioni di questa parola.

 

NOTE BIOGRAFICHE DELLA REGISTA

Maria Cristina Fraddosio, giornalista e traduttrice. Nata a Bari nel 1986 e residente a Roma. Dal 2015 lavora per la sezione Mondo Solidale di La Repubblica. Ha scritto anche per “L’Espresso” e “Il Venerdì”. Attualmente collabora con Il Fatto Quotidiano. Nel 2017 ha vinto la prima edizione del premio giornalistico intitolato a Carlo Azeglio Ciampi “Schiena Dritta” con l’inchiesta “All’ombra del caporalato”. In merito alla realizzazione del gasdotto Tap, è autrice di svariate inchieste pubblicate su L’Espresso e su Il Fatto Quotidiano. Tra queste “Rischi estremamente rilevanti. Ma il governo ha nascosto la relazione e sbloccato il Tap”, uscita su Espresso.it il 5 settembre 2017, rimossa dalla redazione quattro ore dopo, tornata poi online in versione estremamente ridotta a distanza di un mese e premiata dall’Ordine dei Giornalisti della Puglia con il premio “Giornalista di Puglia”, intitolato a Michele Campione, edizione 2018.