Domenico Procacci riceve le chiavi della città di Bari
Apulia Film Commission annuncia che l’Amministrazione comunale di Bari, per mano e volontà del sindaco Michele Emiliano, sabato 22 gennaio alle ore 10 nell’Aula Consiliare Enrico Dalfino del Comune di Bari, in Corso Vittorio Emanuele, 84, consegnerà le chiavi della città al noto produttore cinematografico Domenico Procacci.
La prestigiosa cerimonia di consegna – aperta ai concittadini – avviene proprio in occasione della giornata inaugurale del Bif&st, che quest’anno ha deciso di omaggiare il produttore barese con la proiezione di trentadue film, tra italiani e internazionali, prodotti dalla Fandango di Procacci. Inoltre, Procacci sarà protagonista anche di una lezione di cinema, in programma sabato 22 alle 11, al Cinema Teatro Kursaal Santalucia.
Domenico Procacci nasce a Santo Spirito, all’epoca frazione di Bari, nel 1960. Dopo aver iniziato gli studi in giurisprudenza nella sua città, decide di seguire un corso di cinema a Roma, presso la scuola Gaumont di Renzo Rossellini.
Colleghi e docenti di corso sono alcuni tra i più importanti nomi dell’universo cinematografico degli anni ’80 tra i quali Antonello Grimaldi, Giuseppe Piccioni, Carlo Carlei. Con alcuni di loro fonderà la cooperativa Vertigo per produrre il primo film di Piccioni Il grande Blek.
Nel 1989 Domenico Procacci si ispira al film di Kevin Reynolds Fandango per dare il nome alla sua casa di produzione cinematografica che, nel tempo, si trasformerà in una factory capace di distribuire, oltre che produrre cinema; esercizio cinematografico, casa discografica e editrice libraria.
Il primo film prodotto è La Stazione di Sergio Rubini che nel 1990, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, vince il premio Fipresci e viene accolto con grande entusiasmo dalla critica e dal pubblico; Rubini riceve il David di Donatello come Miglior Regista Esordiente e il Nastro d’Argento per la Miglior Opera Prima.
Attualmente Procacci, divenuto cittadino romano, è impegnato con il lancio del film “Qualunquemente” di Giulio Manfredonia con Antonio Albanese.