Diario
2
07/02/2013

Numeri inquietanti

Non ci sono belle speranze, proclami ottimistici, commedie patinate italiane o film da Oscar che tengano: per il cinema in sala, qui in Italia, è e resta profondo rosso. Lo dimostrano i dati Cinetel diffusi oggi, che rappresentano circa il 90 per cento del mercato e che quindi possono mostrare con chiarezza le tendenze degli spettatori: a gennaio 2013 sono stati venduti complessivamente 10 milioni 56 mila biglietti, con una diminuzione del 23% rispetto al gennaio 2012. E con un calo notevole negli incassi: 64 milioni 885mila euro, -24% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. E’ il peggior risultato dell’ultimo lustro: rispetto all’anno migliore del quinquennio, il 2011, il crollo è pari al 47%.

E all’interno di questo panorama già fosco, il dato più desolante è che la crisi del cinema italiano è ancora più nera. Le pellicole di casa nostra, infatti, passano da una quota di mercato del 48% in termini di biglietti venduti a una quota del 34%; mentre cresce la presenza dei film a stelle e strisce, che passano da 32% a 58%. Ci sono poi alcuni fenomeni contingenti, legati all’uscita di questo o di quel blockbuster: l’improvvisa presenza della Nuova Zelanda, con un 4%, di deve ovviamente al fenomeno Lo Hobbit. Mentre la Gran Bretagna, che lo scorso anno contava su Sherlock Holmes e La Talpa, passa dal 14% all’1,82%.

Nella classifica dei migliori incassi del mese appena co nsluso, al primo posto il tarantiniano Django unchained con 8 milioni 299 mila euro, seguito (a parziale consolazione, sullo stato del nostro cinema) da La migliore offerta di Giuseppe Tornatore, con 7 milioni 833 mila euro; e Mai stati uniti dei fratelli Vanzina, con 5 milioni 355 mila euro. Al quarto posto Quello che so dell’amore di Gabriele Muccino, con 4 milioni 358 mila euro; al quinto Vita di Pi di Ang Lee, con 3 milioni 795 mila euro. Completano, nell’ordine, la top ten, Cloud Atlas dei fratelli Wachowski, con 3 milioni 535 mila euro; Jack Reacher – La prova decisiva con 3 milioni 215 mila; Lincoln con 2 milioni 743 mila euro; Ghost Movie con 2 milioni 711 mila euro. Al decimo posto Lo Hobbit, che però il pieno di incassi lo aveva già fatto a dicembre. Complessivamente, l’incasso di questi  primi 10 film è in diminuzione del 33%,  rispetto ai primi 10 del gennaio 2012: tanto per chiarire che la crisi è confermata da tutti, ma proprio tutti, gli indicatori.

Quanto alla cause di questa flessione, esercenti, registi e produttori hanno sempre indicato come principale responsabile la pirateria, o meglio l’assenza di una legislazione che la combatta efficacemente. Ma anche la crisi che morde le famiglie, e l’aumento dei biglietti dovuto sopratutto al proliferare della sale in 3D, ha probabilmente influito. Così come l’incapacità del nostro cinema, al di là degli exploit d’autore come quello di Tornatore, di sfornare un prodotto di qualità medio-alta realmente competitivo.

Fonte:

La Repubblica

 

0
06/02/2013

Che straordinario orgoglio

Provo un orgoglio straordinario e una emozione fortissima quando dentro di me ripeto i nomi di Roberto De Feo e Vito Palumbo.
“Ice Scream” nasce come progetto di cortometraggio nella prima edizione di “Puglia Experience”, il nostro workshop internazionale per sceneggiatori.
Poi diventa un corto da noi sostenuto. Oggi è diventato un lungometraggio di produzione americana.

Vito e Roberto sono diventati grandi. E noi, un po’, siamo diventati grandi con loro.

Fonte:

La Stampa

1
05/02/2013

Secondo voi

Secondo voi quando Martin Scorsese ha girato “Casinò”, uno dei mille film che parla in modo non lusinghiero di Las Vegas, qualche amministratore locale si è permesso di criticare la scelta del Governatore del Nevada? Ma come si fa ad essere così impudentemente provinciali?

Fonte:

Casinò

Il provincialismo

Ps:
Certo, “Tutta la musica del cuore” non è paragonabile al capolavoro di Martin Scorsese, ma il senso è chiaro no?!

Ps:

Thanks to Massimo Modugno per le sue sinapsi cinematografiche.

0
30/01/2013

Libertà di creare

La libertà di creare è messa in serio pericolo dalla libertà di scaricare che, molti cantori delle libertà, male interpretano come una delle necessarie conseguenze del web.
Io penso che, senza autori, lavoratori, produttori, organizzatori, distributori non esista libertà di creare contenuti audiovisivi.
E senza contenuti il nostro sarebbe un mondo più triste, povero, incapace di esprimersi.

La domanda dunque è: come garantire libertà della rete e capacità dell’industria dei contenuti (dei media) di continuare a produrre senza subire danni economici che ne depauperino la base produttiva, togliendole ossigeno?

E soprattutto con la pirateria chi ci guadagna veramente? Il ragazzino o il pensionato che risparmia i 20 euro di un disco, i 15 di un libro, i 7 di una sera a cinema. Privandosi peraltro del “bene esperienza” costituito dal consumo culturale e sociale?

Io penso che – a parte le mafie – chi davvero guadagna dall’uso della rete sregolato e pirata sono i service provider, le società di telecomunicazioni (TLC) che generano traffico venduto a tariffa e sono i cosiddetti “over the top” (OTT), i mega portali aggregatori che veicolano traffico e vendono pubblicità su ogni contenuto scaricato. Vi siete, per esempio, resi conto che su ogni videoclip musicale che vedete su You Tube (società del gruppo Google) dovete da un po’ di tempo subire la visione di qualche secondo pubblicitario? Bene, gli “over the top” guadagnano per ogni istante di visione che noi consideriamo gratuita, ma che, al pari delle Tv commerciali, hanno un costo per click che genera enormi ricavi che non vengono socializzati dagli OTT o dalle TLC con le imprese che investono in e producono contenuti. Raccolgono pubblicità grazie a contenuti non loro, ma non ne girano nemmeno una goccia a chi questi contenuti produce. Folle no?!

Dunque, tornando a noi, chi ci guadagna davvero sono loro: OTT, SP e TLC. Per questo penso che la strada intrapresa dall’industria e dalla politica americana sia quella giusta. La legge francese (Hadopi) è profondamente ingiusta perché colpisce i ragazzini o comunque gli utilizzatori finali (avrebbe detto l’avvocato Nicolò Ghedini…) e non i grandi aggregatori e i padroni delle reti. Il service provider che consente ad un suo cliente di scaricare contenuti protetti subisca una multa. E poi vediamo se questa storia della pirateria continua oppure, finalmente, si fermerà la dissipazione di risorse e si abbasseranno i prezzi finali.

Fonti:

KeyBiz

Telco Vs Over the top

Ps: discorso a parte meritano le Creative Commons. Ma ci torneremo.

 

4
23/01/2013

Il vero spread

Capita spesso a noi pugliesi di sentirci lusingare, nei colloqui con colleghi e amici del centro e del nord del Paese, perché in molti ritengono che abbiamo “una marcia in più”.
Io sorrido quando sento questi complimenti, perché penso al vero spread che ci condanna alla minorità. Siamo una Regione con enormi potenzialità, diffusi talenti, una propensione alla conoscenza più alta di qualunque altro territorio nazionale.

Eppure i nostri colleghi napoletani o campani, impiegano 1.05 ore per arrivare da Napoli centrale a Roma Termini e i nostri colleghi siciliani hanno molti più voli diretti su Roma e Milano di quanti ce ne conceda l’insopportabile e inutile Alitalia.
Ancora, il sig. Moretti Mario, furbissimo amministratore delle Ferrovie dello Stato, ha tagliato i principali collegamenti notturni e diurni da e per Milano e Torino. Il tutto in nome del mercato.

L’autostrada con il tutor impedisce a qualunque imprenditore o manager di essere a Roma in orari civili e di rientrare a casa in giornata, aumentando i costi per la notte in albergo.

Mentre i collegamenti ferroviari dentro la Regione sono mutilati da politiche del trasporto nazionale incapaci da sempre di compensare le differenze orografiche, sociali ed economiche.

Ma come si fa a competere e crescere così?

Lo Stato, all’epoca del turbo capitalismo, ha rinunciato a svolgere il proprio ruolo riequilibratore. Ed eccoci qui. A denunciare ancora una volta il vero spread che ci condanna alla perifericità.

Ma noi siamo più forti, bravi, preparati e tenaci di lorsignori. E verremo a prendervi presto.

0
20/01/2013

Cercarsi i prodotti

L’iniziativa “Biennale college” dimostra, ancora una volta e di più, quanto sia giusta la strada da noi tracciata dapprima con il “Progetto memoria” e poi con la realizzazione in coproduzione de “La nave dolce”, non a caso fortemente voluti dall’allora nostro Presidente, Oscar Iarussi, che oggi figura tra i selezionatori della Biennale cinema.

Le istituzioni culturali vive, che hanno antenne posizionate nel mondo dei contenuti di domani, non stanno più ferme ad attendere di erogare contributi ai richiedenti che passeranno dal proprio territorio. Oppure a offrire schermi alle major che passano o che dovranno passare. Ma inventano e innovano i linguaggi, cercando i talenti migliori, selezionando le storie più rilevanti, riempiendo i propri palinsesti culturali di trame nuove.

Cercarsi i prodotti di domani significa anche inventare l’audiovisivo che verrà. Anche questa è, insieme alle tante altre, la nostra missione culturale e industriale.

Fonti:

Biennale college

“La Biennale di Venezia annuncia la presentazione dei 15 progetti che hanno partecipato a Venezia, dal 7 al 17 gennaio, al primo workshop di Biennale College – Cinema. I 15 progetti – tra cui uno italiano dal titolo ‘Yuri Esposito’ di Alessio Fava (regista) e Max Chicco (produttore) – sono stati selezionati da un bando internazionale lanciato alla 69ª Mostra di Venezia; in tutto sono stati 433 i progetti pervenuti da 77 Paesi di tutto il mondo. Oggi, in due sessioni di lavoro i 15 team (composti da regista e produttore) presentano i loro progetti e raccontano brevemente i vari aspetti legati alla creazione delle loro storie. I 15 progetti sono descritti e raccontati sul sito www.labiennale.org. «Stiamo compiendo con convinzione un passo molto coraggioso – ha dichiarato il presidente della Biennale Paolo Baratta – Abbiamo dato inizio a quella che per molti aspetti è la più interessante e significativa iniziativa recente nel campo della formazione e del sostegno delle professionalità nel campo del cinema, che completa con orizzonte internazionale il sistema della formazione interno a ciascun Paese». Il direttore della Mostra Alberto Barbera ha aggiunto: «Si avvia a conclusione la prima tappa dell’inedito percorso di Biennale College – Cinema con la scelta dei tre progetti che potranno accedere alla seconda fase, consistente nel workshop di preparazione che prelude alla realizzazione vera e propria del film, resa possibile dal finanziamento di 150mila euro messi a disposizione dalla Biennale e da Gucci. Prende forma, insomma (e nel modo migliore) la scommessa sulla quale si è puntato: consentire a tre giovani di talento di esordire nel lungometraggio». Dopo questo primo workshop, il programma di Biennale College – Cinema prevede infatti che tre team siano invitati a un secondo workshop a Venezia di quindici giorni a cavallo tra febbraio e marzo, sostenuti ciascuno con 150mila euro, per realizzare nei mesi successivi i loro progetti e presentare tre lungometraggi alla 70ª Mostra del Cinema di Venezia 2013.”

0
18/01/2013

Oltre i luoghi comuni

Oltre i luoghi comuni che riempiono bocche e orecchie dei lettori di quotidiani disinformanti e di convegni autoriflessivi, ci sono i numeri, per fortuna, a spiegarci la realtà.
E i numeri che oggi mi hanno colpito sono quelli emersi nello studio effettuato dalla Commissione cultura della Conferenza delle Regioni. I quali spiegano alcune importanti cose sulla spesa effettiva netta e pro capite per cultura, spettacolo e cinema nei territori con o senza fondi strutturali. Il quadro che ne emerge racconta che la Puglia non è affatto più ricca di altre regioni, non solo del sud.

Semplicemente i soldi li abbiamo spesi meglio. Mentre lo Stato centrale si disinteressa(va) del tema.

Fonte:

RELAZIONE SUL MONITORAGGIO DELLA SPESA DELLE REGIONI ITALIANE PER IL SETTORE DELLA CULTURA – 2011/2013

Le Regioni hanno speso per la Cultura 425.111.544 euro nel 2011 e 348.883.793 euro nel 2012 che salgono, sommando i fondi comunitari, a 502.687.412 nel 2011 e 423.209.982 euro nel 2012.

Osservando il quadro generale emerge che complessivamente la Regioni spendono in media in Cultura – senza considerare i fondi comunitari – 16.37 euro/abitante. Spesa che sale a 17.63 euro/abitante se con i fondi comunitari. Il dato è ricavato facendo una media ponderata sui tre anni in esame.

Nel dettaglio si osserva che la spesa procapite massima è sostenuta dalla Regione Valle d’Aosta con un picco di 82.55 euro/abitante sia considerando i fondi comunitari che in assenza di essi.

Tra le Regioni a statuto ordinario la spesa pro-capite massima è sostenuta dalla Regione Piemonte con 10.92 euro/abitante mentre considerando la spesa con i fondi comunitari le Regioni a spendere di più sono la Regione Marche con 14.21 euro/abitante seguita dalla Regione Umbria con 13.17 euro/abitante.

Suddividendo il territorio in aree geografiche nelle Regioni del Sud la spesa in cultura è pari a 9.26 euro/abitante, al Centro è pari a 8.59 euro/abitante e al Nord è pari 29.16 euro/abitante. Dato questo ultimo influenzato dai picchi della provincia di Bolzano (73.06 euro/abitate) e della Regione Valle d’Aosta (82.55 euro abitante). In assenza di queste due aree la spesa per abitante al Nord scende a 15.27 euro/abitante.

Analizzando il dato relativamente ai tre settori indicati emerge che le Regioni spendono per lo Spettacolo 5.66 euro/abitante che, aggiungendo i fondi comunitari, varia di poco arrivando a 5.94 euro/abitante.

Il dato relativo al Cinema fa scendere la media della spesa a 1.38 euro/abitante che sale ad 1.56 euro/abitante considerando i fondi comunitari.

La spesa maggiore le Regioni la sostengono per il terzo grande aggregato – Sostegno a musei, biblioteche, istituzioni culturali, mostre – per il quale la spesa è pari a 10.11 euro/abitante che con i fondi sale a 11.12 euro/abitante.

 

0
18/01/2013

E ci siamo noi davanti.

Quello che per me rappresenta il miglior Ministro del Governo Monti ha dato quest’oggi i numeri degli impegni e delle spese dei fondi comunitari e per la coesione da lui coordinati o gestiti.
Nella relazione si può leggere che:

“per quanto riguarda il Mezzogiorno, si notano i risultati per Puglia (FESR) – il programma con il massimo volume di spesa in tutta Italia – e Campania (FESR)”

Non male non trovate?
Siamo la regione che spende di più e meglio i fondi comunitari secondo il Governo centrale.
Andiamo avanti così.

Fonti:

Ministero Coesione

Dati ufficiali

0
18/01/2013

Soft power

Con i nuovi fondi 2013 per le produzioni audiovisive da attrarre e sostenere in e di Puglia, presentati a fine anno, abbiamo fatto una operazione di “soft power”.

L’introduzione del meccanismo del test culturale, associato all’automatismo del sostegno (20% per i lungometraggi, 80% per corti e doc, 50% per i fuori formato), rappresentano una rivoluzione copernicana del nostro funding e una rinuncia alla sovranità – per dirla in termini politologici – che l’Apulia film commission ha inteso fare in ossequio alla propria idea di intervento anti ciclico rispetto alla crisi economica.

Produttori, dateci dentro con i progetti!

Fonte: Soft power

 

2
18/01/2013

Il coraggio che manca

In queste ore si recita il ‘de profundis’ del cinema italiano e la difficoltà di varcare i confini nazionali. Se l’export di film italiani all’estero si ferma al 9,2% nel 2012, quelli francesi arrivano – pensate – al 24,9%. E parallelamente crolla la quota nazionale di film più visti dal pubblico italiano in sala.
Molte sarebbero le riflessioni da fare, passando dalla pirateria alla vetustà delle sale, dalla crisi economica all’incidenza del consumo casalingo, dai vincoli distributivi all’assenza di una diffusa cultura audiovisiva, da una stagione troppo corta alla lunghezza dell’estate italiana, dai costi di produzione all’assenza di star system, dalla difficoltà produttiva all’assenza di un vero e libero mercato dei diritti.

Ma nessuno mi pare stia avendo il coraggio di dire quel che davvero manca: un prodotto fresco, innovativo e appetibile che emerga forte e chiaro, superando i vecchi generi e il deja-vu.
Combattendo tra le commedie leggere leggere e film autoriali pensosi pensosi, il pubblico italiano si sta orientando verso il prodotto nord americano o europeo.
E la Rai, unica vera finanziatrice del cinema nazionale, continua a finanziare opere che sul mercato troverebbero comunque le risorse necessarie al loro facimento, sottraendo risorse a prodotti di ricerca e innovazione.

Il coraggio che manca a una generazione di produttori e di editori che non sa più essere in sintonia con il Paese reale ci sta depauperando tutti.
Occorrono “new comers”. E occorrono subito.
Anche a questo devono servire le film commission.

Fonti:

Analisi Cinetel

Dati export cinema italiano e internazionale