Diario
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26/11/2012

Medimex

Ai colleghi di Puglia Sounds non manca il coraggio. In pochi mesi hanno realizzato molte cose importanti.
Ma fra tutte, mi pare davvero ardita e vincente, la scelta di realizzare un mercato/fiera della musica in Puglia con il Medimex.

In Italia, nel settore audiovisivo, un mercato vero non esiste dai tempi del Mifed di Milano. Morto e sepolto dalla concorrenza dai mercati del cinema e dell’audiovisivo di Cannes (Mip e Marche) e dell’EFM di Berlino.
Mercati seri, competitivi, utili a produttori e distributori.

Dunque realizzare un mercato della musica in Puglia è davvero una operazione che denota intelligenza e grandissimo coraggio.

Chapeau.

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23/11/2012

Per completezza.

Qualche ora fa ho scritto del rifiuto di Ken Loach a ritirare il premio a lui dedicato dal Festival di Torino.
Ne scrivevo qui.

Ora arriva la risposta degli organizzatori dello storico festival e per completezza e correttezza la riporto di seguito.
Niente è mai quel che sembra.

“Il Museo del Cinema di Torino risponde a Ken Loach sulle accuse del regista di comportamento contrario ai diritti dei lavoratori. «Con grande dispiacere, prendiamo atto del comunicato stampa con il quale Ken Loach rifiuta il premio assegnatogli dal Torino Film Festival. A maggior ragione, ci dispiace di constatare che un grande regista, al quale va da sempre la nostra ammirazione, sia stato male informato al punto da formulare riserve su comportamenti del Museo Nazionale del Cinema che non corrispondono in alcun modo alla realtà dei fatti». La nota del Museo, cui è affidata la gestione del festival torinese, puntualizza infatti: «Ricordiamo che il contratto di assegnazione dei servizi di vigilanza e pulizia alla Mole Antonelliana è stato stipulato a norma di legge, con una gara europea ad evidenza pubblica, rispettosa delle normative ministeriali e dei contratti di lavoro in essere. Il Museo non può essere ritenuto responsabile dei comportanti di terzi, né direttamente né indirettamente. Di conseguenza, non sarebbe in alcun modo legittimato a intervenire nel merito di rapporti di lavoro fra i soci di una cooperativa esterna e la loro stessa società».
Così conclude il comunicato del Museo: «Al contrario di quanto affermato da Ken Loach, ci aspetteremmo invece di vederci riconosciuto un comportamento eticamente ineccepibile nei confronti delle problematiche inerenti i rapporti di lavoro con i dipendenti del Museo del Cinema, i collaboratori e le rappresentanze sindacali. Con orgoglio, rivendichiamo da sempre una politica coerente a tutela del lavoratori e, d’intesa con le organizzazioni sindacali di riferimento, un impegno costante nella ricerca di soluzioni atte a garantire continuità e difesa dei posti di lavoro, anche in un momento di forte contrazione delle risorse economiche a disposizione.”

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23/11/2012

Il distretto

Le imprese creative e culturali pugliesi si sono riunite in un distretto, grazie ad una intensa attività di animazione e chiamata che noi di Apulia Film Commission, con i colleghi del Teatro Pubblico Pugliese, realizzammo tra la fine del 2010 e il febbraio del 2011. Oggi il distretto è stato definitivamente riconosciuto dalla Regione e può solcare i mari tumultuosi della competizione internazionale.

Ne sono felice. Un altro obiettivo che avevamo fissato nei nostri piani è stato raggiunto, grazie al lavoro di tanti, istituzioni e imprese, manager e artisti.
Ora è il momento di lavorare sodo ai progetti. Con il futuro in tasca: il Distretto Puglia Creativa.

 

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21/11/2012

Ken Loach

Quanto abbiamo da imparare da un uomo come lui?
Riporto di seguito il suo comunicato stampa con il quale rinuncia a recarsi a Torino per ricevere il premio che il Festival piemontese avrebbe voluto tributargli.
La coerenza e lo stile sono tutto nella vita.

Fonte:

“È con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hannolavorato ai nostri film.
I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema.
Tuttavia, c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile.
A Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari.

In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili.
Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, «Bread and Roses». Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti?

Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni.

Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio.”

Ken Loach

 

 

 

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19/11/2012

Basta poco

A volte basta poco per far divertire. Grazie al Premio Solinas ecco a voi: Sotto casa

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14/11/2012

Roma

I media non perdonano a Muller di esser stato nominato dalla destra capitolina. Pur tuttavia un bravo direttore di festival dovrà sempre lavorare chiunque governi.
Nove critici su dieci lo stanno stroncando. Per questo a noi piace segnalare questo articolo di Giusti. Per ragionare senza ideologismi e senza dover per forza scegliere tra persone.
Ma solo tra linee editoriali e lasciare in pace i bravi tecnici.

Fonte: Il cinema dei giusti

Quinto giorno del Festival di Roma. La vera novità è che il glamour e le star a Roma servono a poco e niente. Il red carpet solo a bagnarsi quando piove. E anche quando si parla di nuovo cinema italiano, alla fine, funzionano di più i film con volti completamente nuovi o diversi, come “Alì ha gli occhi azzurri” di Claudio Giovannesi o “Italian Movies” di Matteo Pellegrini, buona sorpresa della sezione PIT (dopo i disastri Lucarelli-Nicchiarelli), che con gli eterni attori del nostro cinema d’autore.

Pensiamo al povero Scicchitano di “Scialla!” che al secondo film ha già rotto le scatole, figurarsi Battiston, Rohrwacher e soci condannati dai nostri produttori a ripetere sempre gli stessi ruoli. Un’altra bella novità del Festival di Roma è la costruzione di un pubblico diverso da quelli precedenti, più attento, partecipe e soprattutto più giovane e meno pariolo del precedente.

Così un film come il messicano “Mai morire” di Enrique Rivero (è la sua opera seconda dopo il premiatissimo “Parque via”), complessa, serissima ricerca visiva antropologica della vita della popolazione più povera in un Messico magico e fluviale, tutto giocato sulla sguardo e le visioni della protagonista, Margarita Saldana, in visita alla vecchia madre morente che vive ai bordi di un fiume, ha trovato la giusta attenzione.

Eliminando le anteprime romane e i film già visti a Toronto, Muller ha moltiplicato le situazioni più sperimentali e di ricerca, utilizzando il Maxxi e ricostruendo un ponte con arte e videoarte che allargasse un po’ le prospettive sia teoriche che di collegamento di punti vicini. Al pubblico “parrucco” di Roma Nord lascia un po’ di marchette e il documentario su Montaldo, ma in generale punta a un pubblico del tutto diverso.

Lo dimostra il successo di un film innovativo come “Italian Movies” di Matteo Pellegrini, dove uno studio televisivo torinese diventa il set di un service per extracomunitari gestito dalla squadra, anch’essa mischiata e in gran parte extracomunitaria, che fa le pulizie di notte a 800 euro al mese. Mentre lo studio ufficiale, che si garantiva il lavoro con una soap, fallisce, la parte sommersa dello studio progredisce e finirà per inglobare pure la situazione “normale”.

Trionfo del multietnico internazionale alla “Kitchen”, il film di Pellegrini può disporre di un cast che va dal russo Aleksei Guskov, che abbiamo visto nel “Concerto” di Radu Mihaileanu, all’africano Eriq Ebaouaney, già visto in “Femme fatale” di De Palma e “Le crociate” di Ridley Scott, dei nostri Michele Venitucci e Anita Kravos e dell’indiano Neil D’Souza, vero comico della compagnia. “Italian Movies” funziona sia come modello produttivo, un film cioè costruito su una visione globale giovanile che non si fermi a Roma Nord o dentro il raccordo, sia come teoria sul riuso delle politiche fallimentari televisive.

Sotto un altro aspetto, invece, “Mai morire” di Enrique Rivero, ci porta in una dimensione da grande film sperimentale internazionale e da laboratorio creativo come lo intendeva Muller già a Venezia. Magari non erano questi i film e il tipo di festival che volevano da lui Alemanno e la Polverini, magari non è questo che lui aveva venduto a loro.

Ma il risultato è che è diventato un festival forse meno ricco e glamour dei precedenti, ma più internazionale e meno provinciale e oltre ai film innovativi e sperimentali si è creato pure un pubblico per vederli, mentre Larry Clark, in conferenza stampa, ha lanciato il grido d’allarme per la crisi internazionale dei cinema indipendenti: “Tra poco ci saranno solo quelli che mostrano Batman”. Intanto, in completa contraddizione con Larry Clark e con il rigore teorico di Enrique Rivero e del suo “Mai morire”, Roma lancia oggi la carta Twilight, ereditata dalle edizioni precedenti, addirittura con una maratona della saga dei vampiretti un po’ pariolini…

 

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13/11/2012

Poi uno dice.

Da quanto tempo lo vado dicendo?
Guardate l’operazione che sta facendo Larry Clark (uscire sul web e non nelle sale) e ne riparliamo. Se nel frattempo non avran chiuso tutti i cinema.
Serve, disperatamente, la politica per uscire dalla crisi di sistema e rilanciare i consumi culturali di qualità.

Fonte: Larry Clark – Marfa girl

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12/11/2012

Il paradosso della qualità

In Italia c’è un paradosso della qualità nel cinema.
I film d’autore e di qualità sono spesso costretti a uscire in sale minori dove si vede male, si sente peggio e ci si ritrova seduti in poltrone dalla dubbia igiene.
Sino a quando le sale della programmazione di qualità saranno così scadenti e non digitalizzate, il pubblico non avrà scelta.
E nei convegni si continuerà a dire sempre e solo le stesse cose.

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12/11/2012

I Beatles e la Puglia creativa.

Su Blow Up del mese scorso, una bella storia dei Beatles ci ricordava che i quattro ragazzi di Liverpool Paul McCartney, John Lennon, Ringo Starr e George Harrison non erano dei grandi musicisti. Singolarmente presi, infatti, i Fab Fours erano normali musicisti. Anzi, per la verità, ai loro inizi, sul finire degli anni ’50, nessuno di loro sapeva suonare uno strumento musicale e la biografia di ciascuno di loro non racconta di un amore sviscerato per la musica.

La storia dei Beatles è, sotto questo profilo, paradigmatica: non importa essere o avere in un gruppo dei numeri uno, ma è l’insieme che determina il successo. Nel caso dei quattro magici di Liverpool contò molto il desiderio di dire qualcosa in forma di musica. I primi loro dischi, infatti, sono stati registrati su mixer a 2 piste e finanche i loro ultimi, clamorosi album di studio, “Abbey Road” e “Let it be”, sono registrati su mixer a 8 piste. Il che, a ben vedere, costringeva i loro ingegneri del suono a faticosissimi turni di ribattuta e incisione per giungere al suono che ancora oggi apprezziamo. E a noi ascoltatori rimane la sensazione di incisioni mediocri, ma di una purezza della forma musicale talmente forte da rimanere nella storia.

La Puglia creativa è così: non ci sono grandi aziende leader e capaci di trainare un intero indotto. Ma sono molteplici i talenti e tanto è il desiderio di esprimersi a livello globale.
Il distretto serve dunque proprio a creare band stellari, a dare pubblico e a creare l’occasione che serve per terminare la costruzione di gambe su cui far camminare i nostri artisti, i tecnici, i manager della cultura che servono per la Puglia della cultura e della creatività.

I risultati li vedremo tra qualche anno. Ora tocca solo lavorare duro e imparare a suonare gli strumenti. Per giungere pronti al debutto all’”Indra“.

Buon viaggio.

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05/11/2012

Cosa significa stare lontano dal potere.

Ecco cosa significa star lontano dal potere per il signor B.

Fonte: Cinema italiano

“La scorsa settimana è stata rivoluzionaria per quanto riguarda il mondo degli Studios cinematografici: se a livello globale l’attenzione si è rivolta interamente all’acquisizione della Lucasfilm da parte di Dysney, in Italia – poche ore dopo – è avvenuto un altro acquisto in qualche modo “sconvolgente”. Warner Bros. ha annunciato di aver concluso la trattativa per Medusa Home Video, divisione della Medusa Film (gruppo Mediaset). La finalizzazione dell’accordo, stipulato tra la presidente di WB, Barbara Saladé, e l’A.d. di Medusa Giampaolo Letta, è avvenuto lo scorso 31 ottobre.

Sono circa 3000 i titoli – tra film in uscita ed in catalogo – a “passare di mano”, l’intero pacchetto di proprietà Medusa HV. Queste le parole di Saladé riportate dagli organi di stampa: “L’unione di questa azienda di successo con la nostra contribuirà a sviluppare l’attività della Warner Bros. nel mercato italiano dell’home video, aggiungendo alcuni titoli che andranno ad arricchire il nostro già forte portafoglio di contenuti. Inoltre garantirà alla Warner Bros. Entertainment Italia il rafforzamento della propria posizione di protagonista nel settore dell’home entertainment – offrendo ai fan di cinema e televisione in tutto il paese gli spettacoli migliori da godersi a casa”. Se non ci si stupisce dell’entusiasmo di WB per l’importante colpo, meno comprensibili possono sembrare le parole di Letta: “Siamo molto felici di questa operazione che ci permetterà di cogliere nuove opportunità per la nostra offerta cinematografica e televisiva nell’home entertainment, garantendo ai clienti in Italia la nostra eccezionale lista di titoli”, ha detto. Che sia un lungimirante passo in vista di un futuro dell’home video non più legato a supporti fisici ma a distribuzione on line per i film, oppure il primo passo verso una definitiva chiusura di uno dei pochi e più importanti centri di produzione del cinema italiano?

Al momento lo scenario non è chiaro, ma la semplice ipotesi che la verità si avvicini alla seconda versione (considerando che la settimana prima Medusa – con la co-proprietaria Benetton – aveva annunciato di cercare compratori per la propria catena di 350 sale The Space Cinema) fa tremare il sistema, che al momento – e da molti anni a questa parte ormai – è retto dalle due “colonne” costituite da Rai (01) e Mediaset (Medusa).

Il calo degli introiti pubblicitari e delle azioni in borsa del gruppo della famiglia Berlusconi (oltre a notizie della scorsa primavera, come il blocco a pochi giorni dal primo ciak della produzione di “3 uomini in buca 9″ di Francesco Ranieri Martinotti) consolidano le teorie di chi teme il peggio, ma non ci sono conferme di nessun tipo: il cinema italiano può (al momento) dormire sonni tranquilli.”