Diario
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09/05/2012

Qualche parola su Beautiful

Mentre centinaia di persone, sotto il sole cocente di questa primavera pugliese, attendevano pazientemente di incontrare i propri beniamini dietro le transenne polignanesi, 90 giornalisti accreditati si preparavano a riprendere e intervistare (per molto poco tempo in verità, a causa di una gestione americana dissennata della conferenza stampa) Ron Moss, Katherine Kelly Lang e gli altri protagonisti della arcinota soap opera “The bold and the beautiful”, conosciuta in Italia, più semplicemente come Beautiful. Intanto recepivo un commento aspro nei confronti dell’operazione che la nostra film commission sta realizzando con questa produzione da parte, niente meno, che dell’assessore regionale alla cultura del Piemonte leghista. D’istinto basterebbe rispondere che questo è il classico, insopportabile, atteggiamento snobistico di chi pensa che il lavoro di una film commission debba essere quello di scegliere solo i bei film d’autore e che i soldi pubblici debbano servire esclusivamente a sostenere la cerchia ristretta di eletti da critici e pubblico di nicchia, quali interpreti della cultura superiore, separata dalle masse e, per questo motivo, migliore. Poi ho pensato che l’assessore stesse solo rosicando: mi risulta che qualunque film commissioner in gamba, farebbe di tutto per avere, a condizioni ragionevoli (come le nostre), Beautiful sul proprio territorio. Ma questo è solo il primo dei tanti possibili argomenti. Ve ne sono alcuni ancora più patenti. La produzione di Beautiful, che ha scelto peraltro e con nostra gioia di avvalersi della collaborazione di una produzione esecutiva pugliese, spenderà in Puglia 250.000 € a fronte di un nostro contributo di circa 60.000 € non ancora ad oggi stanziato. Dunque per ogni loro euro investito in regione, noi restituiremo loro 0,25 euro rimborsando parte delle sole spese sostenute in hotel, ristoranti, catering e trasporti in regione. E questo è poco sotto la media che uno studio del 2011 ha dimostrato essere il nostro coefficiente di moltiplicazione (1:6,3). D’altro canto se la Regione volesse acquistare spazi pubblicitari sulle stesse riviste e media televisivi e web che oggi erano presenti alla conferenza stampa, spenderebbe assai più di qualche centinaia di migliaia di euro. I professionisti pugliesi impegnati nella troupe sono 26 (su circa una quarantina totali) e tra attori e comparse contiamo 63 pugliesi. E poi c’è un dato sorprendente: l’affetto dei pugliesi e dei turisti di passaggio che in questi giorni stanno circondando di calore il cast di Beautiful. E’ una soap che fu dirompente alle origini, 25 anni fa, perché raccontava il mondo dell’alta società della moda americana (?!). E ancora oggi raccoglie, solo in Italia, una media superiore ai 3 milioni quotidiani nella fascia post prandiale (13.45 su Canale 5). E’ visto in 100 paesi in tutto il mondo per un totale stimato di circa 45 milioni di spettatori quotidiani. Sbaglia chi pensa che il target sia anziano. Beautiful è un prodotto leggero, di intrattenimento e, appunto, in Italia non va in onda la mattina a beneficio delle massaie impegnate nei “family affairs”, ma a pranzo quando la famiglia è raccolta al desco. Dunque invito i pochi che ancora non se ne sono convinti a valutare questa come una operazione di marketing territoriale, di cineturismo. Per una volta, infatti, anche noi della Apulia Film Commission, che aborriamo questa parola, ce ne facciamo vanto, consapevoli che il nostro è un compito industriale e di sviluppo locale. E che assieme a Olmi, Ozpetek o ai tanti corti e documentari di spessore che abbiamo sostenuto, Beautiful rappresenti il completamento di una strategia complessa che dona frutti maturi all’intero settore e testa le nostre capacità professionali, costringendoci ad un aggiornamento e un confronto costanti con altri linguaggi, modalità produttive, stili di vita, conoscenze. Perché la conoscenza non può mai essere ristretta al campo di quello che decidono pochi autoeletti, ma è un flusso ininterrotto di dubbi che si fugano solo provando e riprovando, seguendo una rotta etica ed una strategia chiara. Fare il bene dei pugliesi e della cultura dell’audiovisivo.

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06/05/2012

Perché ha senso fare un Distretto

Pier Luigi Sacco, già (co) autore di uno dei libri più significativi scritti negli ultimi anni su cultura e creatività in Italia*, ci consegna questo breve e denso articolo che spiega l’importanza della diffusione di creatività come fattore sociale e non come polarizzazione istituzionale di (soli) eventi o di centri di ricerca. Sempre molto utile leggerlo. Eccolo: Non sono soltanto i temi della stabilità che definiscono un’Europa a più velocità: anche nel campo della produzione culturale e creativa il nostro continente appare sostanzialmente diviso in due. Da un lato il nord Europa, che punta decisamente sullo sviluppo dell’industria culturale e creativa e quindi sulla produzione di nuovi contenuti culturali. Dall’altro, il sud Europa che, con la parziale eccezione della Spagna, identifica lo sviluppo a base culturale soprattutto con il turismo culturale e i grandi eventi. Nel nord Europa, l’accesso alla cultura è generalizzato e interessa la gran parte della popolazione di tutte le fasce di età. Nel sud Europa, è invece molto più polarizzato e riguarda una percentuale limitata di popolazione, a cui si contrappone una percentuale importante che risulta poco o per nulla interessata alla cultura. Il livello di accesso culturale della popolazione è decisivo per determinare la capacità di sviluppo associata alla cultura: non solo perché definisce implicitamente la dimensione del mercato, ma anche perché riflette atteggiamenti sociali molto differenti. Nei Paesi in cui prevale la logica del turismo, ci si tende ad avvicinare alla cultura in modo passivo, da spettatori che giudicano un prodotto soprattutto per il suo valore di intrattenimento; in quelli in cui prevale la logica della produzione, invece, la cultura suscita atteggiamenti pro-attivi, porta cioè le persone a partecipare più direttamente alla produzione dei contenuti, sviluppando capacità e competenze a prescindere dal fatto che ci si prefigga di diventare dei professionisti del settore. Non si tratta di una differenza da poco: se infatti in una logica di mercato tradizionale lo sviluppo di competenze culturali “amatoriali” produce effetti economici soltanto nella misura in cui si traduce in una maggiore domanda di contenuti culturali prodotti dai “professionisti” che stanno appunto sul mercato, nei nuovi scenari della produzione e circolazione di contenuti culturali – attraverso le piattaforme digitali e i social media – si definiscono nuove modalità di partecipazione e di creazione di valore economico attraverso la cultura che non passano più necessariamente attraverso il mercato e che danno alla partecipazione culturale una eccezionale quanto ancora poco percepita valenza strategica. In Italia la dimensione dei mercati culturali è relativamente ampia, mentre la partecipazione è relativamente bassa se confrontata agli standard europei: Paesi come il nostro rischiano di essere incapaci di approfittare delle nuove forme di vantaggio competitivo associate alla cultura. In che senso la partecipazione produce valore? Ci sono almeno otto aree in cui ciò accade senza che necessariamente ci siano prodotti e contenuti comprati e venduti attraverso i mercati: l’innovazione, il benessere, la sostenibilità ambientale, la coesione sociale, il soft power, l’identità locale, la società della conoscenza e le nuove forme di imprenditorialità. Consideriamo l’innovazione: le ricerche mostrano che i Paesi più innovativi sono quelli in cui si osservano i più alti tassi di partecipazione culturale attiva. La ragione? La cultura agisce da “piattaforma di pre-innovazione”. Attraverso la partecipazione culturale, i cittadini si abituano a essere in contatto con idee nuove, a mettere in discussione convinzioni e pregiudizi, a fare esperienza dell’altro da sé. È una vera e propria “ginnastica cognitiva”. Ciò che rende un Paese molto o poco innovativo non è infatti tanto il numero di centri di ricerca che producono scoperte interessanti, quanto la capacità dell’economia e della società di quel Paese di recepirle e trasformarle in processi, prodotti, modelli di significato. Allo stesso modo, la partecipazione culturale ha effetti importanti sulla durata media della vita e sulla sua qualità: più si vive in mezzo alla cultura, meglio ci si sente, e ciò ha conseguenze importanti su variabili come il tasso di ospedalizzazione (soprattutto negli anziani e nei soggetti con malattie croniche) e quindi in ultima analisi sulla spesa per il welfare, un elemento che, in un continente che invecchia come il nostro, produce conseguenze macroeconomiche molto importanti. La cultura, dunque, è un vero e proprio software sociale che fa funzionare meglio qualunque altro settore e aspetto della vita. Senza questo software, tutto funziona meno bene. Le politiche culturali sono autentiche politiche di coesione e di competitività: una lezione da imparare bene e in fretta.

Fonte:  Sole24 Ore

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06/05/2012

Fare la pace

Gennaro Nunziante e Alessando Piva, auspice la direttora de Il Corriere del Mezzogiorno, hanno trovato forza e dignità per confrontarsi e chiudere una stagione di incomprensioni e litigi. Io sono contento, perché ho enorme stima di entrambi e perché mi sembrava assurdo che due fuoriclasse come loro si guardassero storti come nemici. Bravi voi, lasciate un insegnamento importante.

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03/05/2012

Studiare

Al termine della lettura di un utilissimo e molto documentato libro sulla crisi economica mondiale, scritto da Aldo Giannuli, mio antico amico e maestro*, mi è venuta voglia di riprendere in mano tanti libri e di buttarmi a capofitto nell’analisi di numeri, fatti e tendenze. Come ai vecchi tempi universitari, quando studiare non era solo un obbligo, ma un amore profondo per la conoscenza, nella convinzione che – prima di cambiarlo – il mondo va capito. Il nostro settore è ahimè popolato di tanti sedicenti professionisti che non si aggiornano e che per studio intendono esclusivamente la lettura del box office che magari compulsano quotidianamente alla ricerca del perché delle cose. Ma il codice sorgente è, invece, situato più in profondità e solitamente è talmente conficcato nel cuore di processi sociali stratificati e complessi, che capire i motivi di una crisi economica o della contrazione degli incassi, richiederebbe studi assai più ambiziosi e management più umile e predisposto a lasciarsi stupire dalla verità delle cose, piuttosto che coltivare il mito prometeico di essere in grado di alterare le cose per il solo fatto di volerlo. Nota a margine ma non troppo, a proposito di numeri, è uno studio sul consumo di videogiochi (settore da tener sempre più d’occhio visto che oramai supera per forza evocativa, contenuti e forma certo trito cinema) che riporto qui in sintesi: “Uno studio realizzato da Kanter Worldpanel ha mostrato che la crisi del settore retail non è solo una sensazione o una profeziona, le vendite di giochi scatolati calano effettivamente anno dopo anno. L’analisi rivela che ovviamente sono gli uomini a comprare più giochi e che il numero di acquirenti di sesso maschile è aumentato, passando dal 75% del 2008 all’81% del 2011. Le piattaforme preferite dal “sesso forte” sono ovviamente quelle più “hardcore”, come PlayStation 3 e Xbox 360, mentre la fascia di età che spende di più va dai 18 ai 24 anni. Sulla base dei dati ottenuti, infine, lo studio è giunto alla conclusione che donne e giocatori casuali sono tra i principali acquirenti del mercato digitale, mentre i cosiddetti hardcore rimangono affezionati alla confezione.”

Fonte: Aldo Giannulli

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30/04/2012

Del Piero

Non ho mai amato i colori bianconeri, ma l’altra sera ho sbirciato l’intervista che Fabio Fazio ha dedicato al “10″ juventino. Mi ha colpito una cosa che ha detto in apertura: “essere il capitano significa tante cose, innanzitutto avere senso di responsabilità”. Mi è parsa una dichiarazione tanto scontata, quanto rara di questi tempi. Ed io, per il lavoro che faccio, sento molto mia la responsabilità, la fatica e l’impegno di essere a capo di una squadra. O almeno cerco di averne abbastanza e di imparare ogni giorno dai miei errori. Con umiltà e fatica. Imitando un campione.

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24/04/2012

Quando un argomento è inoppugnabile, meglio non commentarlo.

Ho visto cose che voi umani #2 – Polignano set cinematografico
CULTURA

by Manuela Martignano
Continua la ricca serie di assurdità da campagna elettorale. In questi giorni circola in rete un video che narra le gesta dell’amministrazione Bovino, più che normale che un sindaco uscente metta al centro della sua campagna le cose fatte, ma fra le cose fatte ce ne sono alcune che non possono sfuggire allo sguardo attento di chi la politica la segue, e di chi è a conoscenza del funzionamento di alcuni enti.
Voglio oggi mettere a conoscenza chi non lo sapesse che se Polignano è diventato un ambìto set cinematografico i motivi sono essenzialmente due: il nostro paese è bellissimo, una bellezza che non gli ha di certo donato Bovino, e l’Apulia Film Commission (creatura dell’amministrazione Vendola) eroga finanziamenti alle produzioni che scelgono la Puglia come set per i loro film. Non c’è nessun altro motivo per cui Polignano può vantare – al pari di altri comuni pugliesi – di essere diventata una location cinematografica.
L’assurdità di questa mossa con la quale l’amministrazione riesce a farsi vanto delle iniziative cinematografiche (senza mai nominare la Regione e l’Apulia Film Commission) attribuendosene la paternità sta tutta nell’impossibilità di dimostrare che sia grazie all’amministrazione Bovino che Polignano diventa set cinematografico e nelle parole che la parte politica a cui il nostro Sindaco appartiene ha da sempre riservato all’ente regionale. Approfondiamo con ordine.
- Le produzioni cinematografiche in Puglia (e a Polignano) sono aumentate da quando l’Apulia Film Commission mette a disposizione delle produzioni ingenti finanziamenti e nessuno può dimostrare il contrario. Così come nessuno può smentire che i comuni si limitano in questo caso solo a concedere le autorizzazioni necessarie per le riprese (e ci mancherebbe che di fronte a simili opportunità un’amministrazione si tiri indietro), ma fra rilasciare le autorizzazioni e prendersi il merito di tutta l’operazione c’è un oceano che si chiama onestà, ma anche buon gusto.
- Rocco Palese ha sempre accusato l’Apulia Film Commission di essere un ente inutile, di sprecare soldi e di essere un covo di vendoliani messi lì a titolo di riconoscenza per l’appoggio volontario alle campagne elettorali del Governatore. In particolare Palese – riferendosi ai fondi che vengono investiti da Apulia Film Commission, e che permettono alle produzioni di venire ad investire in Puglia – parla di “Una gestione disonesta e scellerata, che provoca un male irreversibile alla Puglia. Un delitto contro i pugliesi che grida vendetta” (Fonte: Corriere del Mezzogiorno – 18 febbraio 2010). Non trovate assurdo che questo “delitto contro i pugliesi” entri a piè pari nella campagna elettorale di Angelo Bovino che tutto è fuorché lontano da Raffaele Fitto (di cui Palese è senza dubbio espressione qui in Puglia)?
Piccolo particolare, nel video in questione si vedono immagini relative ad un documentario che non ha neanche ottenuto il patrocinio gratuito dal Comune di Polignano, pur essendo stato realizzato da un gruppo di polignanesi, altro che meriti!
A questo punto non ci resta che augurarci che ai polignanesi sia chiaro che se non ci fossero stati la Regione e l’Apulia Film Commission adesso non staremmo a parlare di Polignano come set cinematografico. E sarebbe onesto da parte dell’amministrazione uscente ammettere che una creatura di Vendola ha portato così tanto lustro al nostro paese, anche se politicamente è duro da riconoscere.

Fonte: Polignano2012

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23/04/2012

Il distretto Puglia Creativa

Si è appena chiusa l’assemblea del distretto produttivo “Puglia creativa” che ha designato i componenti del comitato dal cui novero verrà eletto il Presidente.
Atti formali, certo e dunque essenziali per dare gambe al settore. Tuttavia a me è sembrato di registrare un bel clima alla fine, di grande serenità e orientamento al risultato finale di creare le condizioni per svolgere al meglio il lavoro di un distretto: intercettare risorse per la internazionalizzazione, la ricerca e formazione degli addetti al Distretto.

Dopo una discussione e una procedura elettiva durata circa un’ora e mezzo abbiamo eletto, in attesa che organizzazioni datoriali e sindacali indichino i loro nomi i seguenti professionisti e imprenditori nel Comitato che redigerà il piano di sviluppo per ottenere il riconoscimento definitivo:

Roberto Ricco (membro anziano e dunque Presidente pro tempore e rappresentante del Teatro)
Lara Castrignanò (in rappresentanza dell’audiovisivo)
Vincenzo Bellini (in rappresentanza della musica)
Simona De Tullio (in rappresentanza della danza)
Nicola Cipriani (in rappresentanza delle arti visive e fotografia)
Gianni Sportelli (in rappresentanza del design)
Luigi Spezzacatene (in rappresentanza dei servizi alla creatività e alla cultura)
Vito Santacesaria (in rappresentanza della tecnologia)
Michele Casella (in rappresentanza della comunicazione, grafica, broadcasting, radio, tv e web)
Annarita Taronna (in rappresentanza delle Università)
Cristina Piscitelli (in rappresentanza di Apulia Film Commission e Teatro Pubblico Pugliese)

Ora toccherà loro un lavoro entusiasmante e fondamentale.
Auguri dunque e bonne chanche!

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23/04/2012

Cercate ancora

In tanti si sforzano di trovare il modello di business del futuro, come vediamo dai post che vado inserendo in questi mesi. Ma nessuno sembra ancora aver trovato la “quadra”.
Intanto continuo a segnalarvi pezzi di futuro possibile.

ALICE CASTAGNERI

L’idea è quella giusta: farsi finanziare dalla Rete. Ma non tutti ci riescono. Adesso, però, ad aiutare i creativi c’è Eppela, il sito italiano di crowdfunding frequentato dai mecenati 2.0. C’è chi vuole realizzare una collezione di magliette, chi sogna di girare un film e chi pensa di allestire una mostra fotografica.
Per esporre le proprie creazioni nelle vetrine virtuali bisogna superare una selezione. Una volta ottenuto il via libera si crea un progetto, si fissa un budget per realizzarlo e una data di scadenza entro cui portare a termine la missione. Poi l’idea viene pubblicata online e sottoposta al giudizio del pubblico. Chi fa una donazione riceve in cambio un regalo: un cd, un quadro, un abito o un posto in prima fila. Riuscire a raccogliere i fondi dipende solo dagli artisti e dalla capacità di promuovere i loro lavori attraverso il passaparola virtuale.

Il modello di riferimento è Kickstarter, portale americano specializzato in questo tipo di finanziamenti. Nicola Lencioni, 43 anni, imprenditore lucchese che ha ideato Eppela, dice: “Mi ha entusiasmato la possibilità di fare testare un prodotto direttamente alle gente. Penso che questa piattaforma sia una grossa opportunità per chi ha le idee, ma non dispone dei mezzi per realizzarle”. Il sito si basa sul principio della meritocrazia. E giorno dopo giorno sta conquistando il Web, nonostante in Italia il crowdfunding sia ancora poco conosciuto. “La piattaforma procede a piccoli passi – dice Lencioni -. C’è tanto lavoro da fare. Gli italiani sono ancora diffidenti verso i sistemi di pagamento elettronici. E non tutti conoscono PayPal. Per questo fare le donazioni non è sempre così immediato”. Ma la marea di proposte che arriva a Eppela fa ben sperare per il futuro.

Le magliette vegane 
Chiara ha 30 anni e vive in Toscana. Da circa un anno ha aperto un piccolo store di t-shirt in cotone organico con messaggi vegani o animalisti. “La mia idea – racconta- è stata una via di fuga dalla crisi economica, da quella post laurea-master-stage e dai contratti a progetto. Accorgendomi di come questi oggetti spopolavano tra amici, colleghi e conoscenti, ho deciso di buttarmi in questo sogno facendomi conoscere tramite i social network e partecipando a mercati, fiere e festival”. Il progetto “Chiaralascura” ha trovato tanti finanziatori e ha raccolto nel tempo stabilito oltre cinquemila euro. “Grazie a Eppela – spiega – sono riuscita a lanciare la mia collezione e ad avere contatti con i negozi per distribuirla. Ma non è stato facile. Durante la fase di raccolta dei fondi ho stressato tutti su Facebook. E’ importante far appassionare le persone alla propria causa”.

La scuola di cucina “rosa” 
Bait al Karama è il primo centro per donne nel cuore della Città Vecchia di Nablus, in Palestina. E’ qui che ha preso corpo l’idea di una scuola internazionale di cucina palestinese. “Il progetto è nato dall’incontro dell’artista Beatrice Catanzaro con la responsabile di una piccola charity di Nablus”, dice Cristiana Bottigella, manager di progetti culturali. “La scuola – aggiunge – permette di creare lavoro flessibile per le madri sole: vedove o con i mariti in prigione in Israele. Inoltre, abbiamo pensato fosse un’occasione per far conoscere il cibo locale al di fuori del Medio Oriente”. I soldi raccolti online per ora sono pochi, ma chi vuole sostenere l’iniziativa ha ancora qualche giorno. “Purtroppo siamo lontani dal traguardo – dice Bottigella -. Eppela ci dà visibilità, ma credo che in Italia la cultura della donazione non sia ancora così diffusa come in America o Gran Bretagna”. E aggiunge: “Per noi questo progetto significa tantissimo. Vogliamo trasmettere un’immagine lontana dai soliti stereotipi di politica e guerra. Raccontare una Palestina diversa, ricca di cultura, architettura, paesaggi, sapori. Quella che incontriamo e vediamo noi qui a Nablus”.

Un sogno sulla spiaggia 
”Quell’estate al mare” è un cortometraggio scritto da Anita Rivaroli e Irene Tommasi, allieve del Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano. Racconta di una giornata al mare di un gruppo di bambini orfani, ospiti di una colonia estiva sulla riviera romagnola. Il progetto è nato come un esercizio scolastico, ma è diventato molto di più. “I nostri docenti – dice Anita Rivaroli – ci hanno spinto a realizzare il cortometraggio, ma non avevano i fondi per finanziarlo”. Così le due sceneggiatrici si sono date da fare per trovare il denaro e sono sbarcate su Eppela. “Il nostro – dice Rivaroli – è stato il primo progetto a essere lanciato sul sito. Da un lato abbiamo approfittato della pubblicità iniziale, ma dall’altro abbiamo dovuto fare i conti con i problemi legati al debutto della piattaforma”. Anita e Irene alla fine hanno centrato l’obiettivo. Adesso stanno partecipando a diversi festival. “Abbiamo aperto una casa di produzione – dice Rivaroli-. Si chiama “Prima o poi film”. Certo non è facile da gestire. A luglio ci diplomiamo. E intanto stiamo lavorando a una serie tv”.

I quadri in tour
Alla fine del 2010 durante un premio d’arte internazionale a New York sei artiste provenienti da diverse parti del mondo si sono incontrate. Sono rimaste in contatto e nei mesi successive è nato il progetto della mostra itinerante “Sing Sweet Songs of Conviction”. L’idea di Alessia Armeni, Helena Hamilton, Denise Hickey, Francesca Romana Pinzari, Pernette Scholte e Lisa Wade è quella di esporre nell’arco di un anno a Berlino, Roma, New York, Città del Messico, Londra e Belfast. “Ognuno è legato al posto dove è cresciuto – dice Francesca Romana Pinzari-. Le radici fanno parte dell’identità. Così abbiamo pensato di portare i nostri quadri nelle reciproche città natali o di residenza”. Ma i costi da sostenere sono elevati. “Abbiamo trovato gallerie disponibili a ospitarci – dice Pinzari -. Curatori, critici e artisti si sono dimostrati pronti a sostenerci”. Ma forse non era abbastanza. Così hanno deciso di rivolgersi anche a Eppela. “E’ stato bello passare la selezione – racconta l’artista australiana-. Prima di pubblicare online il nostro progetto mi hanno rivolto tantissime domande”. Grazie ai donatori web hanno già raccolto oltre mille euro e all’orizzonte intravedono il traguardo, che stavolta non ha proprio nulla di virtuale.

Fonte: La Stampa

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23/04/2012

Numeri

Il cinema italiano nell’ultimo anno ha nettamente migliorato le proprie performance: nel 2011 sono 132 i film italiani prodotti al 100% con capitale italiano, contro i 115 del 2010 (+17%). Diverso il trend dei film coprodotti che nel 2011 sono 23, mentre erano 27 nel 2010. Tra questi le coproduzioni maggioritarie sono 14 per entrambi gli anni e quelle minoritarie confermano una diminuzione per il 2011 (9 i film coprodotti) rispetto al 2010 (13 film).
Complessivamente il dato è positivo: sono 155 in totale i film di nazionalita’ italiana prodotti nel 2011 rispetto ai 142 del 2010, con un +13%. Insomma c’è una tendenza positiva che va consolidandosi, considerato che nel 2009 i film nostrani erano 131. A scattare la fotografia dell’anno appena trascorso è l’Anica che si sofferma anche sugli investimenti, sui costi e sulle agevolazioni fiscali utilizzate.
Nel 2011 sono diminuiti sia gli incassi che le presenze degli spettatori per i film proiettati nelle sale italiane ma al dato complessivo si contrappone la crescita, in assoluto e in percentuale, dei titoli italiani. In particolare, gli incassi sono passati da 735.283.842 euro del 2010 a 661.548.824 euro del 2011 (-10,03%) e le presenze da 110.043.562 del 2010 a 101.323.854 del 2011 (-7,92%). Sono aumentate, invece, le prime uscite: 345 nel 2011, 363 nel 2011. A disegnare l’andamento dell’anno trascorso è l’Anica che si sofferma, più in generale, anche sul numero di pellicole proiettate con specifico riferimento alle diverse nazionalità: dei 901 film in circolazione 313 sono americani, 241 italiani, 226 europei, 66 extraeuropei, 55 coprodotti.
Entrando nel dettaglio dei film italiani (anche coprodotti) gli incassi sono cresciuti del 9,58% (da 14.511.443 euro del 2010 a 235.065.326 euro del 2011). Sono aumentate naturalmente anche le presenze, se pure in modo meno incisivo: +8,26% (da 5.108.207 del 2010 a 8.007.600 del 2011). Positivo anche il dato delle prime uscite: 120 nel 2010, 133 nel 2011. Da segnalare anche l’incremento della quota di mercato in riferimento agli incassi: 29,17% nel 2010; 35,53% nel 2011, e l’incremento della quota di mercato in riferimento alle presenze: 31,90% nel 2010; 37,51% nel 2011.

Fonte: Il cinematografo

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23/04/2012

E se il futuro fosse questo?

ROMA (ITALPRESS) – E’ un esperimento mai provato prima: uscire in sala e on line in contemporanea. La sfida la lancia Gianluca Arcopinto, che per il film Isole di Stefano Chiantini, ha pensato di trovare nuove forme di diffusione e fruizione, adeguate ai tempi d’oggi. Il film, gia’ accolto con calore al Festival di Toronto e a Londra, uscira’ l’11 maggio in sala e dal 16 sara’ in streaming gratuitamente su Repubblica.it. L’idea nasce dalla convinzione che il web puo’ essere una grande risorsa soprattutto per il cinema indipendente che deve trovare strade se non alternative almeno complementari alla distribuzione in sala, sempre meno recettiva per un certo tipo di cinema: “La rete e’ invasa da contenuti, anche di alta qualita’, da fruirsi assolutamente in maniera gratuita. E’ su questo terreno che ci si deve confrontare e si devono trovare strade che aiutino il cinema italiano a ritrovare visibilita’ e affetto soprattutto da parte delle nuove generazioni, in maniera chiara, legale e, alla lunga, remunerativa. Isole, grazie all’enorme potenziale forza di Repubblica.it, per me e’ il primo serio passo di questo nuovo affascinante cammino” – dice Arcopinto.
Isole di Stefano Chiantini e’ interpretato da Asia Argento, Giorgio Colangeli, Ivan Franek, Anna Ferruzzo, Paolo Briguglia e Alessandro Tiberi.
Isole e’ una favola moderna che racconta l’incontro di tre solitudini e la nascita di un amore fatto di timidi sguardi e approcci impacciati. Una storia che matura sotto il tetto di una casa canonica sulle isole Tremiti.
Isole e’ prodotto da Selvaggia Sada e Gianluca Arcopinto per OBRAZ FILM e distribuito da Gianluca Arcopinto e Marco Ledda per ZAROFF.

Fonte: primaonline

E poi l’industra:

È stata dedicata alle riflessioni su sale, prodotto e windows la sessione pomeridiana dell’incontro organizzato dall’Anica per annunciare i dati sul cinema relativi all’anno solare 2011. Intitolato “Forum del cinema italiano – le questioni aperte”, il panel ha visto tra i relatori Carlo Bernaschi, presidente Anem che ha parlato di city multiplex come soluzione per rilanciare le sale di città in modo che siano indipendenti economicamente: “Questi cinema dovrebbero avere non meno di 12 schermi per le città molto grandi, 10 per le città importanti e 8 per i centri medi. Queste strutture saranno così in grado di proiettare tutti i film in uscita. I piccoli esercenti pensano spesso ad un solo target e quindi un solo prodotto, in questo modo invece ci sarebbe varietà di offerta e susciterebbero l’interesse di tutti i pubblici possibili”. In veste di presidente dei distributori Anica, Richard Borg invece è intervenuto sul tema delle window: “Accorciando le finestre su vari media si riuscirebbe a depotenziare la pirateria. È necessario un ridimensionamento parziale in tutti i settori e una conseguente equa ridistribuzione dei compensi ma questo sarà possibile solo se tutti gli operatori potranno discuterne senza drastiche prese di posizione”. Sulle sale e sulle finestre ha espresso il suo parere anche Lionello Cerri, presidente Anec: “Per modificare le window è fondamentale capire la redditività di un film a seconda del mezzo. Sala, home video, free tv, o pay, dov’è più performante un film? Allo stesso tempo va ripensato il sistema della nostra industria: esercizio, distribuzione e produzione. Servirebbero altre risorse per le sale perché il finanziamento alle sale d’essai e Schermi di qualità è insufficiente e bisogna capire che il prodotto va promosso prima che programmato. Stiamo lavorando ad un progetto con risorse private per la promozione e pensando ad azioni di educazione al cinema”. Paolo Protti, presidente Agis ha lanciato l’allarme: “L’aumento continuo dei costi, la minor forza del prodotto italiano e la scomparsa della pellicola: entro un paio di anni, quegli esercenti già sul baratro rischiano di scomparire del tutto”.

Fonte: Eduesse