Diario
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09/06/2010

Siamo un paese ridicolo, dice la voce.

Fonte : La Voce

 

Il ministro per la Semplificazione Calderoli se la prende con il presidente dell’Inter, Massimo Moratti. Il problema, secondo il ministro, è che i soldi – tanti- che l’Inter spende per i suoi calciatori e per i suoi allenatori vengono (anche) da incentivi pubblici per l’energia  prodotta con fonti rinnovabili e assimilate. Tra cui il “tar”, l’ultima scoria della lavorazione del petrolio. “Questa è roba che un’azienda dovrebbe pagare per smaltire. Invece, grazie a una legge, c’è chi la brucia e prende pure i soldi dallo stato per produrre energia pulita. Ma chi vogliono prendere in giro?”. Onestamente si fa fatica a capire. Calderoli è ministro. Se questi incentivi sono sbagliati, perché il Governo non li elimina subito? Chi dovrebbe farlo? Invece che queste sparate o le stucchevoli Robin Hood tax sui petrolieri, non sarebbe meglio che il Governo promuovesse una maggiore liberalizzazione del settore in modo da ridurre la bolletta delle famiglie? I soldi che ottiene dall’attività di famiglia, Moratti è libero di spenderli come vuole. Perché non dovrebbe spenderli per calciatori e allenatori stranieri, cosa che sembra irritare Calderoli? Secondo il ministro, Moratti rimpiange i soldi spesi per il portoghese Mourinho? E allora perché il Milan aveva lo scorso anno il brasiliano Leonardo come allenatore? E che dovrebbero dire gli inglesi o gli irlandesi che hanno un allenatore della loro Nazionale italiano? Certo, l’Inter ha avuto in questi anni delle grosse perdite. Tutte però ripianate dai soldi di Moratti. Molto peggio ha fatto il Real Madrid, con perdite ancora maggiori e con una esposizione verso le banche sempre crescente. Nel calcio, in tutto il mondo, non c’è ancora un salary cap, cioè un monte salari che nessuna squadra può superare. Ciascuna squadra spende quanto vuole. Le regole possono essere cambiate – e il Presidente dell’Uefa, Platini, sta lavorando a quello che lui definisce il fair play finanziario -  ma al momento Moratti non ha violato nessuna regola. Ha ragione Fabio Cannavaro quando dice che siamo un paese ridicolo. Solo noi abbiamo il ministro Calderoli, l’amichevole Padania – Regno dei Borboni e un capitano delle Nazionale (quella vera) che, commentando un contratto milionario con una squadra araba sottoscritto a fine carriera, dice: “L’ho fatto per una scelta di vita”.

 

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09/06/2010

La Rai sei tu.

Se io fossi al posto di Mauro Masi, preferirei conservare la dignità dimettendomi, piuttosto che continuare a servire progetti eversivi e odiosi come la cancellazione di programmi di successo che producono fatturato, audience, allure positivo per l’azienda diretta, competizione contro Mediaset e Sky.

Ma io non sono al posto di Masi e non lavorerei mai per padroni così insopportabili.

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06/06/2010

I giovani italiani d’oggi.

I dati Istat confermano il quadro a tinte fosche della condizione dei giovani nel nostro paese e la loro dipendenza dalla famiglia di origine. Mentre un rapporto Eurostat mostra che non solo sono una risorsa scarsa, ma anche più sprecata e meno valorizzata che altrove. Sono oltre due milioni gli under 30 che non studiano e non lavorano: sospesi in quel tempo morto che separa episodi di lavoro precario da brevi corsi di formazione, appaiono come un esercito immobile. La conseguenza è un’economia che non cresce e una società che non si rinnova.

I dati dell’ultimo Rapporto annuale dell’Istat confermano il quadro a tinte fosche della condizione dei giovani nel nostro paese. Si sta cronicizzando, in particolare, la loro dipendenza dalla famiglia di origine.

DIPENDENTI LORO MALGRADO

Alla fine degli anni Settanta c’era un’ampia omogeneità tra i paesi europei e gli Stati Uniti nei tempi di transizione verso l’indipendenza. Gran parte dei giovani lasciavano la casa paterna e formavano una loro famiglia prima dei 25 anni. Le grandi trasformazioni della modernità sembravano aver annullato alcune storiche differenze tra i vari paesi sulle caratteristiche del processo di entrata nella vita adulta.
Negli ultimi trent’anni i giovani nord-europei hanno continuato a lasciare la famiglia presto, aiutati anche da adeguate politiche di promozione e protezione dell’autonomia, nel Sud Europa è invece iniziata una fase di progressivo prolungamento dei tempi di uscita. Ai fattori culturali si sono sovrapposti sempre più quelli economici, facendo consolidare un sistema coerente caratterizzato da bassi tassi di attività e inadeguato sostegno del welfare pubblico. Tanto che se nel passato rimanevano più a lungo a coabitare con i genitori i giovani del Centro-Nord, recentemente la permanenza risulta maggiore nel Sud, ovvero nei contesti meno dinamici ed economicamente più svantaggiati.
A conferma di ciò, il rapporto Istat mostra come negli anni più recenti siano cambiati i motivi della non uscita, con una sensibile crescita delle difficoltà oggettive e corrispondente diminuzione di chi dichiara che rimane per comodità o pigrizia (i cosiddetti “bamboccioni”). Aumenta quindi di fondo la voglia di autonomia, ma non cresce la capacità dei giovani di liberarsi dalla dipendenza dai genitori.
Una situazione che la crisi ha notevolmente peggiorato, ma che era già sui livelli di guardia ancor prima di entrare in questa fase di recessione. Sempre secondo i dati di un’indagine condotta dall’Istat, tra i ventenni e i trentenni che a fine 2003 vivevano con i genitori, solo uno su cinque risultava essere uscito a inizio 2007. Tra chi aveva affermato a inizio periodo che sicuramente nei prossimi tre anni avrebbe conquistato una propria indipendenza, solo il 53 per cento è riuscito effettivamente a farlo.
Qualche chance in più riesce comunque ad averla chi investe subito e di più, chi ha forti motivazioni e le donne, le quali in tutti i contesti tendono a lasciare la famiglia di origine prima dei coetanei maschi. (1)

LO SPRECO DI CAPITALE UMANO

Quanto poco sia valorizzato il capitale umano delle nuove generazioni italiane lo testimoniano bene anche i dati del recente rapporto Eurostat “Youth in Europe – 2009 Edition”. Se si considerano i tassi di attività nella fascia 25-29 anni, l’anomalia italiana emerge non solo dai livelli – da noi molto più bassi – ma anche dal legame con il titolo di studio. Negli altri paesi, già prima dei 30 anni i laureati si trovano in vantaggio rispetto a chi è meno qualificato. Solo da noi ciò non avviene (tabella 1).

Tabella 1 – Tassi di attività in età 25-29 per titolo di studio (anno 2007)

Basso Medio Alto Differenza 

Alto-Basso

Eu-27 74.2 81.9 89.3 15.1
Italia 69.8 73.8 69.3 -0.5
Spagna 85.3 84.7 88.5 3.2
Francia 78.6 88.7 90.7 12.1
Regno Unito 68.3 84.7 92.5 24.2
Germania 67.7 81.6 92.3 24.6

Fonte: elaborazione da dati Eurostat

Lo stesso rapporto Eurostat, ricorda l’invito della Commissione Europea a considerare come elemento cruciale, per lo sviluppo sociale ed economico, la promozione di una piena partecipazione dei giovani nella società e nel mondo del lavoro. Tutti i dati a disposizione ci dicono che noi siamo uno degli Stati membri più lontani da tale obiettivo.
I giovani italiani risultano essere non solo una risorsa scarsa, ma anche più sprecata e meno valorizzata che altrove. Sono infatti oltre due milioni gli under 30 che non studiano e non lavorano. Sospesi in quel tempo morto che separa episodi di lavoro precario da brevi corsi di formazione.
Appaiono, nel rapporto Istat, come un esercito immobile. Non reso attivo da chi guida il paese per creare sviluppo e ricchezza, ma nemmeno mobilitato “dal basso” per proteste e lotte contro gli squilibri generazionali. La conseguenza è un’economia che non cresce e una società che non si rinnova. Supereremo la crisi,ma così non andremo certo lontano.

(1) Chiuri M.C. e Del Boca D., Home-leaving Decisions of Daughters and Sons Review of Economics of the household 3, 2010.

Fonte: La Voce

 

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06/06/2010

Il potere delle soap

FESTIVAL DELL’ECONOMIA

In Brasile con le telenovelas si fanno meno figli
In Rwanda la radiosoap che aiuta la riconciliazione

La ricerca di una docente della Bocconi dimostra l’enorme influenza che le soap opera possono avere nell’evoluzione dei costumi. In India hanno contribuito all”occidentalizzione’ delle donne. “Sono più efficaci di due anni in più d’istruzione” dal nostro inviato ROSARIA AMATO

Il Festival dell’Economia a Trento
TRENTO – In Brasile dopo 30 anni di soap opera il numero dei figli per donna è sceso da 6 a 2. In India la Tv via cavo ha reso le donne meno sottomesse ai propri mariti, e consapevoli del fatto che essere picchiate non è una conseguenza inevitabile del matrimonio. Mentre in Rwanda una radiosoap a contenuti sociali ha spinto parte della popolazione verso la riconcilazione tra hutu e tutsi, facendo capire che obbedire a chi è più in alto nella scala sociale non sempre è un dovere, soprattutto quando l’obbedienza favorisce la violenza estrema, come è accaduto nel Paese. Le telenovelas, ha spiegato oggi al Festival dell’Economia di Trento Eliana La Ferrara, docente all’Università Bocconi di Milano, sono più efficaci della scuola e di qualunque campagna sociale nella trasmissione di idee e di valori. Che possono anche essere negativi, ma La Ferrara ha preso in esame solo effetti positivi: l’emancipazione femminile in India e in Brasile, il contributo al superamento dei conflitti tribali in Rwanda.

In India soap opera in 26 puntate come quella interpretata da Shimu, una ragazzina di 13 anni che sul piccolo schermo è Alo, una undicenne che vorrebbe continuare ad andare a scuola, ma che la nonna vuole invece costringere al matrimonio e lo zio a lavorare in una fabbrica di vestiti, è stata seguita da oltre 10 milioni di telespettatori, e ha inciso sulla visione che si ha in India del problema. “Gli insegnanti – ha scritto qualche anno fa il Washington Post – raccontano che la fotografia di Shimu è appesa in tutte le classi del Paese e che la sua storia è divenuta un simbolo della lotta per tenere le bambine a scuola”.
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Ma non solo: l’introduzione della tv via cavo in India ha portato nel Paese anche le soap opera occidentali, con donne occidentali, donne non sottomesse ai mariti, che non chiedono il permesso per uscire, curarsi o andare a trovare i parenti o le amiche. E in pochi anni, come dimostra una ricerca, anche se non sono radicalmente cambiati i comportamenti femminili, sono cambiate le opinioni. Una ricerca condotta nell’arco di tre anni, dal 2001 al 2003, dimostra infatti che, nei villaggi rurali dove è arrivata la Tv via cavo, in un anno la percentuale di donne che aspira ad avere come primo figlio un maschio scende dal 70 al 45 per cento, mentre aumenta molto l’aspirazione all’autonomia decisionale.

In Brasile le telenovelas non sono invece occidentali ma sono state prodotte nel Paese, e non si tratta certo di prodotti di serie B, ha sottolineato Eliana La Ferrara: “Negli anni della dittatura, quando non c’era libertà di parola, molti intellettuali si dedicavano alla scrittura delle soap opera, inserendovi tematiche sociali”. Nei 30 anni in cui Rede Globo ha prodotto le sue telenovelas (almeno tre per anno) nella società brasiliana ci sono stati cambiamenti radicali, e certo non possono essere attribuiti tutti alle soap opera, ha ammesso La Ferrara. Però, certo, ha suggerito l’economista, vedere sullo schermo le eroine dei drammi che, nella stragrande maggioranza dei casi non avevano figli, o al massimo ne avevano uno, avrà contribuito a far scendere drasticamente il tasso di fertilità delle donne brasiliane dai 6,3 figli del 1970 ai 2,3 del 2000.

Un effetto dirompente: “L’impatto di Rede Globo – sottolinea La Ferrara – è pari a quello di due anni di istruzione in più, oppure a quello di un medico in più ogni mille abitanti, per quel che riguarda i temi legati alla salute. Ma tutto questo è avvenuto senza che vi fosse una volontà precisa di utilizzare le soap opera per indurre cambiamenti nel comportamento delle persone”.

Al contrario di quello che è successo in Rwanda, dove una Ong, “Search for Common Grounds”, ha effettuato un esperimento, producendo due radio-soap (la televisione ha una diffusione bassissima in Rwanda, ha ricordato La Ferrara). La prima, dal titolo Musekeweya, raccontava la storia di una giovane coppia sul modello di Romeo e Giulietta, lei tutsi, lui hutu. Alla fine i due giovani riuscivano a congiungersi, e questo favoriva anche una sorta di riconciliazione tra le loro famiglie. La seconda telenovela trattava temi sanitari, in particolare la necessità di prevenire l’Aids.

Alla fine ai due gruppi di radioascoltatori è stato sottoposto un problema pratico: come bisognava comportarsi all’arrivo di un gruppo di rifugiati, di qualunque etnia fossero, nel proprio villaggio? Bisognava adoperarsi per l’accoglienza, oppure era il governo che avrebbe dovuto provvedere? Il gruppo che aveva seguito la versione adattata di Rome e Giulietta non aveva dubbi: bisognava accogliersi, senza aspettare interventi dall’alto. Mentre solo il 20 per cento dell’altro gruppo di radioascoltatori la pensava in questo modo: per l’80 per cento toccava al governo provvedere.

Dunque un esperimento positivo, tanto che, ha concluso La Ferrara, “anche negli Stati Uniti le soap opera vengono utilizzate a scopi sociali”. Persino nella popolarissima Beautiful uno dei personaggi principali ha detto alla propria ragazza di essere sieropositive, un episodio che ha avuto come conseguenza 5000 chiamate di persone che chiedevano informazioni sul rischio di contagio.
Fonte: La Repubblica

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06/06/2010

Cos’è l’arte?

Tanti filosofi si sono interessati a questa impegnativa domanda.
Ieri ho visitato a Roma lo straordinario nuovissimo MAXXI, museo nazionale delle arti del XXI secolo disegnato da Zaha Hadid, un contenitore di cui tra cinquant’anni si dirà – al pari del Guggenheim di New York – ch’è ancora moderno – cosa che capita solo ai grandissimi architetti, e che Sgarbi se ne faccia una ragione smettendola di rompere con i suoi stucchevoli coup de theatre -.

Ebbene, ero dinanzi a “Il muro occidentale o del pianto” di Fabio Mauri, una delle opere più belle ed emozionanti dell’esposizione, quando sono stato rapito dal racconto dell’Olocausto che una giovane mamma faceva ai due bimbi di non più di cinque anni.

Ecco, questa per me è l’arte: una creazione dell’uomo che riesce a stupire ed incuriosire, a lasciarti senza fiato e a tracciare nella tua coscienza un solco che ti consenta di dire cosa c’era prima, cosa dopo. Mi sarebbe piaciuto sentire i movimenti del cervello di quei bambini incuriositi e pieni di domande. Chapeau a quella mamma, capace di lasciare tracce e consentirmi di dire che l’arte, la creazione artistica rende il mondo un posto migliore in cui vivere ed il nostro lavoro meno vacuo.

Fonte: Fondazione MAXXI

Il muro occidentale o del pianto, 1993, valigie, borse, casse, involucri in cuoio, tela e legno, pianta di edera, fotografia intelata, cm 400 × 400 × 60, Associazione per l’Arte Fabio Mauri, Roma.

L’opera, una delle più rappresentative di Fabio Mauri, è costituita da una serie di vecchie valigie di cuoio sovrapposte e composte in modo da realizzare un muro di quattro metri, dalla superficie regolare davanti e irregolare sul retro, sul quale trovano posto soltanto una piccola pianta di edera e una fotografia della sua prima performance (Ebrea) risalente agli anni settanta. Il muro, esplicito riferimento a quello di Gerusalemme, diventa il simbolo di ogni esilio, di ogni diaspora dove “un senso di trasmigrazione, una storia infinitamente iniziale del dolore del mondo si fa evidente”, come ha indicato l’artista stesso. Nel maniacale tentativo di comporre una superficie regolare attraverso la diversità dei singoli elementi, l’artista vede la possibilità di far quadrare e convivere qualsiasi tipo di diversità.

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03/06/2010

Anno zero

Vedo Anno zero e soffro: Tremonti batte Bersani tre a zero.
Ma come si fa? Ma chi lo consiglia?

Sembra sempre che Bersani sia rimasto al 1996. Lo sguardo sempre rivolto al passato, io io io io è l’unico pronome personale. Non una parola sul futuro, sull’assenza drammatica di prospettiva di questa legge finanziaria, sulla assenza di uno straccio di una idea di sviluppo.

Ora alza la voce e si accalora, e almeno dà un po’ di calore, ma nessuno gli crede. Ed io mi dispero, perché un ex fiscalista socialista sembra un grande statista, ma è solo un enorme furbacchione che taglia agli enti locali costringendoli a sobbarcarsi il peso politico e non ha un’idea di Paese e di futuro.

Non ce la faccio quasi più di questa Italia.

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03/06/2010

Parliamone, una buona volta. Una sola dai.

Tempo fa scrissi di me su questo diario. Ne scrissi pensando di dare coraggio ai tanti miei coetanei e più giovani che incontro nell’ambito della mia attività professionale. E scrissi che non sono figlio di nessuno, se non di due meravigliosi genitori fuori da ogni salotto o relazione importante. Scrissi che mi sono pagato gli studi lavorando ogni santa notte, sino alle 3 e oltre, in un famoso e fumoso pub barese. Scrissi che mi sono pagato il soggiorno a Londra chiedendo in prestito a mio padre due milioni di lire che ho restituito uno sopra l’altro in sterline, perché anche nel Regno Unito mi son trovato un lavoro per non pesare sui genitori e per essere, davvero, indipendente. Scrissi, inoltre, che dopo quattro mesi di stage fui assunto a tempo indeterminato da una delle principali produzioni cinematografiche indipendenti italiane. Non scrissi però che mi sono laureato con la lode, ai tempi in cui l’Università (dove, dopo, ho anche insegnato) non era ancora un ignobile sciocchezzaio produttore di titoli di studio vacanti.

Ho scritto tutto questo e ho lottato – ben prima della legge regionale sulla trasparenza – per pubblicare on line il bilancio della Fondazione che oggi dirigo con discreto successo, a sentire i produttori italiani ed europei con i quali quotidianamente mi confronto. Ma evidentemente tutto ciò non basta a qualche giornalista che ci ricama su il suo bel pezzetto di colore, completamente dimentico di raccontare i risultati che stanno dietro i numeri.

Ed io mi chiedo perché devo pure perdere il mio tempo a leggere tutte le cazzate di qualche rosicone che gioca a fare Dagospia in periferia?

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02/06/2010

Tutto al rovescio.

Se una Preside in cattivissima fede invia una lettera di rimprovero ai genitori dei ragazzi che hanno intonato “Bella ciao” dinanzi ai funzionari del Ministero, ritenendo tale canzone contraria alla correttezza e al buon gusto, bè, io penso che sia tutto al rovescio sto mondo qua.
E mi piacerebbe essere alunno di quella Preside per organizzarle una lunga lezione di democrazia e partecipazione nel suo bell’istituto e cantargliene quattro.
E poi le leggerei tutte le lettere dei condannati a morte della resistenza, sino a quando non avrà capito da che parte sta il bene, da quale il male.

Lei è sicuramente dalla parte del male.

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01/06/2010

Il dibattito, si…

Nella mailing list dei Recidivi, compare oggi questo post di Paolo De Cesare, storico facitore di film commission. Ed io, senza la sua autorizzazione esplicita, ma sperando nel suo consenso (viceversa sono prontissimo a cancellare dal diario questo post), ne pubblico il contenuto che mi sembra molto denso di spunti di riflessione.
Ora non ho tempo, ma appena possibile dirò la mia che, in verità, non tacito mai, proprio grazie a questo diario.

“Un po’ di giorni orsono Silvio Maselli publicava sul suo “Diario AFC” una nota circa il ruolo della vetrina di Cannes, di Kiarostamì e della Binoche per la scarcerazione di Panahì. Tutte parole giustissime. Ma colgo l’occasione per invitare tutta RE.CI.DI.VI. ad una riflessione. Perché Maselli, come fa in altri casi, non si è sentito di ricordare “orgogliosamente/territorialmente” che il soggetto dell’associazionismo no-profit, in Italia, che più, e meglio, si è mosso per la scarcerazione di Panahi è stato un “soggetto pugliese“..RE.CI.DI.VI!!!, e che esso ha anche “dato la linea”, nel suo piccolo, ad altre regioni come la Campania, la Toscana e il Lazio. Cosa è che non funziona? Comunica male RECIDIVI? Non fà arrivare bene a tutti il valore delle sue iniziative? Oppure RECIDIVI non è ascrivibile alla retorica da…”Fabbrica di Nichi” per la quale tutte le “anomalie positive”, nelle Puglia di oggi, sono solo ed esclusivamente il frutto dell’avvento dell’ “Era Vendola”? Io so che Maselli personalemte non la pensa così, perchè egli è un “LOGICO”, di formazione “LOGICA”, e non è di formazione emotiva, sentimantale e romantica. Ma la “Logica” è uno strumento di “storicizzazione”. Nell’esercizio della storicizzazione una scienza matematica come la “statistica” si incontra con le “emozioni”. Quindi è tempo che si faccia un pò di “storia” e un po’ di “statistica”. Ma questa è un altra storia.

Torniamo a Panahì. Panahì è stato incarcerato il 1 marzo, e RECIDIVI si è mobilitata dal 2 marzo, con una capacità di articolazione e di “rete” che non ha uguali in nessun “associazionismo audiovisivo” di altre regioni. Certo la capacità di “stare in piedi” di RECIDIVI, di dare motivazioni per la sua esistenza dipende anche dal fatto che esiste ed opera, tra le migliori in Italia, la Apulia Film Commission. Esiste un interlocutore! Un interlocutore che, come tutti sanno, era stato già imposto, legislativamente, dall’Associazionismo Categoriale (Agis e c.). Un interlocuotore che oggi è visto come punto di riferimento da forse troppi a livello nazionale, a fronte di una debolezza finanziaria del Ministero, di una terrificante indisponibilità dei palinsesti e di tanta “indecisione strategica” delle altre Film Commission.
In verita’ molti “indipendenti di altre regioni” si interessanno alla AFC e liberano i loro desideri molto attratti da Vendola, ma solo dopo si rendono conto che
c’è il regolamento del Film Fund. C’è un rischio di “Effetto Eldorado”. Ma non bisogna temerlo. Possiamo davvero diventare “la California”. Ma per fare questa California c’è bisogno della collaborazion e partecipazione di tutti. Delle idee e delle “critiche” di tutti. La “California” con modello “californiano e newyorkese” vero!Si!Talento-formazione-creatività-competitività-regole-libertà-mercato. Non la nuova “Milano da bere” o la nuova Roma dell’ “Edonismo Veltroniano”, dal denaro pubblico facile. Ripartire dalle cose dette da Vendola: - al Lido il giorno della presentazione, quando invitava gli autori a non fare solo “marketing turistico” ma a “criticare il potere”, “criticare anche lui”, – alla presentazione del primo Bari Film Fest quando dichiarava: ”…Contro la mondanità, per un modello italiano fondato sulla cultura”. Questo è il Vendola che preferisco. Le parole di Vendola con la festa in discoteca a Roma in occasione del David di Donatello sembrano un pò distanti e dimenticate. Cosa c’azzecca una festa in distcoteca a Roma la sera per i David utilizzando 15.000 euro di fondi FESR turismo? C’erano produttori esteri e stampa estera? Sarebbe stato meglio spenderli a Cannes, quello che fai a Cannes lo vede tutto il mondo. Se vogliam essere la California ci dobbiamo liberare della sudditanza psicologica da Roma. Non ne abbiamo più bisogno, anzi un Cinema basato sul talento non ne ha bisogno. E’ la ”mediocrità” che ha bisogno del Ministero, come diceva Carmelo Bene! Grazie a “Mine Vaganti” e al “Tribeca” la riconoscibilità internazionale dell’immaginario collettivo delle nostre storie e delle nostre ambientazioni è ormai un dato di fatto. Dovevamo raggiungere l’obiettivo di essere per gli americani “uno specifico esplicito” come la Tuscany, Venice, Capri and Rome, e ci siamo riusciti. Adesso tutto è più facile scrivere qualunche cosa è più facile. Qualche hanno fà, per difendere il diritto di Province e Comuni ad avere le loro Film Commission, dicevo che se l’Italia ha il 60% del patrimonio mondiale artistico, una provincia italiana di questo patrimonio da sola ne può avere l’8%…e non vogliamo dare il diritto ad avere una Film Commission a chi ha l’8% del Patrimonio Mondiale? Andate a vedere “Copia Conforme”, una straordinaria operazione di marketing circoscritta a favore del Comune di Lucignano e della Provincia di Arezzo. Siamo in una nuova stagione. Per creare le condizioni per progetti come quello di Kiarostami occorre anche il “Karisma” automatico di un luogo che stimola “firme” come Kirostami. Occorre utilizzare bene i nostri Festival come luoghi di “libera fecondazione”. La sfida si alza di tono, dobbiamo essere tutti più responsabili.”

fatemi sapere
Paolo L. De Cesare

 

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01/06/2010

Per chi ama approfondire i temi della politica

Per chi ama approfondire i temi della politica, ecco qua un bel link dove farsi una cultura sui sommovimenti del centrodestra:

Fonte: Il Post