Diario
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31/05/2010

L’unica cosa che farei.

Se fossi io al posto di Tremonti o Berlusconi (ipotesi di scuola, anzi, ipotetica del terzo tipo…) farei una vera sola manovra finanziaria. D’altra parte me lo potrei permettere avendo la maggioranza più estesa della storia repubblicana: farei una riforma fiscale a tre aliquote irpef e renderei scaricabile dalle tasse qualunque spesa anche per le semplici persone fisiche.
Aumenterei per 6 mesi i controlli a tappeto, verificando che tutti, ma proprio tutti, facciano scontrini e ricevute (innanzitutto i commercianti, gli artigiani e i medici, vi pare?) e modificherei il codice penale: chi evade o elude le tasse, rischia una pena pecuniaria parametrata al 20% dell’evaso e sino a 10 anni di carcere.

Dopo solo sei mesi, infatti, i cittadini imparerebbero che lo scontrino va richiesto per scaricarsi dalle tasse dell’anno successivo e con meccanismi trimestrali l’iva versata e portarla in compensazione con le entrate. A quel punto si stabilirebbe un circuito virtuoso per cui chi non ti dà lo scontrino è un tuo nemico. E poi voglio ridere.

Ma io non sono Berlusconi e si capisce.
E si capisce pure che quel che scrivo non potranno mai farlo i nostri attuali governanti, visto che il nostro vecchio amato premier, il 2 aprile 2008, su Il Giornale dichiarò: “se c’è uno Stato che chiede un terzo di quanto guadagni allora la tassazione ti appare una cosa giusta. Ma se ti chiede il 50-60% di ciò che guadagni, come accade per le imprese, ti sembra una cosa indebita e ti senti anche un po’ giustificato a mettere in atto procedure di elusione e a volte anche di evasione”.

Complimenti dunque a lui e a tutti noi. Bene, bravi, bis.

Fonte:La Voce Italia Futura ecco un testo di approfondimento:

Apoti e tasse

Lotta all’evasione fiscale: per Draghi e Italia Futura così si riducono le tasse

di Carlo Calenda e Andrea Romano , pubblicato il 6 aprile 2010

“La lotta all’evasione fiscale avviata dal Governo “deve consentire”, la riduzione delle aliquote. Il nesso fra le due azioni va reso visibile ai contribuenti”. E’ quanto ha affermato oggi il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi nelle Considerazioni Finali. Secondo Draghi le misure del Governo hanno come “obiettivo immediato il contenimento del disavanzo ma in una prospettiva di medio termine la riduzione dell’evasione deve essere una leva di sviluppo”.

Sulla necessità di creare un meccanismo automatico che leghi il recupero di evasione fiscale all’abbattimento delle aliquote in modo immediatamente percepibile per il contribuente, Italia Futura si è espressa qualche settimana fa:

L’astensione ha colpito equamente tutti i protagonisti del cinepanettone della politica italiana, a sinistra, a destra e al centro. È la conferma che anche in Italia gli elettori esercitano il non voto come uno strumento di espressione democratica, come da tempo accade in tutto l’Occidente. Più che un segnale di distacco dalla cosa pubblica, è una forte richiesta di migliorare la qualità dello spettacolo politico. Gli apoti, coloro che con Prezzolini “non se la bevono”, non possono essere sbrigativamente e comodamente etichettati, di volta in volta, come qualunquisti, moderati scoraggiati o radicali delusi. Chi scrive ritiene che non esista una loro precisa fisionomia civile e politica, e che dunque nessun partito presente o futuro possa ritenere di intestarsi la loro rappresentanza. La scommessa non è quella di creare un nuovo contenitore partitico per gli astenuti, quanto piuttosto quella di cambiare il logoro format della politica italiana affinché chi non ha votato possa tornare a riconoscersi in proposte concrete.

In ogni caso, una conseguenza positiva l’astensione l’ha già determinata. La disponibilità che la gran parte delle forze politiche ha mostrato a discutere di riforme quanto mai urgenti per il paese. Tutto bene? Forse sì, se non fosse che i temi scelti (giustizia e presidenzialismo) sono i più conflittuali per gli schieramenti politici e tra i più lontani dalla vita di tutti i giorni per i cittadini. Dati alla mano, ne ha scritto Renato Mannheimer sul Corriere della Sera di domenica: la grande maggioranza degli italiani preferirebbe che le riforme si concentrassero su questioni più concrete come lavoro e tasse.

E forse proprio sulle tasse si può immaginare una diversa proposta intorno a cui la politica potrebbe tentare di trovare una convergenza in tempi brevi. Il fisco è il tema fondamentale su cui si concentra ampia parte del dibattito pubblico nei paesi occidentali e che in Italia rappresenta ancora una volta una patologia, con il doppio record negativo dell’evasione e del livello della tassazione (rapportato alla qualità dei servizi). Le tasse dividono in due il paese, tra chi è obbligato a pagarne troppe e chi non le paga affatto. È un tema su cui la gran parte degli italiani prova un profondo senso di ingiustizia e di inefficienza (per gli sprechi infiniti della spesa pubblica). Le tasse rappresentano infine una delle più importanti promesse disattese della politica italiana: dalla destra, per quanto riguarda una loro diminuzione, e dalla sinistra, con il logoro ritornello della lotta all’evasione come unico rimedio di ogni male.

Perché allora non trovare un’ampia convergenza intorno ad un meccanismo tanto semplice da apparire banale? Maggioranza e opposizione varino un provvedimento legislativo in base al quale ogni singolo euro recuperato all’evasione fiscale venga destinato AUTOMATICAMENTE alla diminuzione delle aliquote fiscali (magari incominciando proprio da quei giovani lavoratori che stanno patendo maggiormente la crisi). Un meccanismo che leghi una vera, forte e implacabile azione di contrasto all’evasione ad un’altrettanto decisa azione di diminuzione della pressione fiscale. L’aspetto fondamentale di questa proposta è l’automatismo del meccanismo che escluda margini di discrezionalità per la politica sull’utilizzo dei fondi recuperati. Inoltre si demolirebbe l’argomento principe dell’evasore (“non pago le tasse perché sono troppo alte”), sottoponendolo pubblicamente ad una pressione morale ben più incisiva di quella che riceve oggi. Si uscirebbe da quella trappola dell’uovo e della gallina che ci ha sin qui imprigionato su questo tema, con la destra che sostiene che l’unico modo di combattere l’evasione è abbassare le tasse e la sinistra che risponde che l’unico modo di abbassare le tasse è combattere l’evasione. Proviamo invece a legare le due cose in un modo immediatamente comprensibile dall’opinione pubblica. È un’iniziativa che tra l’altro permetterebbe finalmente al centro destra di mantenere la sua promessa fondativa di una rivoluzione fiscale. Anche perché dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che per molti anni a venire sarà difficile recuperare diversamente risorse da destinare ad un taglio significativo del fisco.

Dodici milioni di cittadini hanno mandato un messaggio molto preciso alla politica in generale, ed al Pd e al Pdl in particolare. Gli apoti d’Italia, tutt’altro che qualunquisti e oziosi, hanno diritto a qualcosa di più dell’ennesima replica del generico “clima di concordia nazionale” già sperimentato dopo le elezioni del 2008 con quella che doveva essere la legislatura costituente che non ha mai visto la luce.

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30/05/2010

The ghost of Tom Joad

Ci sono canzoni che ti terremotano dentro e fanno scoprire mondi nuovi, fatti di una frontiera assolata e perdente.
Questo è un Boss di quindici anni fa, ma quante emozioni sa regalare la musica immortale.

Men walkin’ ‘long the railroad tracks

Goin’ someplace there’s no goin’ back
Highway patrol choppers comin’ up over the ridge
Hot soup on a campfire under the bridge
Shelter line stretchin’ round the corner
Welcome to the new world order
Families sleepin’ in their cars in the southwest
No home no job no peace no rest

The highway is alive tonight
But nobody’s kiddin’ nobody about where it goes
I’m sittin’ down here in the campfire light
Searchin’ for the ghost of Tom Joad

He pulls prayer book out of his sleeping bag
Preacher lights up a butt and takes a drag
Waitin’ for when the last shall be first and the first shall be last
In a cardboard box ‘neath the underpass
Got a one-way ticket to the promised land
You got a hole in your belly and gun in your hand
Sleeping on a pillow of solid rock
Bathin’ in the city aqueduct

The highway is alive tonight
But where it’s headed everybody knows
I’m sittin’ down here in the campfire light
Waitin’ on the ghost of Tom Joad

Now Tom said “Mom, wherever there’s a cop beatin’ a guy
Wherever a hungry newborn baby cries
Where there’s a fight ‘gainst the blood and hatred in the air
Look for me Mom I’ll be there
Wherever there’s somebody fightin’ for a place to stand
Or decent job or a helpin’ hand
Wherever somebody’s strugglin’ to be free
Look in their eyes Mom you’ll see me.”

The highway is alive tonight
But nobody’s kiddin’ nobody about where it goes
I’m sittin’ downhere in the campfire light
With the ghost of old Tom Joad

Fonte : Bruce Springsteen

 

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29/05/2010

Un riepilogo

Tra qualche giorno verrà distribuita la rivista degli Aeroporti di Puglia “Ali del Levante”.
Al suo interno vi apparirà questo articolo, a firma Raffaella Delvecchio, che riepiloga un po’ il periodo appena trascorso.
A rileggerlo mi spiego perché mi sento stanco. Ma soddisfatto. La parte nostra, per lo sviluppo del territorio, la stiamo facendo.

Il mondo in una scena

La Puglia di celluloide

Puglia, primavera 2010: si lavora incessantemente nella regione meridionale di riferimento, nel panorama italiano, per attività culturali, produttive ed industriali innovative e d’avanguardia.

A poco meno di 3 anni dalla nascita, la Fondazione regionale Apulia Film Commission pensata per promuovere il sistema dell’audiovisivo ed offrire supporto logistico ed operativo alle produzioni cinematografiche e televisive sul territorio, consolida il proprio ruolo tra le film commission nazionali e sostiene le risorse locali.

L’exploit produttivo dei 12 mesi appena trascorsi, conferma una realtà fondamentale per esaudire le necessità del mercato cinematografico e televisivo di qualità: Sergio Rubini, Ferzan Ozpetek, Bollywood ed i recenti riconoscimenti al David di Donatello affermano questa presenza solida e in crescita.

Le ferie di Natale hanno dato il via ad un periodo di grazia: l’arrivo in sala de “L’Uomo Nero” il nuovo e atteso film di Sergio Rubini interamente girato in Puglia con Riccardo Scamarcio, Valeria Golino, Fabrizio Gifuni che ha regalato, nell’onirismo visionario del regista pugliese, una dimensione nostalgica e felliniana alle province di Bari e Brindisi, dove il film è stato girato.

“Cado dalle nubi” l’allegra commedia diretta da Gennaro Nunziante con Luca Medici, in arte Checco Zalone, girato tra Milano e Polignano a Mare racconta in chiave comica le avventure di un self made man pugliese e sgangherato che realizza il proprio sogno: diventare cantante di successo. Un film campione d’incassi, che ha superato i tradizionali blockbuster americani.

Il mese di gennaio è proseguito con l’inaugurazione del primo Cineporto del Meridione: a Bari, in Fiera del Levante, il padiglione 180 ristrutturato con fondi comunitari e nazionali, spazio per il cinema nel capoluogo di regione, nonché sede della Apulia Film Commission.

1200 mq dedicati alla produzione cinematografica: sale casting, make up, scenografia e costumi, una sala cinema dotata dei più avanzati sistemi di proiezione, un luogo aperto agli incontri, ai dibattiti e agli eventi culturali nel cuore della Fiera del Levante, il luogo ideale per la produzione cinematografica e televisiva, primo del Sud d’Italia.

Mentre a Bari s’inaugurava il Cineporto, il New York Times stilava la lista dei 30 “Places to go” del 2010, includendo i paesaggi mozzafiato del Gargano tra la via di Damasco ed i vicoli di Shangai. Una conferma per il Gargano, scelto per le riprese del blockbuster bollywoodiamo “Housefull” girato tra Mumbai, Londra ed il Gargano di Vieste e Mattinata.

Girato nel settembre 2009, Housefull che vede tra le interpreti le attrici più famose della Hollywood d’India, Deepika Padukone e Laura Dutta, è dal 30 Aprile in tutte le sale del secondo paese più popolato del mondo e, contestualmente, una campagna di promozione turistica della nostra regione è cominciata nelle città di Mumbai e New Dehli.

Gennaio ha visto nascere anche “D’Autore” il circuito cinematografico di 20 sale di qualità in Puglia, primo esperimento in Italia finanziato con fondi europei, per garantire in ogni provincia una programmazione lontana dal dominio del cinema commerciale in favore del cinema autoriale più “difficile” da reperire, una scelta artistica in favore dell’arte e tutt’altro che commerciale.

“Mine vaganti” il film diretto da Ferzan Ozpetek ed intepretato da Riccardo Scamarcio, Alessandro Preziosi e Nicole Grimaudo, interamente girato tra Lecce e il basso Salento ha commosso con una storia familiare sensibile ed ironica. Un film che ha riscosso un clamoroso successo, dalla presentazione fuori concorso al festival del cinema di Berlino, sino alla menzione speciale ricevuta al Tribeca Film Festival di New York ed il riconoscimento ai David di Donatello 2010 dei migliori attori non protagonisti Ennio Fantastichini ed Ilaria Occhini.

“Per averci fatto piangere e ridere e venire l’immediata voglia di acquistare un viaggio per il Sud d’Italia, ci congratuliamo con Ferzan Ozpetek, il suo talentuoso cast e tutti i collaboratori”: la menzione speciale della giuria del Tribeca Film Festival esprime un bisogno di spontaneità e sentimento che appartiene alla nostra regione e che la rende così unica e affascinante.

Il Salento conserva integro, tra paesaggio e architettura, lo spirito antico della storia di luoghi e  persone e se ne trova testimonianza nel cortometraggio “Passing Time” diretto dalla giovane Laura Bispuri e vincitore del David di Donatello 2010 come miglior cortometraggio dell’anno.

Intanto erano due i lungometraggi, per altrettante produzioni cinematografiche, che si giravano in provincia di Lecce, sin dai primi giorni di primavera, tra Otranto e Supersano.

La Lumiére & Co. di Lionello Cerri, per l’allegra commedia diretta dal pugliese Giovanni Albanese, alla sua seconda opera da regista,  interpretata da Vincenzo Salemme, Donatella Finocchiaro e Giuseppe Battiston ed i pugliesi Paolo Sassanelli, Mariolina De Fano ed il giovane Giulio Beranek. “Senza Arte né parte” girato tra Palmariggi e Otranto racconta le vicende degli operai di un pastificio salentino, andato in fallimento, che si improvvisano falsari d’arte contemporanea per sbarcare il lunario, tra stupore e fortuna.

La Fandango di Domenico Procacci per “Il giuramento di Ippocrate” diretto da Lucio Pellegrini ed interpretato da Stefano Accorsi, Vittoria Puccini e Pierfrancesco Favino. Una commedia ricca di colpi di scena e sentimenti per la quale Pellegrini ricostituisce il trio collaudato già da Gabriele Muccino in “Baciami ancora” sequel del successo “L’ultimo bacio”, e raccontare la storia di due grandi amici, medici, uniti dal desiderio di aiutare il prossimo.  La vita, una donna bellissima e il destino li allontanerà per farli ricongiungere anni dopo e, non lasciarsi mai più. Una riflessione sulle scelte e le relazioni, girata a Bari, presso l’aeroporto di Karol Woityla, Supersano, Roma ed il Kenya.

Il 13 Maggio scorso a Lecce è stato inaugurato il secondo Cineporto di Puglia: a pochi mesi dall’apertura del Cineporto di Bari, l’Apulia Film Commission offre uno spazio ad hoc con sale casting, make up, scenografia e uffici attrezzati, in un’area della regione fortemente interessata dalla presenza di produzioni cinematografiche e televisive.  Il Cineporto di Lecce sorge all’interno delle Manifatture Knos, un capannone industriale di proprietà della provincia, attualmente sede di numerose realtà artistiche e culturali di qualità, particolarmente attive e presenti sul territorio con progetti che, a breve, arriveranno alla ribalta della scena cultura nazionale.

Non solo cinema in Puglia che ospita, per la prima volta, una intera serie televisiva ambientata a Monopoli: “Una Musica Silenziosa” prodotta dalla Casanova Multimedia, per Rai Uno, diretta da Ambrogio Lo Giudice e interpretata da Francesca Cavallin, Johannes Brandrup, Lucrezia Lante della Rovere, Ugo Pagliai. Una permanenza lunga venti settimane, un traguardo significativo per una regione che offre maestranze specializzate in ogni reparto produttivo e genera occasioni di confronto e apprendimento per i giovani pugliesi interessati a sperimentarsi in questo settore in espansione sul territorio regionale.

La provincia di Brindisi è stata scelta, invece, da Ricky Tognazzi e Simona Izzo per quattro settimane di riprese tra Cisternino ed Ostuni, ed ambientare la serie televisiva in due puntate “Mia Madre” una storia di emigrazione dal Meridione verso il Nord Italia negli anni ’60 intepretata da Bianca Guaccero, Primo Reggiani e Marco Cocci e che continuerà la lavorazione a Torino, e andrà  in onda su Rai Uno.

San Vito dei Normanni e la riserva naturale di Torre Guaceto sono state scelti come luoghi ideali per il videoclip “Le Rane” dei Baustelle, gruppo musicale di rock indipendente di successo giunto al suo quinto album. Il singolo, tratto dall’ultimo lavoro della band toscana “I mistici d’Occidente” è un omaggio al film “I quattrocento colpi” del regista francese  François Truffaut e, a breve sarà trasmesso sui canali televisivi musicali e visibile su internet. Il videoclip diretto da Lorenzo Vignolo, celebre regista di videoclip per musicisti della scena musicale underground italiana, è stato girato anche a Bari, tra le strade del centro cittadino e della Fiera del Levante.

L’aeroporto di Bari con la Fiera del Levante costituiscono luoghi di particolare interesse per il cinema, molti sono stati i progetti per i quali si sono ambientate scene all’interno e, nel mese di Febbraio un intero cortometraggio è stato girato presso l’Aeroporto di Bari.

“Airport” diretto dalla regista romena Ioana Uricaru, già nota per aver diretto con Cristian Mungiu, regista romeno vincitore della Palma d’Oro 2007  al Festival di  Cannes, il film ad episodi ” Racconti dell’età dell’oro”.

Un cortometraggio drammatico a lieto fine, sceneggiato da Mungiu e interpretato dalla celebre attrice romena Monica Barladeanu, inteprete della fortunata serie televisiva americana “Lost” e nota al pubblico italiano per l’interpretazione del ruolo da protagonista nel film  “Francesca” presentato al Festival di Venezia 2009 nella sezione Orizzonti, e Damian Draghici, musicista romeno di successo attualmente trasferitosi a Los Angeles.

All’approssimarsi del compimento dei primi tre anni di attività della Fondazione regionale Apulia Film Commission gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti e la Puglia è oggi terra di attrazione culturale, artistica e industriale in positiva fase crescente, al pari di méte nazionali ed internazionali di fama ormai consolidata.

La Puglia è tutta da girare e noi vi aspettiamo.

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27/05/2010

Mentre

Mentre nell’aula consiliare della Regione Puglia si svolgeva una civile e alta votazione per i vertici dell’aula, con parole alate da parte di esponenti della maggioranza come della opposizione, il Premier italiano – il giorno dopo aver varato una finanziaria che, comunque la si pensi, è drammatica, perché solo dieci giorni fa lo stesso Premier annunciava che in Italia non c’era assolutamente la crisi ed il rischio di un default à la greca – il Premier italiano appunto cazzeggiava amabilmente dinanzi alla platea di Confindustria nella speranza di ricavarne un nuovo Ministro.

Il gelo è stato palpabile. Ma qui, a morire di freddo, siamo tutti noi. Non ce la si fa più e, a dosi mitridiache, giorno dopo giorno, stiamo bevendo il veleno delle pagliacciate di un vecchio signore che non vuole arrendersi all’anagrafe e ai propri fallimenti.

Il problema però, non è lui. Il problema è l’assenza di una vera alternativa. Questa è la mia personale unica, vera, amara, drammatica verità.

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25/05/2010

Elio Germano e il cinema italiano

Riporto di seguito l’intervista apparsa quest’oggi su repubblica.it a Elio Germano.

ROMA – Per chi si fosse affidato solo al Tg1 ecco che cosa ha detto Elio Germano quando lo hanno premiato a Cannes: “Siccome i nostri governanti in Italia rimproverano sempre al cinema di parlare male della nostra nazione, io volevo dedicare questo premio all’Italia e agli italiani, che fanno di tutto per rendere l’Italia un paese migliore nonostante la loro classe dirigente”.

Elio Germano: incidente o censura?
“La cosa grave, che racconta il clima di questo periodo, è che venga spontaneo sospettare che non sia stato un incidente, come probabilmente è stato. A dirla lunga è che dubitiamo della libertà dei giornalisti e dell’informazione”.

Temere tanto un film e un attore sarebbe proprio grave.
“Infatti. Il dispiacere è che il mio venga interpretato in modo distorto come un attacco ai politici. Io ce l’ho con qualsiasi potere distante dai cittadini, dal Parlamento ai sindacati (purtroppo). Una distanza che dobbiamo colmare, maturando una coscienza di società civile che ci manca. La vera notizia è che l’Italia ha portato a casa un riconoscimento importante. Perché si dà tanto peso alle parole di un povero attore, invece di gioire per un successo italiano?”.

Perché La nostra vita, e in particolare il suo personaggio, comunicano una sensazione speciale, di novità e di verità?
“Non posso fare a meno di sottolineare l’aspetto tecnico. Invece che ricostruire un mondo dentro l’inquadratura, il regista Daniele Luchetti ha fatto l’opposto. Ha creato un mondo che vive e dove le cose accadono, la macchina da presa deve inseguirlo e spiarlo. Come se fosse un documentario. È molto faticoso ed è possibile solo con la forte partecipazione e condivisione da parte di tutti. Ecco perché “passa” allo spettatore una così forte vitalità”.

Il film rappresenta un ambiente sociale senza tesi precostituite: autentico, nel bene e nel male.
“Questo è stato lo sforzo. Senza prendere posizione, facendo parlare da soli ambiente e personaggi. Senza forzature, senza la pretesa di far aderire le situazioni ai pregiudizi che ciascuno porta con sé, o alla rigidità ad ogni costo della sceneggiatura. Niente, a partire dall’edilizia con i suoi cinismi e le sue illegalità, è inventato”.

Disorienta una rappresentazione della classe operaia così spoglia di luoghi comuni di sinistra?
“Forse. È un film che sta vicino al mondo che racconta e non gli sta sopra, non lo osserva dall’alto. Si offre allo spettatore valorizzando la grande possibilità che ha il cinema: l’emotività, l’essere qualcosa che ci riguarda. E non un giudizio”.

L’apice è nella scena in cui il suo Claudio, al funerale della moglie, canta a squarciagola, singhiozzando disperatamente, Anima fragile di Vasco Rossi.
“Quella scena è indicativa del “recitare il meno possibile”. Non era previsto che io cantassi. È successo, si è creato un clima. La vita, l’espressione emotiva – non parole, non concetti – è entrata nel set. Qualcosa di raro che può succedere solo se tutti sentono davvero quello che si sta facendo insieme. Già l’esperienza vissuta sul set mi sarebbe bastata come premio”.

Ancora non si è capito se lei è un attore molto tecnico o al contrario molto “naturale”.
“Non è così importante stabilirlo. Il mestiere deve esserci ma diventa interessante quando si sposa con la vita e le emozioni personali. Almeno per me. E non vale solo per gli attori”.

Tutti i suoi personaggi sono unificati dalla rabbia. Sono aspri, incazzati e carichi di sofferenza.
“Forse la linea che li collega è la schizofrenia dell’uomo moderno tra l’essere e l’essere pubblico, la differenza tra come si è fuori e come si è a casa”.

Elio Germano da dove viene?
“Sono il primo nato a Roma, a settembre compio 30 anni. La famiglia è arrivata dal Molise dopo la guerra con mio nonno. Uno zio missionario del Bangladesh. Sono cresciuto a Monteverde, liceo scientifico, ma già a 14 anni ho iniziato a frequentare una scuola di teatro. Poi l’hobby è diventato passione. E anche la sola cosa che ho imparato a fare. A parte suonare con il mio gruppo Le bestie rare”.

Gli attori italiani che hanno ricevuto lo stesso premio si chiamano Tognazzi, Mastroianni, Volonté, Gassman ma tutti quando erano già più che maturi. Lei non ha ancora trent’anni.
“È cambiata l’attenzione dei festival nel cercare e scoprire le novità. Quindi è merito mio fino a un certo punto. Ma soprattutto credo che il premio sia al film più che a me. E voglio anche sentirlo come incoraggiamento al cinema italiano. Un altro passo dopo Il divo e Gomorra. Da accogliere con orgoglio. Basta, anche tra noi che il cinema lo facciamo, di sentirci fratelli minori. Un’iniezione di fiducia: la cosa più importante al di là delle polemiche, al di là della mia personale carriera. Che non esisterebbe se intorno ci fosse il vuoto”.   (25 maggio 2010)

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24/05/2010

jafar Panahi – 2

Hanno liberato, su cauzione, Jafar Panahi.
Sono contento. Forse le lacrime della Binoche e le parole di Kiarostami a Cannes hanno sortito più effetto dell’assordante silenzio dei leader occidentali.

 

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23/05/2010

Jafar Panahi

Occorrerebbe una classe dirigente (non solo quella italiana, invero) capace di gridare di più e meglio la propria indignazione per l’arresto di Panahi in Iran. Sarebbe bello se il nostro Premier, prima di ogni conferenza stampa, chiedesse la liberazione di tutti i dissidenti iraniani.
Sarebbe bello, si. Ma come si fa anche solo a pensarlo possibile in questa Italia mortificata da tentativi di leggi liberticide come quella sulle intercettazioni? In un Paese che fa di Daniele Capezzone un portavoce autorevole? Come diavolo si fa?

A Cannes, hanno dato i premi.
Miglior attore protagonista, ex-aequo con Xavier Bardem, il nostro giovane e grande Elio Germano che ha testualmente detto, ricevendo il premio: “Siccome la nostra classe dirigente rimprovera sempre al nostro cinema di parlare male della nostra nazione dedico il premio all’Italia e agli italiani che fanno di tutto per rendere l’Italia un paese migliore nonostante la loro classe dirigente”.

Bravo Elio.

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23/05/2010

Le chiavi di una città.

E’ sintomo di sensibilità, intelligenza e amore per la propria comunità l’idea di consegnare la cittadinanza onoraria a Ferzan Ozpetek, che ha fotografato lo splendore di una delle nostre città più belle: Lecce.

Chi c’era, si è emozionato e mi rammarico di non esserci stato, ma davvero non riesco ad essere dappertutto e reclamo anche io per me, ogni tanto, un po’ di serenità familiare.

Sono contento però per Ozpetek, per il suo produttore e tutta la sua crew. E sono contento per la scelta degli amministratori leccesi, con in testa il sindaco Paolo Perrone, perché dimostrano di saper investire in beni immateriali e rendere alto il nome della nostra ospitalità.

 

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21/05/2010

Wildside

Ho partecipato a Cannes alla conferenza stampa di presentazione di una nuova società di produzione cinematografica e televisiva, nata dall’incrocio delle esperienze di alcuni giovani produttori e cineasti come, tra gli altri, Mario Gianani (ex Offside), Lorenzo Mieli (Wilder), Fausto Brizzi, Martani e altri.

Ne sono personalmente entusiasta: intanto perché la società ha eletto la propria sede all’interno del Cineporto di Torino, confermando l’ottimo lavoro dei nostri colleghi piemontesi e la vocazione del Cineporto ad accogliere le produzioni non solo dal lato meramente esecutivo. E poi perché si sono associati, sotto un unico brand, alcuni tra i migliori produttori italiani, brillanti per curiosità intellettuale, desiderio di innovare modalità, linguaggi e forme di remunerazione, il vero cuore dei problemi del nostro mercato.

Auguro, dunque, alla Wildside, una lunga prosperità.

Fonte: Tafter

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20/05/2010

Vergogna istituzionale.

Io c’ero a Genova 2001, si, e come (quella che per me è) la parte migliore della mia generazione mi sono formato lì dentro, credendo che un altro mondo è possibile. Andai a Genova in pace, senza scudi o armi improprie. Ero e sono un non violento, un cittadino per bene. Lo stato mi ha trattato da bandito, sparandomi lacrimogeni urticanti e picchiando la mia ragazza e i miei amici. Lì, a Genova, nel luglio del 2001 abbiamo tutti scoperto com’è fatto uno stato totalitario. Che non sa discernere tra bene e male, tra manifestanti democratici e provocatori di professione. Come negli anni settanta.

Oggi, nove anni dopo, ecco che significa vivere in un paese che non ha amore per i propri figli. Comunque la si pensi, io mi vergogno per loro, perché non sanno quel che fanno.

ROMA – Il governo fa quadrato intorno agli alti esponenti della polizia di Stato nei confronti dei quali la Corte d’Appello, ieri, ha emesso una condanna più severa rispetto al primo grado in relazione alla “macelleria messicana”, cioè le violenze compiute alla scuola Diaz durante il G8 del 2001 a Genova. “Resteranno al loro posto” dice il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano. Perché questi uomini, insiste, “hanno e continuano ad avere la piena fiducia del sistema sicurezza e del Viminale”. E perché quella della Corte d’Appello di Genova “è una sentenza che non dice l’ultima parola, in quanto afferma l’esatto contrario di quanto era stato stabilito in primo grado e quindi ora andrà al vaglio della Corte di Cassazione”.

Parole che il ministro dell’Interno, Roberto Maroni dice di sottoscrivere “al 100%”. “Non ho niente da aggiungere se non ribadire la fiducia per le persone che sono state coinvolte e confermare le opinioni espresse e le valutazioni del Viminale” dice l’esponente leghista.

Dopo undici ore di consiglio, ieri notte i giudici della terza sezione della Corte d’Appello del Tribunale di Genova hanno condannato 25 imputati su 27 a quasi un secolo di carcere, compresi i gradi più alti della polizia, ribaltando, appunto, la sentenza di primo grado. Il procuratore generale, Pio Macchiavello, aveva chiesto oltre 110 anni di reclusione per i 27 imputati. In primo grado furono condannati 13 imputati e ne furono assolti 16, tutti i vertici della catena di comando. I pubblici ministeri Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini avevano chiesto in primo grado 29 condanne per un ammontare complessivo di 109 anni e nove mesi di carcere.

A definire quel che accadde “macelleria messicana” non fu un no global. Fu Michelangelo Fournier, uno dei funzionari di polizia imputati (è stato prosciolto per intervenuta prescrizione, così come l’agente Luigi Fazio) per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz di Genova, la notte del 21 luglio 2001, il giorno dopo la morte di Carlo Giuliani, ucciso durante l’assalto a una camionetta dei carabinieri. Disse che la scena che si era trovato davanti era quella di “una macelleria messicana”. C’era sangue ovunque e gente terrorizzata e questo è documentato da centinaia di video, foto, testimonianze. La scuola era stata scelta dal Comune di Genova come ostello per giovani arrivati da tutta Europa. Al termine dell’irruzione dei poliziotti del Reparto Mobile di Roma, guidati da Vincenzo Canterini, oltre sessanta ragazzi rimasero feriti, alcuni dei quali in modo grave. La polizia arrestò 93 giovani, tutti poi prosciolti. Furono sequestrate due bottiglie molotov che, come hanno sancito ieri i giudici, erano state portate all’interno della scuola per giustificare gli arresti.

E a proposito di quelle molotov, c’è un agente di polizia che esce completamente assolto dal processo di secondo grado: è Michele Burgio, che accompagnò il funzionario Pietro Troiani nella scuola per portare le bottiglie. Burgio è stato assolto dalle accuse di calunnia per non avere commesso il fatto e di trasporto di armi, perché il fatto non sussiste.

Le immagini dei volti feriti, dei pestaggi, del sangue fecero il giro del mondo. La Corte d’Appello, ieri, ha detto che gli alti esponenti della polizia sapevano quel che sarebbe accaduto, e quel che accadde, quella notte alla Diaz. Che ci sono delle responsabilità. Mantovano esprime la sua fiducia, da ministro e quindi come membro dell’esecutivo, nei confronti degli uomini che la Corte ha ritenuto responsabili di quelle violenze ingiustificate. Questo non significa, aggiunge il viceministro, “che alla Diaz non sia successo nulla”, ma la sentenza di primo grado “aveva individuato delle responsabilità e distinto le varie posizioni”, quindi Mantovano si dice “ragionevolmente convinto che la Cassazione ristabilirà l’esatta proporzione di ciò che è successo, scioglierà ogni ombra su fior di professionisti della sicurezza che oggi si trovano in questa situazione”.

Insomma, gli ermellini spranno come rimettere ogni cosa al suo posto. E quei funzionari resteranno dove sono, ribadisce Mantovano, perché quello è un posto che “non si limitano a occupare” bensì “svolgono il loro ruolo con grande responsabilità e dedizione, rispetto al quale ci può essere solo gratitudine da parte delle istituzioni”. E poi, aggiunge il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, quella della Corte d’Appello è una sentenza che “criminalizza tutto e tutti, e fa propria la tesi più estrema dei no-global che è totalmente accusatoria nei confronti delle forze dell’ordine e del tutto assolutoria nei confronti di chi provocò danni gravissimi, morali e materiali, alla città di Genova”.

Fonte: La Repubblica