Diario
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Roma

I media non perdonano a Muller di esser stato nominato dalla destra capitolina. Pur tuttavia un bravo direttore di festival dovrà sempre lavorare chiunque governi.
Nove critici su dieci lo stanno stroncando. Per questo a noi piace segnalare questo articolo di Giusti. Per ragionare senza ideologismi e senza dover per forza scegliere tra persone.
Ma solo tra linee editoriali e lasciare in pace i bravi tecnici.

Fonte: Il cinema dei giusti

Quinto giorno del Festival di Roma. La vera novità è che il glamour e le star a Roma servono a poco e niente. Il red carpet solo a bagnarsi quando piove. E anche quando si parla di nuovo cinema italiano, alla fine, funzionano di più i film con volti completamente nuovi o diversi, come “Alì ha gli occhi azzurri” di Claudio Giovannesi o “Italian Movies” di Matteo Pellegrini, buona sorpresa della sezione PIT (dopo i disastri Lucarelli-Nicchiarelli), che con gli eterni attori del nostro cinema d’autore.

Pensiamo al povero Scicchitano di “Scialla!” che al secondo film ha già rotto le scatole, figurarsi Battiston, Rohrwacher e soci condannati dai nostri produttori a ripetere sempre gli stessi ruoli. Un’altra bella novità del Festival di Roma è la costruzione di un pubblico diverso da quelli precedenti, più attento, partecipe e soprattutto più giovane e meno pariolo del precedente.

Così un film come il messicano “Mai morire” di Enrique Rivero (è la sua opera seconda dopo il premiatissimo “Parque via”), complessa, serissima ricerca visiva antropologica della vita della popolazione più povera in un Messico magico e fluviale, tutto giocato sulla sguardo e le visioni della protagonista, Margarita Saldana, in visita alla vecchia madre morente che vive ai bordi di un fiume, ha trovato la giusta attenzione.

Eliminando le anteprime romane e i film già visti a Toronto, Muller ha moltiplicato le situazioni più sperimentali e di ricerca, utilizzando il Maxxi e ricostruendo un ponte con arte e videoarte che allargasse un po’ le prospettive sia teoriche che di collegamento di punti vicini. Al pubblico “parrucco” di Roma Nord lascia un po’ di marchette e il documentario su Montaldo, ma in generale punta a un pubblico del tutto diverso.

Lo dimostra il successo di un film innovativo come “Italian Movies” di Matteo Pellegrini, dove uno studio televisivo torinese diventa il set di un service per extracomunitari gestito dalla squadra, anch’essa mischiata e in gran parte extracomunitaria, che fa le pulizie di notte a 800 euro al mese. Mentre lo studio ufficiale, che si garantiva il lavoro con una soap, fallisce, la parte sommersa dello studio progredisce e finirà per inglobare pure la situazione “normale”.

Trionfo del multietnico internazionale alla “Kitchen”, il film di Pellegrini può disporre di un cast che va dal russo Aleksei Guskov, che abbiamo visto nel “Concerto” di Radu Mihaileanu, all’africano Eriq Ebaouaney, già visto in “Femme fatale” di De Palma e “Le crociate” di Ridley Scott, dei nostri Michele Venitucci e Anita Kravos e dell’indiano Neil D’Souza, vero comico della compagnia. “Italian Movies” funziona sia come modello produttivo, un film cioè costruito su una visione globale giovanile che non si fermi a Roma Nord o dentro il raccordo, sia come teoria sul riuso delle politiche fallimentari televisive.

Sotto un altro aspetto, invece, “Mai morire” di Enrique Rivero, ci porta in una dimensione da grande film sperimentale internazionale e da laboratorio creativo come lo intendeva Muller già a Venezia. Magari non erano questi i film e il tipo di festival che volevano da lui Alemanno e la Polverini, magari non è questo che lui aveva venduto a loro.

Ma il risultato è che è diventato un festival forse meno ricco e glamour dei precedenti, ma più internazionale e meno provinciale e oltre ai film innovativi e sperimentali si è creato pure un pubblico per vederli, mentre Larry Clark, in conferenza stampa, ha lanciato il grido d’allarme per la crisi internazionale dei cinema indipendenti: “Tra poco ci saranno solo quelli che mostrano Batman”. Intanto, in completa contraddizione con Larry Clark e con il rigore teorico di Enrique Rivero e del suo “Mai morire”, Roma lancia oggi la carta Twilight, ereditata dalle edizioni precedenti, addirittura con una maratona della saga dei vampiretti un po’ pariolini…

 

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