Il talento è intelligenza.
La parabola artistica del “nostro” Riccardo Scamarcio è motivo di orgoglio per noi tutti, che lo seguiamo da tempo e lo abbiamo per amico.
Il suo successo è la conferma che il talento è servito dall’intelligenza, oppure non è.
Con l’augurio di ogni bene, Riccardo.
“Riccardo Scamarcio non è più per nessuno lo Step di Moccia con cui aveva conquistato il cuore delle ragazzine. Ormai è il Romeo di Valerio Binasco con cui è tornato in scena, per la seconda stagione: prima in Sicilia, poi a Roma, infine a Milano. E grazie a Romeo non è più soltanto il bello del cinema italiano ma anche uno dei bravi, consacrato non solo dall’Ubu arrivato allo spettacolo, ma anche da un premio Recanati a lui medesimo che però, non avendolo ritirato, pare non gli verrà consegnato mai più. Romeo e Giulietta ha spinto perfino i sofisticati critici teatrali, malgrado il pregiudizio duro a morire che vuole il bello per forza un po’ scemo, ad ammettere che Scamarcio ha offerto una interpretazione intelligente: “La dovevo ai tanti giovani che sono venuti a vedermi – dice l’attore -. Bello. Bello. Bello. Bello esserci. Al “Biondo” di Palermo, le tre ore e passa di Shakespeare, sono state salutate con un entusiasmo da concerto rock. Grande soddisfazione”. Farà ancora teatro? “Non lo so. Il set e il palcoscenico hanno tempi non conciliabili”. Col teatro però un attore non bara, col cinema può farlo. “Mica tanto. Vero che sono linguaggi diversi, che l’attore sul palcoscenico gode della massima evidenza. Ma se uno è un cane, anche sul set si vede”. Tra un Romeo e l’altro, comunque, Riccardo Scamarcio non si è fermato. Tutt’altro. Ha partecipato in piccoli ruoli di contorno a tre film stranieri: l’americano Nero fiddled di Woody Allen in un ruolo che è il più buffo della sua carriera; il francese e duro Polisse di Maiwenn Le Besco, documento tostissimo sulla pedofilia che sta per uscire da noi dopo aver fatto sfracelli in Francia; Effie di Lexton con Emma Thompson, racconto della relazione platonica tra il celebre critico d’arte John Ruskin e l’adolescente Effie Gray nel quale lui è un giovane seduttore veneziano figlio dell’aristocratica Claudia Cardinale. Serve a farsi conoscere accettare piccoli ruoli in film non italiani? “Viviamo in Europa e i nostri politici ci dicono che l’Europa è una realtà – spiega Scamarcio -. Veramente l’Europa è un piccolo fazzoletto formato da tante culture forti, diverse e antiche, abituate, però, da secoli a convivere. Forse un domani sarà perfino una realtà. Per ora sto imparando l’inglese e il francese. Sto sperimentando altri stili di regia. Gli inglesi sono assai divertenti. Vorrei provare a comportarmida europeo”. Se proprio all’estero Scamarcio dovrebbe lavorare nei prossimi mesi, intanto in Italia ha girato due film da protagonista: Il rosso e il blu di Piccioni con Margherita Buy, storia d’ambiente scolastico dove fa un supplente alle prese con una classe difficile e Cosimo e Nicole del semi-sconosciuto Francesco Amato, appena finito, storia di due ragazzi chiusi in una bolla d’amore che si romperà dopo l’impatto con il lavoro, la stabilità e i fatti del G8 di Genova. Ma come sceglie i film da fare? “Leggo e se è possibile mi sottopongo a un provino. È l’ideale per capire se sono adatto al ruolo. Se c’è un bel copione, poi, mi fa piacere lavorare con chi sta affacciandosi al mestiere come Francesco Amato. Non negarsi agli esperimenti è una necessità per chi vuol crescere e migliorare. Nella professione come nella vita”. Inevitabile con Scamarcio passare dal cinema alla politica, perché, prima che attore, Scamarcio si sente cittadino,un cittadino vagamente antagonista e molto informato. E come tale giudica, riflette, apprezza, critica, sceglie. Anche cosa interpretare e cosa no. “In pugliese si dice “mi può” per dire mi contiene, mi appartiene, mi fa star bene. Io sono un iper-attivo e il set “mi può”. Ma sono pure un cittadino e “mi può” la politica. Molte cose non mi convincono”. Ce l’ha con i professori? “No, loro pensano a mettere rattoppi, senza guardare alla crisi del nostro modello di sviluppo dell’Occidente. Ce l’ho con i tagli ai treni che vanno al Sud, in Calabria, in Sicilia. Sono pezzi d’Italia. Voglio proprio vedere quale sarà il privato che ripristinerà quelle linee! Tocca allo Stato esserci dove serve. Lo dice perfino Obama, presidente del paese che è il paradiso del capitalismo più classico. Servono regole nuove”. Proprio lei che non ha sopportato quelle della scuola, invoca le regole… “Con l’età ho imparato che servono. Le regole vanno conosciute e rispettate quando si deve e infrante quando si può. Nell’arte sicuramente. Ma, credo, perfino nei destini di una società”. ”
Fonte: La Stampa