Cercate ancora
In tanti si sforzano di trovare il modello di business del futuro, come vediamo dai post che vado inserendo in questi mesi. Ma nessuno sembra ancora aver trovato la “quadra”.
Intanto continuo a segnalarvi pezzi di futuro possibile.
ALICE CASTAGNERI
L’idea è quella giusta: farsi finanziare dalla Rete. Ma non tutti ci riescono. Adesso, però, ad aiutare i creativi c’è Eppela, il sito italiano di crowdfunding frequentato dai mecenati 2.0. C’è chi vuole realizzare una collezione di magliette, chi sogna di girare un film e chi pensa di allestire una mostra fotografica. Per esporre le proprie creazioni nelle vetrine virtuali bisogna superare una selezione. Una volta ottenuto il via libera si crea un progetto, si fissa un budget per realizzarlo e una data di scadenza entro cui portare a termine la missione. Poi l’idea viene pubblicata online e sottoposta al giudizio del pubblico. Chi fa una donazione riceve in cambio un regalo: un cd, un quadro, un abito o un posto in prima fila. Riuscire a raccogliere i fondi dipende solo dagli artisti e dalla capacità di promuovere i loro lavori attraverso il passaparola virtuale. Il modello di riferimento è Kickstarter, portale americano specializzato in questo tipo di finanziamenti. Nicola Lencioni, 43 anni, imprenditore lucchese che ha ideato Eppela, dice: “Mi ha entusiasmato la possibilità di fare testare un prodotto direttamente alle gente. Penso che questa piattaforma sia una grossa opportunità per chi ha le idee, ma non dispone dei mezzi per realizzarle”. Il sito si basa sul principio della meritocrazia. E giorno dopo giorno sta conquistando il Web, nonostante in Italia il crowdfunding sia ancora poco conosciuto. “La piattaforma procede a piccoli passi – dice Lencioni -. C’è tanto lavoro da fare. Gli italiani sono ancora diffidenti verso i sistemi di pagamento elettronici. E non tutti conoscono PayPal. Per questo fare le donazioni non è sempre così immediato”. Ma la marea di proposte che arriva a Eppela fa ben sperare per il futuro. Le magliette vegane Chiara ha 30 anni e vive in Toscana. Da circa un anno ha aperto un piccolo store di t-shirt in cotone organico con messaggi vegani o animalisti. “La mia idea – racconta- è stata una via di fuga dalla crisi economica, da quella post laurea-master-stage e dai contratti a progetto. Accorgendomi di come questi oggetti spopolavano tra amici, colleghi e conoscenti, ho deciso di buttarmi in questo sogno facendomi conoscere tramite i social network e partecipando a mercati, fiere e festival”. Il progetto “Chiaralascura” ha trovato tanti finanziatori e ha raccolto nel tempo stabilito oltre cinquemila euro. “Grazie a Eppela – spiega – sono riuscita a lanciare la mia collezione e ad avere contatti con i negozi per distribuirla. Ma non è stato facile. Durante la fase di raccolta dei fondi ho stressato tutti su Facebook. E’ importante far appassionare le persone alla propria causa”. La scuola di cucina “rosa” Bait al Karama è il primo centro per donne nel cuore della Città Vecchia di Nablus, in Palestina. E’ qui che ha preso corpo l’idea di una scuola internazionale di cucina palestinese. “Il progetto è nato dall’incontro dell’artista Beatrice Catanzaro con la responsabile di una piccola charity di Nablus”, dice Cristiana Bottigella, manager di progetti culturali. “La scuola – aggiunge – permette di creare lavoro flessibile per le madri sole: vedove o con i mariti in prigione in Israele. Inoltre, abbiamo pensato fosse un’occasione per far conoscere il cibo locale al di fuori del Medio Oriente”. I soldi raccolti online per ora sono pochi, ma chi vuole sostenere l’iniziativa ha ancora qualche giorno. “Purtroppo siamo lontani dal traguardo – dice Bottigella -. Eppela ci dà visibilità, ma credo che in Italia la cultura della donazione non sia ancora così diffusa come in America o Gran Bretagna”. E aggiunge: “Per noi questo progetto significa tantissimo. Vogliamo trasmettere un’immagine lontana dai soliti stereotipi di politica e guerra. Raccontare una Palestina diversa, ricca di cultura, architettura, paesaggi, sapori. Quella che incontriamo e vediamo noi qui a Nablus”. Un sogno sulla spiaggia ”Quell’estate al mare” è un cortometraggio scritto da Anita Rivaroli e Irene Tommasi, allieve del Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano. Racconta di una giornata al mare di un gruppo di bambini orfani, ospiti di una colonia estiva sulla riviera romagnola. Il progetto è nato come un esercizio scolastico, ma è diventato molto di più. “I nostri docenti – dice Anita Rivaroli – ci hanno spinto a realizzare il cortometraggio, ma non avevano i fondi per finanziarlo”. Così le due sceneggiatrici si sono date da fare per trovare il denaro e sono sbarcate su Eppela. “Il nostro – dice Rivaroli – è stato il primo progetto a essere lanciato sul sito. Da un lato abbiamo approfittato della pubblicità iniziale, ma dall’altro abbiamo dovuto fare i conti con i problemi legati al debutto della piattaforma”. Anita e Irene alla fine hanno centrato l’obiettivo. Adesso stanno partecipando a diversi festival. “Abbiamo aperto una casa di produzione – dice Rivaroli-. Si chiama “Prima o poi film”. Certo non è facile da gestire. A luglio ci diplomiamo. E intanto stiamo lavorando a una serie tv”. I quadri in tour Alla fine del 2010 durante un premio d’arte internazionale a New York sei artiste provenienti da diverse parti del mondo si sono incontrate. Sono rimaste in contatto e nei mesi successive è nato il progetto della mostra itinerante “Sing Sweet Songs of Conviction”. L’idea di Alessia Armeni, Helena Hamilton, Denise Hickey, Francesca Romana Pinzari, Pernette Scholte e Lisa Wade è quella di esporre nell’arco di un anno a Berlino, Roma, New York, Città del Messico, Londra e Belfast. “Ognuno è legato al posto dove è cresciuto – dice Francesca Romana Pinzari-. Le radici fanno parte dell’identità. Così abbiamo pensato di portare i nostri quadri nelle reciproche città natali o di residenza”. Ma i costi da sostenere sono elevati. “Abbiamo trovato gallerie disponibili a ospitarci – dice Pinzari -. Curatori, critici e artisti si sono dimostrati pronti a sostenerci”. Ma forse non era abbastanza. Così hanno deciso di rivolgersi anche a Eppela. “E’ stato bello passare la selezione – racconta l’artista australiana-. Prima di pubblicare online il nostro progetto mi hanno rivolto tantissime domande”. Grazie ai donatori web hanno già raccolto oltre mille euro e all’orizzonte intravedono il traguardo, che stavolta non ha proprio nulla di virtuale.
Fonte: La Stampa