Diario
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05/01/2010

Anno nuovo, nuove sfide per il cinema mondiale.

Buone notizie, anche se controverse, arrivano di là dall’Atlantico.
Angelo Aquaro di Repubblica scrive quest’oggi dagli Usa questo pezzo, da meditare.

Buon anno agli amanti del cinema.

NEW YORK – Riponete i fazzoletti. Mentre piangevamo la sua scomparsa, il cinema, quello vero, il filmone da assaporare spaparanzati in poltrona, sul grande schermo, è risorto. Per la prima volta in sette anni le vendite dei biglietti del cinema hanno surclassato quelle dei dvd. Il futuro? “Mp3″ universali da scaricare online.

Non succedeva dal 2002, l’anno che sembrava aver segnato per sempre il trionfo del consumo domestico, nutrito dal boom del cinema da casa, le vendite record dei dvd e degli impianti di home theatre che avevano mandato in pensione vecchi televisori e stereofonia. Quasi dieci miliardi di dollari (9,87 per la precisione) gli incassi al botteghino nel 2009, il 10% in più rispetto all’anno prima, contro gli 8,73 miliardi delle vendite dei dvd (meno 13 per cento), comprensive anche dell’ultima meraviglia, i dischi ad alta definizione Blu-Ray.

Ma, come in ogni buon film che si rispetti, anche qui si nasconde il colpo di scena. Perché la rivincita del vecchio cinema non è una buona notizia per Hollywood. Anzi. Il boom dell’home entertainment aveva spinto le major a rifare i conti e puntare sugli incassi dei dvd per fare i grandi numeri: quasi la metà dei profitti arrivavano dalla vendita dei film a casa. Ora bisognerà ritarare un po’ tutto, suggerisce il Wall Street Journal, che sottolinea fra l’altro come le grandi case non a caso preferiscano già puntare sui kolossal tipo “Transformers” e “Harry Potter” per fare il grande botto al botteghino. “La gente è ancora innamorata del cinema – dice Tom Adams, il presidente dell’Adams Media che ha fornito i dati del sorpasso – però sceglie lo spettacolone, qualcosa che ripaghi davvero i dollari spesi”. Del resto i cinema americani saranno anche belli (multisale, megaschermi, poltrone avvolgenti come divani e proiezioni continue dalla mattina alla notte) ma anche cari: una media di 12,5 dollari a biglietto più un altro dollaro e mezzo per le prenotazioni via Internet che si diffondo sempre di più. Fandango, il più grande rivenditore di biglietti via web, oggi acquistato attraverso Comcast dalla Nbc Universal, ha appena lanciato anche un’applicazione per iPhone.

Ma che cosa c’è dietro il calo dei dvd? Davvero i consumi casalinghi sono diminuiti? Anche qui, piccolo colpo di scena. La verità è che i consumi stanno cambiando. Soprattutto negli Usa c’è l’impennata dei dvd in affitto, grazie anche al successo di RedBox, una società che offre meno titoli ma a un prezzo più che invitante: 1 dollaro al giorno. Per questo la crescita del settore (l’affitto sale del 5,5%) non si traduce in una fetta di guadagni più ampia (8,15 miliardi nel 2009 contro gli 8,11 del 2008): per la rabbia delle major, che fanno di tutto per ritardare la possibilità di affittare, anziché acquistare, il dvd. I Blu-Ray, poi, che portano nelle casse dei produttori molti più dollari (22 contro i 17 di un dvd normale) costituiscono ancora una fetta minima.

Ma la vera novità è l’online. Lentamente ma inesorabilmente crescono sia vendita che affitto di film sul web. Un fenomeno destinato a svilupparsi ancora di più ora che i grandi nomi del cinema e dell’informatica – dalla Warner Bros alla Disney passando per Microsoft e Intel – stanno per lanciare il formato standard del cinema digitale, una sorta di “mp3 del cinema”, che permetterà ai consumatori di vedere i film su qualsiasi tipo di supporto. Insomma il boom del vecchio cinema è un ritorno, sì, ma al futuro. E ancora tutto da decifrare.”

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23/12/2009

Verdone a Lecce

Come sono fiero per la città di Lecce, per Alberto La Monica, per lo staff del Festival del cinema europeo e le istituzioni salentine e per i leccesi tutti dei successi che raccoglie, in giro per l’Italia e l’Europa il loro festival cinematografico.

Lecce è una città meravigliosa, il Salento è terra generosa di stimoli artistici e semi culturali che noi cerchiamo di far germogliare con la cura e l’amore dell’antico contadino meridionale.

Leggo oggi su un quotidiano regionale di questa notizia e ne gioisco con voi:

“Un nuovo e importante passo per il festival del cinema europeo di Lecce. La prossima edizione, dal 13 al 18 aprile, sarà dedicata a Carlo Verdone. Sarà lo stesso regista e attore a scegliere i suoi film da far rivedere al pubblico nella sezione monografica, con una mostra fotografica e un volume di Enrico Magrelli. Verdone, poi, insieme ai fratelli Luca e Silvia, annuncia anche l´istituzione di un premio dedicato al padre Mario, da consegnare a un autore che si è distinto nel cinema italiano. Molto felice Verdone che dichiara: “Ho accettato con molto entusiasmo l´invito di Alberto La Monica. Essere stato preceduto da colleghi autorevoli, mi rende orgoglioso di partecipare a una rassegna che anno dopo anno punta con rigore e serietà, non solo a un approfondito confronto tra autore e pubblico, ma anche a tener sempre viva la memoria storica del cinema italiano e non solo”. Ed è stato proprio lui con i suoi fratelli a chiedere l´istituzione di un premio permanente dedicato allo studioso di Storia e Critica del Cinema, Mario Verdone. “Nostro padre è sempre stato molto attento nella scoperta di artisti di talento”. Il direttore La Monica ricorda, infine, la sua passione per il cinema di Verdone “autore di grande sensibilità e straordinaria ironia”.

Fonte: La Repubblica – 23.12.2009

 

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13/12/2009

Il Messaggero.

Dopo Ciak, la più popolare rivista di cinema distribuita in Italia che ci dedica un servizio intero dal titolo “Pugliawood”, ecco anche il famoso quotidiano romano che intervista il presidente Iarussi e racconta le ragioni di un successo che non è nostro personale; è di una intera regione e delle sue genti.

di LEONARDO JATTARELLI
La regione più orientale d’Italia batte nel cuore dell’immaginario collettivo. Il Tavoliere, la Pianura salentina, le Murge, la punta del Gargano, interno ed esterno “geografici” come interno/giorno ed esterno/notte di una sceneggiatura, sorta di “punti cardinali” che dettano le regole del movimento di una macchina da presa. Il matrimonio tra il cinema e la Puglia è storia recente ma arricchitasi in brevissimo tempo di quell’amore che s’addice soltanto alle grandi passioni. E se si prova a disegnare idealmente una mappatura delle sue storie cinematografiche spalmate sul territorio, la caratteristica più evidente che balza agli occhi è l’elemento del contrasto: che si parli del cinema di Winspeare o di Rubini, dei film di Piva o di Vicari, di Barletti o del fenomeno comico di Checco Zalone ma anche del docu-cinema interiore di Pippo Mezzapesa, la Puglia con i suoi paesaggi aspri e allo stesso tempo solari, con la sua musica antica e struggente funge quasi da elemento dissonante con i ritagli cinematografici di vite disperate, di periferie urbane degradate e malavitose, di ritorni alle origini illuminanti ma dolorosi. Forse il cinema ha scelto questo terreno così fertile di luci ed ombre anche per questo.

In una manciata di anni, la “regionalità” del nostro cinema che ha caratterizzato gli ’80 e soprattutto i ’90 è stata quasi risucchiata, divorata dall’unicità dei confini pugliesi che non si identificano neppure in una “maschera”; da La Stazione a La Terra, da Tutto l’amore che c’è fino all’ultimo L’uomo nero di Rubini per passare a Galantuomini, Sangue vivo, Il passato è una terra straniera di Winspeare fino a Lacapagira e Mio cognato di Alessandro Piva, Focaccia Blues di Nico Cirasola, Fine pena mai di Davide Barletti e Lorenzo Conte, il docu-cinema di Mezzapesa col suo Pinuccio Lovero-Sogno di una morte di mezza estate e i recentissimi Mine vaganti di Ozpetek, Noi credevamo di Martone, Luglio ’80 di Massimo Natale, Cado dalle nubi di Zalone solo per citare alcuni titoli, la Puglia diventa sfondo per drammi, amori, sorrisi, sangue e speranza, immigrazione e voglia di evasione, precarietà esistenziale.

Gli “script”, quasi nella loro interezza, sembrano usciti dai romanzi del magistrato e scrittore barese Gianrico Carofiglio, creatore del personaggio dell’avvocato Guerrieri e autore di quel Il passato è una terra straniera da cui è stato tratto il film di Vicari. In questi film si raccontano amori contrastati, quello tra un magistrato e una donna a capo di un gruppo di fuorilegge; la difficile convivenza tra due fratelli salentini, l’uno fruttivendolo ambulante, l’altro contrabbandiere di sigarette e suonatore di pizzica; l’amicizia che diverrà scivolo verso l’inferno tra due giovani di diversa estrazione sociale in una Bari popolata da personaggi ambigui e pericolosi fino ad una storia dal sapore diverso, quasi paradossale: la grande multinazionale McDonald’s che, ad Altamura, viene sconfitta dalla cucina pugliese.

“Il sapore è quello della mescolanza, dell’ibrido senza alcuna traccia di campanilismo” afferma Oscar Iarussi, presidente dell’”Apulia Film Commission” che da anni offre un grande sostegno alle opere cinematografiche che montano set sul territorio: “Le richieste che ci arrivano sono molte. Se pensiamo che dal ’35 al ’95 in Puglia sono stati girati in totale soltanto 30 film, recentemente la crescita è stata esponenziale; 40 opere dal ’96 al 2001, 41 tra il 2007 e il 2008 con un nostro sostegno pari a 721.200 euro e 40 quest’anno (1.090 mila euro la cifra erogata) tra lungometraggi, corti e prodotti tv”. Qual è il segreto di tanto successo? “Il cambiamento è avvenuto dopo gli anni ’90: si è passati da un’immagine di regione marginale dal fascino esotico a ciò che oggi è una vera e propria terra d’approdo dell’Occidente. Il fenomeno dell’immigrazione è il fulcro della mutazione che si riflette nella cultura pugliese e ne rafforza la capacità attrattiva”.

E in arrivo ci sono grandi novità: “Dal 23 al 30 gennaio a Bari daremo vita insieme a Regione, Comune e Università di Bari alla prima edizione del “Bif&st”, festival cinematografico con film nazionali ed europei diretto da Felice Laudadio. A metà gennaio inaugureremo il Cineporto di Bari e quello di Lecce e infine c’è il progetto sale cinematografiche: tre milioni di euro che stanzieremo in due anni conclude Iarussi per mettere a disposizione degli esercenti 20 nuove sale con il nostro marchio da aprire soprattutto nei piccoli paesi. Una sorta di nuovi cinema paradiso”.

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13/12/2009

Da discutere.

Ci sarebbe da discutere per ore, di questo articolo stimolante che pubblica il portale “L’occidentale” a proposito del nuovo film di Sergio Rubini e che posto di seguito alla mia nota.

Io per me dico solo che l’Apulia Film Commission non sceglie i film da attrarre e sostenere, ma potenzialmente li invoglia tutti a venire in Puglia per accoglierli e sviluppare una industria ed una estetica dell’audiovisivo.
Quanto all’ethos, invece, bé nessuno di noi spera di avere tanto potere sugli sceneggiatori, al punto da orientarne gli esiti.

Le film commission non producono, ma aiutano la produzione filmica a trovare un letto comodo ove far scorrere il fiume creativo della composizione complessa che si chiama cinema.

Ad ogni modo mi sembra, quello di Ferrero un punto di vista forte, che merita di esser letto.

***

“Abbiamo visto “L’uomo nero”, il nuovo film di Sergio Rubini, sceneggiatori Domenico Starnone e Carla Cavalluzzi, interpreti, tra gli altri, Riccardo Scamarcio e Valeria Golino. Non staremo a riassumere la trama o altri elementi del film, lasciando agli spettatori un giudizio su com’è scritto (non male),  girato (molto bene) e interpretato (sufficientemente).  Quello che c’interessa approfondire è un altro discorso, che riguarda la Puglia, il Mezzogiorno, e il revival identitario che stiamo vivendo negli ultimi anni. Fino a 15/20 anni fa di Bari e provincia non si parlava quasi mai; il Sud era Napoli, se proprio si doveva raccontarlo in qualche modo. Poi c’è stato un piccolo boom di film (Piva, lo stesso Rubini), gruppi e band musicali (Caparezza, i Negramaro), autori e narratori (Nicola Lagioia), che hanno rilanciato l’immagine della Puglia – anche grazie a operazioni politicamente mirate come la “Notte della Taranta”.

Sergio Rubini è stato bravo a raccontare questa emigrazione di giovani cervelli i quali, abbandonato il luogo dove sono nati perché gli stava troppo stretto, ci ritornano da grandi, scoprendo le proprie origini contadine e piccolo-borghesi, la famiglia e il dialetto, in una poetica senz’altro personale quanto originale (si veda “La Terra”). Creare una memoria individuale e collettiva è un intento senza dubbio nobile, ma non scevro da implicazioni politico-ideologiche. “L’uomo nero”, in questo senso, scade in quella che potremmo chiamare “invenzione della tradizione”. Un revival piuttosto facile del come eravamo in cui l’identità reale di un luogo, il Mezzogiorno d’Italia, viene sostituita con immagini olografiche e tutto sommato “vintage” (che non è un’offesa, solo una constatazione). Il passato diventa un macigno divertente e spassoso, ci mancherebbe, ma probabilmente lontano dalla Storia.

Dicevamo delle implicazioni politico-ideologiche. Dietro il film di Rubini aleggia la vendoliana “Apulia Film Commission” che, con la sua programmazione culturale, se da una parte si distingue per un virtuoso pragmatismo (ha svecchiato il cinema pugliese, salvandone i pilastri come Mariolina De Fano e creando nuovi divi alla Scamarcio), dall’altra rischia di produrre semplici operazioni di marketing culturale, omologante e nostalgico. Il Sud arretrato e romantico, pigro ipocrita e a volte squallido, un po’ folle un po’ represso, esotico pittoresco e ricco di tradizioni popolari. Il Sud dei Venusio e dei Pezzetti, dei critici stitici che si contendono dieci righe sulla Gazzetta del Mezzogiorno (Rubini ci tiene a precisare che lui la rispetta, la critica). Un Sud, in fin dei conti, leggermente stereotipato.”

di Berardino Ferrero
13 Dicembre 2009

Fonte: L’Occidentale

 

 

 

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04/12/2009

Sono contento.

Sono contento per i colleghi della Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari, se la Turandot con regia di De Simone sarà un grande successo.
Sono contento se tanti cittadini partecipano al Levante film festival di Bari.
Sono contento se a Foggia ha successo il festival del cinema indipendente.
Sono contento se Ozpetek gira a Lecce e se i suoi amministratori e cittadini ne gioiscono.
Sono contento di aver trascorso del tempo con Nico Cirasola negli Stati Uniti e di vedere un nostro autore conquistarsi spazio, visibilità, pubblico.
Sono contento se qualcuno che non conosco o non è mio amico, ma semplicemente una brava persona, viene eletto, nominato, scelto per un qualche incarico.
Sono contento se un lavoratore ritrova il lavoro perso.
Sono contento se al supermercato il migrante che mi aiuta a svuotare il carrello mi sorride se gli do una mancia.
Sono contento se la Puglia cresce, se i suoi talenti crescono, se ciascuno, facendo il proprio mestiere, aiuta gli altri a svilupparsi.
Sono contento di vedere le persone contente quando vedono i film da noi sostenuti, i titoli sui giornali così lusinghieri, la stima che ci circonda.
Sono contento di sapere che qualcuno è sempre lì, col dito puntato e pronto, a giudicare e ad aspettarti scivolare sulle difficoltà.
Sono contento perché non me ne frega niente e, per me, parlano solo i risultati.

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02/12/2009

Altri record.

Nel mese di ottobre 2009 il portale apuliafilmcommission.it ha totalizzato il suo record di sempre di contatti unici: si sono collegati al nostro sito 12.020 persone in 31 giorni per un totale di 16.062 visite.

Un dato impressionante, considerato che non generiamo contenuti audiovisivi sul nostro portale, ma solo informazioni ufficiali e news sul settore dell’audiovisivo pugliese.

Ma 12mila persone sono un paese intero che ci segue, e questi sono numeri veri e pesanti che dicono di un bisogno di informazione che sgorghi dalla fonte limpida di chi spende ogni ora della propria vita al servizio della propria terra e del futuro del suo sviluppo.

 

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02/12/2009

Dibattito sulle sale.

Antonio Autieri, intelligente e preparato direttore della rivista di settore, Box office, posta un blog-editoriale che mi sembra utile mettere qui a disposizione di tutti.

La Puglia sta provando a dare una risposta reale, concreta, forte, chiara al tema che pone il direttore. Sono certo tra qualche mese saremo anche in grado di dimostrare la funzionalità della nostra idea di un circuito di sale cinematografiche di qualità.

“La giornata Anec dell’11 novembre, dedicata ai problemi delle sale di città, è stata complessivamente deludente. Si sperava in un momento propositivo e operativo, o quanto meno in un’occasione per mettere con le spalle al muro le varie categorie – distributori, produttori, enti locali, gli stessi esercenti, ma anche gli autori – con le loro responabilità, ma la realtà è stata diversa. Nella migliore delle ipotesi si è trattato di un’esatta fotografia di un male, ma una fotografia che ormai conosciamo bene: che senso ha, in un convegno per addetti ai lavori, ripetersi per ore cose già note? Se gli enti locali sono forse il punto decisivo su cui lavorare (per ottenere incentivi, sostegni anticrisi, finanziamenti per digitale e ristrutturazioni, convenzioni, riduzioni o esenzioni su tasse, utenze e costi vari), perché far intervenire chi fa già – pochi casi virtuosi – e non incalzare gli altri (cosa non difficile per l’Agis, che ha il polso della situazione nelle varie regioni)? Magari confrontandosi con i problemi reali e tralasciando le solite considerazioni sul valore culturale e sociale (su cui tutti concordano) che non sistemano i conti. E che non rendono giustizia all’importanza economica di queste sale.
I produttori erano rappresentati al meglio da Riccardo Tozzi e Angelo Barbagallo, che portano avanti ipotesi “strutturali” interessanti. Manca però la riflessione e il confronto sui film tra produttori e autori da una parte ed esercizio dall’altra. È vero, nell’ultimo decennio nuovi produttori hanno ricostituito il rapporto con il pubblico. Però nell’ultimo anno e mezzo le cose sono andate molto meno bene: non è il caso di capire cosa funziona e cosa no (film, storie, registi, attori) nei cinema vocati al prodotto italiano?
Ma qui ci interessa rivolgerci soprattutto a esercenti e distributori. Questi ultimi continuano a sembrare poco attenti al problema, e se preoccupati (soprattutto chi lavora ancora molto con le sale tradizionali dove alcuni film “di qualità” fanno anche l’80%) non propongono alcuna ipotesi operativa. All’incontro romano erano pochi – e pochissimi sono rimasti fino alla fine – e nessuno di loro ha preso la parola: colpa loro o dell’organizzazione? L’Anec, invece, per mesi ha promesso che da questa giornata sarebbe uscito un pacchetto di proposte, richieste, ipotesi di soluzioni. Quelle sentite erano riflessioni interessanti e acute, ma anche un po’ accademiche. Non era quello di cui si sentiva il bisogno se il problema è drammatico come lo si descrive (e lo è).
Non solo: il tono generale e il messaggio consegnato ai media è stato come sempre poco incisivo e “sconfittista”, a cominciare dall’iniziale servizio del Tg2 mostrato in video. Nostalgico sul passato di questi cinema, funereo sul loro presente. È vero, hanno chiuso centinaia di cinema – ed è un dolore, nonché un problema che ci angoscia, soprattutto pensando a chi ci lavorava – ma tanti altri cinema continuano a lavorare con esercenti che si battono come leoni: perché disegnare un quadro così fosco di un settore che comunque tiene, pur in un momento di crisi? Perché far aleggiare ancora una volta che il problema sono i multiplex, i quali rispondono a precise esigenze di una parte consistente di pubblico e che hanno invece frenato l’emorragia di schermi (anzi aumentati) e di presenze? Perché l’esercizio non si mette in discussione nelle modalità con cui si rapporta al pubblico? L’unico che l’ha fatto – guarda caso, nuovo del settore: Valter Casini di Circuito Cinema – ha irritato parecchi presenti… Non ci nascondiamo i problemi che ha l’associazione, a cominciare dal presidente Protti (che già ha le sue gatte da pelare nel far digerire l’ingresso di Anem a chi si mette di traverso). E sappiamo che dietro le quinte si lavora – come abbiamo scritto nell’ultimo editoriale – per portare a casa risultati concreti. Ma promettere prima del tempo (che fine ha fatto la task force che doveva lavorare sul tema delle sale cittadine? Quali esiti ha avuto il suo lavoro?) e comunicare male (perché enfatizzare le attese su questa giornata, per poi fare un convegno frettoloso come tanti altri?) diventa un boomerang. Meglio allora lavorare a fari spenti, e parlare solo quando si aprirà la stagione degli annunci reali.”

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01/12/2009

Tutti zitti, che parlino i fatti.

Uno dei principali critici cinematografici italiani, Maurizio Porro scrive sul Corriere della Sera di oggi, a pagina 51 quanto segue:

“Il successo del barese Zalone, oltre agli auguri di Ficarra e Picone, testimonia anche del momento di gloria che sta attraversando il cinema “made in Puglia” con una laboriosa Apulia Film Commission: ha finito di girare il nuovo film Ozpetek e venerdì uscirà in 200 sale L’uomo nero diretto da Sergio Rubini.”

Non ho bisogno di commentare.
Piedi a terra e pedalare, questo invece il nostro solo motto.

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01/12/2009

Arriva “L’uomo nero”

Mentre ancora festeggiamo il successo straripante al botteghino di “Cado dalle nubi” e ne godiamo con Gennaro Nunziante e Checco Zalone, ecco che – venerdì prossimo 4 dicembre – arriva in circa duecento sale italiane il nuovo film di Sergio Rubini, “L’uomo nero”, interamente girato in Puglia tra San Vito dei Normanni, Mesagne e dintorni.

La sceneggiatura ci aveva colpito moltissimo per i livelli di lettura ed il lavoro sulla memoria; le riprese ci avevano rapito per la splendida composizione formale ed ora, qui in film commission non vediamo l’ora di goderne al cinema.

Intanto ci intratteniamo leggendo la critica di Paolo Mereghetti apparsa oggi sul Corriere della sera, che soddisfazione.

A Sergio, a tutto il cast, alle maestranze che vi hanno lavorato, agli amministratori coinvolti, ai territori partecipi in produzione, alla produttrice e a noi tutti di apulia film commission l’augurio di continuare così.
Que viva el cinema!

 

Il passo giusto della commedia

di PAOLO MEREGHETTI

Non è la prima volta che Rubini torna agli anni dell’infanzia per il soggetto di un suo film né che rievoca la figura del padre ferroviere. Ma mai con la precisione di quest’ultimo lavoro: persino i quadri che si vedono alle parete che il padre del film dipinge, sono quelli dipinti dal padre reale.

Come se dopo tanto “girare intorno” alla figura paterna, volesse farci i conti definitivamente, pur rivelando — nella scelta di interpretarlo lui stesso — un legame che rasenta l’”identificazione”.

Eppure, qualche conto in sospeso Rubini lo vuole risolvere, a cominciare da quello con la critica o comunque con i pregiudizi di coloro che, come il professor Venusio e l’avvocato Pezzetti, non sanno vedere nelle persone le loro vere e autentiche qualità. Un “errore” in cui incorre anche il piccolo protagonista del film, il figlio del capostazione-pittore, che a volte scambia le sfuriate del padre per mancanza di affetto (e i rimbrotti della madre per ingiustizie), e non capisce invece che sono caso mai la dimostrazione di un “eccesso” di affetto. Ecco, la qualità principale di questo film, capace di trasmettere alla storia un’aria di soffusa malinconia pur nel suo simpatico ritmo da commedia (l’episodio con la vedova Pavone è un gioiellino), è proprio il bisogno di far uscire allo scoperto l’umanità e la dolcezza dei due genitori senza però trasformarli mai in due “eroi”, anche solo di una commedia.

La storia del film non riserverà loro l’occasione di una eclatante rivincita sulla piccineria dei concittadini, e forse il piccolo Gabriele (e ai tempi il piccolo Rubini) ne soffrirà, ma come confessa il fantasma del padre al figlio venuto a seppellirlo, le “rivincite” sono poca cosa. L’importante è la coscienza di essere nel giusto. E questa volta Rubini dà proprio l’impressione di averlo raggiunto, quel “giusto”.

 

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30/11/2009

Bondi.

“In una lunga lettera a ‘Il Giornale’ di domenica, il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi chiarisce la sua idea di politica e di sostegno al cinema: “Lo Stato italiano continuerà a finanziare la produzione dei film italiani”. Bondi si sofferma sul reintegro del Fus con i 60 milioni stanziati in estate; sulle polemiche del mondo dello spettacolo dopo la sua lettera al ‘Foglio’ successiva alla Giornata dello Spettacolo che si è tenuta al Quirinale; sull’introduzione del tax credit e del tax shelter: “In questi anni il modello di finanziamento del cinema ha costretto praticamente registi e produttori al servaggio, di qualsiasi colore fosse il governo in carica. Per questo motivo ho introdotto un sistema che possa condurre dal finanziamento diretto, che dà potere alla politica di influenzare il cinema, a quello indiretto, che rende libero il settore”. Bondi si impegna a prorogare la validità del tax credit e del tax shelter di cui “chiederò copertura finanziaria anche per il 2011 e che mi sforzerò di rendere definitivo”. Sul finanziamento ai film Bondi specifica: “La mia proposta è di lasciare il finanziamento diretto solo per le opere prime e seconde, ovvero quelle dei giovani, così da creare le condizioni per rilanciare il cinema come accadde negli anni 60″. Oltre al finanziamento diretto e a quello indiretto Bondi specifica “che resta valido il contributo sul biglietto che lo Stato riconosce come quota da reinvestire nel settore”.

Fonte: E-duesse