Diario
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24/08/2009

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Torno a casa, torno alla film commission.
Dieci giorni di ferie posson bastare, se hai cinque film in preparazione e una serie tv lunga, impegnativa e decisiva. Due cineporti da completare. E se insieme devi far partire progetti per milioni di euro sul Por pugliese, oltre a portare tre progetti a Venezia (Honeymoons di Goran Paskaljevic, Il Grande sogno di Placido, Uerra di Paolo Sassanelli). Ma di questi progetti parlerò a breve, spero e a lungo…

Pensieri di questi giorni di ferie? Moltissimi, in verità.
Due ne segnalo.

La Puglia piace. Piace la ospitalità della sua gente, piace il suo clima culturale, piace il ‘mood’. Ed è la prima volta che ne ho una percezione chiara, avendo incontrato, nell’epicentro della Valle d’Itria dove ho passato le mie vacanze, tanti turismi possibili con la medesima predisposizione alla scoperta di una terra ancora vergine. Qui dentro è la chiave del successo, non dobbiamo mai dimenticarlo.

Due. Il cinema, inteso come esercizio, è in crisi verticale. Noi dobbiamo fermarla, con progetti innovativi, buona volontà e finanziamenti mirati. Questa è l’altra sfida. Per farlo occorre molta intelligenza e, soprattutto, una visione alta, forte, nuova: occorre, cioè, una strategia che in Italia manca del tutto.

Segnalo, come contributo all’analisi, due articoli usciti in questi giorni. Ne riparlerò.

Buona ripresa a tutti.

“Se l´isola reale vive il suo agosto peggiore, la Capri televisiva della fiction non se la passa meglio. Il set volta le spalle alla Campania. È guerra con la Regione. E il marchio sulla serie rischia di evocare un fantasma. Nello slang napoletano, un “pezzotto”.

Una guerra via via più aspra tra la Regione e la produzione di Angelo Rizzoli. Poi i decreti ingiuntivi per un contributo di 650 mila euro che da Palazzo Santa Lucia non è mai arrivato nelle casse del commendatore Angelo Rizzoli, ormai “stanco di queste prese in giro, perché sono convinto che quei soldi non c´erano più a disposizione per noi”.

Mentre, dalla Regione, si continua ad obiettare che “è stata invece la produzione a non esibire mai la corretta rendicontazione delle spese, ma le regole valgono per tutti”. Infine, l´austerity che ha spinto a tagliare su trasferte e voli verso la Campania. E insomma per questi ed altri motivi “Capri 3″ dice ciao non solo a Capri, ma alla costiera e al mare che corre al di sotto di Ostia.

Per quanto a malincuore, produzione e Raifiction non hanno fatto nulla per nasconderlo. La terza serie di successo in lavorazione in questi giorni a Cinecittà – con un cast quasi completamente rinnovato dopo il forfait della coppia Gabriella Pession-Sergio Assisi; Isa Danieli che scompare dopo la prima puntata, la stella emergente di Bianca Guaccero che ne diventa protagonista, come new entry lo stile di Lucia Bosé e la verve di Lando Buzzanca -, il prodotto che due anni fa superò l´originario obiettivo del 26 per cento di share, farà a meno del territorio di cui porta il nome. E non solo.

I set e le trasferte di attori, maestranze, scenografi, costumisti e comparse, hanno voltato le spalle non solo ai Faraglioni e a Marina Piccola, ma anche ad altri scenari suggestivi delle coste campane che pure, nell´immaginario del pubblico, avevano contribuito alla qualità artigianale del prodotto. La famosa “Villa Isabella” della fiction nella realtà era il palazzo nobiliare di Villa Guariglia a Raito, paesino della costiera amalfitana sul promontorio di Vietri sul Mare. Si girava a Punta Carena come a Tramonti. Luoghi ed atmosfere che, oggi, saranno “ricreati” altrove.

Confessa la regista Francesca Marra, che è tornata al ponte di comando dopo aver diretto la macchina da presa nella seconda unità della prima serie: “I nostri scenografi hanno fatto miracoli, hanno realizzato il palazzo di Raito davvero come nell´originale, tutto nei teatri di posa. Come pavimenti, abbiamo dovuto usare le originali e celebri maioliche di Vietri. Quando siamo entrati lì dentro, è stato quasi commovente…”.

Certo, aggiunge la Marra, “toccherà a noi fare qualche salto mortale, e poi si sa il cinema è così. Facciamo un campo a Piazza del Popolo e il controcampo è a Berlino. Il brutto, piuttosto, è che nessuno ti potrà mai dare la luce interiore e l´atmosfera che offre vivere e respirare quel luogo. È vero anche che alcuni esterni, per motivi di budget, dovremo girarli non in costiera ma a Sperlonga, a Gaeta, a Santa Marinella. Sì, per evitare le trasferte fuori del Lazio. Si tratta naturalmente di decisioni che passano sulla nostra testa, che vanno rispettate. E comunque torneremo giù per alcune riprese, di certo. Noi ce la mettiamo tutta perché il prodotto piaccia e trasmetta la passione che ci infondiamo”.

Marra ricorda: “Fin quando ho lavorato io su “Capri”, ricordo la magnifica disponibilità che la Regione Campania e la vostra Film Commission hanno mostrato a tutti i professionisti e i lavoratori coinvolti in questo progetto. Questo posso testimoniarlo perché abbiamo sempre avuto una mano sul territorio, e abbiamo lavorato con grande entusiasmo”.

La polemica non investe, ovviamente, la questione di fedeltà ai luoghi, anche perché il dna di tanti capolavori del cinema è fatto di abili, scontate, persino vistose truffe geografiche. Il tema, piuttosto, è un altro: calano introiti, finisce un complesso indotto. E un altro piccolo pezzo di industria televisiva emigra verso nord, lì dove qualcuno vorrebbe si parlasse sempre meno il romano di Cinecittà (figurarsi il napoletano di Capri e Raito).”

E poi sulla crisi delle sale, da La Stampa di Torino…

EMANUELA MINUCCI
torino

Ciak si chiude. No, non è la solita frase ad effetto, pronunciata magari per far accorrere nelle sale qualche spettatore in più, ansioso di non perdersi l’ultimo spettacolo sul maxischermo. “Qui se non troviamo nuovi fondi a sostegno dei cinema, si va verso la progressiva chiusura: il calo dei biglietti staccati, più le spese indispensabili per passare al digitale (costo: 100 mila euro a impianto, ndr), suonano come campane a morto per le nostre insegne luminose”.

Chi parla è Gaetano Renda, presidente di Arthouse, la neonata associazione di gestori di cinema che a Torino e provincia conta circa 22 sale. Renda approfitta della pausa estiva per fare un appello agli enti locali alla luce del fatto che a metà luglio, per fare solo un esempio nazionale, ha chiuso il cinema President di Milano, il più importante cinema d’Essai della città meneghina da oltre trent’anni: “Giunti a questo punto è necessario un intervento pubblico di Regione, Provincia e Comune, per salvaguardare il patrimonio economico e sociale rappresentato dalle sale cinematografiche”. Incalza: “Abbiamo pronto un progetto che ha come modello Filmcommission, da sottoporre alle istituzioni competenti: si tratta di un nuovo soggetto a difesa e rilancio dell’esercizio tradizionale. Si potrebbe chiamare “Cinema Commission” e dovrebbe essere finanziato dalle istituzioni pubbliche come già accade in Lazio, la cui Regione stanzia 50 milioni di euro per il settore audiovisivo, ritenuto strategico per l’economia tutta: una parte di questi fondi sono destinati al rinnovamento tecnologico delle sale, l’altra a un più generico sostegno dell’attività”.

Secondo Renda, ma anche secondo Luigi Boggio, vicepresidente dell’Agis (l’organizzazione storica di categoria che conta oltre 100 cinema sul territorio di Torino e provincia) anche in Piemonte bisogna andare nella stessa direzione. L’Agis, inoltre, come spiega il presidente Evelina Christillin, ha già avviato contatti con la Regione per ottenere finanziamenti e gestire – magari grazie all’appoggio di nuove strutture come il Cineporto – il delicato passaggio al digitale e comunque il rinnovo tecnologico delle sale. Il progetto di Renda, inoltre, chiede soprattutto che questi benedetti fondi “a sostegno dell’economia delle insegne illuminate” tengano conto della grande ricaduta economica che i cinema hanno sul territorio. “I bar, i ristoranti, i negozi – prosegue il numero uno di Arthouse – chiuderebbero rapidamente se sparissero le sale cinematografiche: un elemento di grande aiuto alla collettività anche in termini di sicurezza e di aggregazione”. Aggiunge: “Perché siamo le uniche strutture ad offrire, a poco prezzo, cultura quotidiana a tutte le fasce sociali comprese quelle più deboli”.

L’associazione Arthouse, dunque, si presenterà a settembre all’incontro con gli enti locali con un appello che è anche un monito: “Se non ci si occuperà in modo deciso, e con consistenti investimenti, delle sale cinematografiche, nel volgere di poco morirà anche la produzione cinematografica e quindi scompariranno anche le Film Commission”. In effetti, e questo è un dato di fatto, anche i produttori, per la prima volta in tantissimi anni, hanno chiesto alle istituzioni un aiuto economico. E quello stesso aiuto per le sale cinematografiche potrebbe essere la famosa “Cinema Commission” per la cui realizzazione è necessaria “una forte azione comune delle imprese, delle associazioni di categoria e di tutte le istituzioni cinematografiche di concerto con quelle pubbliche”.

Siamo in piena fase “di transizione”, il cinema sta passando piano piano dall’analogico al digitale, passaggio che si completerà solo quando anche gli esercenti di tutti i cinema utilizzeranno per proiettare film HD macchine digitali (ovviamente si parla di grande distribuzione commerciale, di piccoli monosala). I vantaggi del digitale sono diversi: l’affitto delle copie è molto meno costoso, il supporto digitale non si usura come quello analogico.

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31/07/2009

Venezia

Quando lavoravo a Roma, in Fandango aspettavamo con l’ansia del primo giorno di scuola l’annuncio dei film veneziani. Certo, sapevamo sempre qualche settimana prima della conferenza stampa ufficiale se il ‘nostro’ film fosse o meno stato preso in una delle sezioni.

Andare ad un festival, per la sua produzione (e la distribuzione, ca va sans dire), è di capitale importanza perché consente di lanciare al meglio il film, testandolo dinanzi ad un pubblico vero ed esigente.
Venezia, peraltro, è assai rischiosa per i film italiani, perché il suo pubblico è composto da cinefili incalliti e critici severi.

Ora che dirigo una film commission e che portiamo ben due film direttamente sostenuti da noi e un autore pugliese di pregio alla prova del fuoco (Cosimo Damiano Damato), provo ancora nuove emozioni.

Honeymoon in particolare mi dà un gusto davvero intenso. Siamo coproduttori di quel film, in senso tecnico. L’ho costruito io, personalmente, il rapporto con Goran Paskaljevic: dapprima conoscendo oltre un anno e mezzo fa i suoi coproduttori albanesi in una spedizione di cooperazione culturale trasfrontaliera organizzata dall’assessore regionale ala cultura e al mediterraneo, Silvia Godelli. Poi ritrovandoli a Cannes 2008, in una cena il primo giorno e frequentandoli assiduamente per tutto il periodo di permanenza al festival. Poi discutendo direttamente con Goran, di cui mi onoro di esser diventato amico per la fiducia reciproca che si è costruita tra noi. L’ho incontrato ancora una volta a metà riprese a Tirana, dove mi ha fatto vedere la prima metà del film.

Li abbiamo ospitati per una settimana in Puglia. Dopo svariati sopralluoghi hanno scelto Brindisi per le riprese in esterni dell’arrivo nel porto della nave con i migranti balcanici…

Insomma per me, per tutti noi, questo film alle Giornate degli autori è una bellissima conferma che stiamo facendo bene il nostro mestiere. E Dio solo sa quanto io sia felice di poterlo gridare.

Evviva il cinema.

 

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30/07/2009

Alcuni dati.

CINEMA: MERCATO TIENE, FILM ITALIANI IN CALO
ROMA – Nonostante la recessione, gli italiani vanno al cinema e il numero di spettatori tiene. Purtroppo per la nostra produzione, però, il pubblico preferisce i blockbuster americani.

I film italiani sono i più penalizzati dalla crisi, tanto che perdono rispetto alla scorsa stagione quasi un terzo degli incassi al botteghino. Questa è la sintesi contenuta nello Speciale Box Office, il dossier pubblicato dal mensile Ciak, nel nuovo numero in edicola questa settimana. La conferma di un mercato sostanzialmente stabile viene dai dati: dal 1 agosto 2008 al 30 giugno 2009, nelle sale monitorate da Cinetel, che controlla circa il 90% del mercato, si sono staccati 95.2 milioni di biglietti (lo scorso anno erano stati 96,1). Si registra un lieve incremento per ciò che riguarda gli incassi in conseguenza dell’aumento del prezzo del biglietto per le proiezioni in 3D: da 573 a 581 milioni di euro. Ma a preoccupare sono i dati della produzione nazionale.

Da una stagione all’altra, il cinema italiano ha perso quasi un terzo dei propri spettatori: quest’anno si sono registrati 23.7 milioni di spettatori, pari al 24.5% del mercato, mentre nella stagione 2007-2008 si erano staccati 32,6 milioni di biglietti, pari al 33.9% del mercato. A fronte delle perdite del cinema italiano, a riequilibrare i bilanci stagionali, è intervenuto il cinema made in Usa, che ha guadagnato quasi 7 milioni di spettatori rispetto all’anno scorso, attestandosi su una quota di mercato del 63.4%, quasi otto punti percentuali in più rispetto al 2007/08. Il primo in classifica è stato Madagascar 2 con oltre 25 milioni di euro di incassi. Analizzando la crisi del cinema italiano si nota come il fenomeno non ha risparmiato quasi nessuno. E’ il caso di Aldo, Giovanni e Giacomo che con Il cosmo sul comò si sono fermati a 13 milioni di euro, contro i 16.8 del loro precedente film natalizio Tu la conosci Claudia?. Così come Giovanni Veronesi é passato dai 19 milioni di euro di Manuale d’amore 2, ai 12 milioni di Italians. Massimo Boldi con La fidanzata di papà quest’anno ha rastrellato 7,1 milioni di euro; la scorsa stagione con Matrimonio alle Bahamas aveva sfiorato la soglia dei 10 milioni. Vincenzo Salemme è sceso dai 5.2 milioni di SMS-Sotto mentite spoglie ai 3.8 di No Problem.

Nel genere comico si sono salvati solo il cinepanettone De Laurentiis, e il duo Ficarra & Picone che, con La matassa, 7.5 milioni di euro, hanno quasi replicato l’incasso di Il 7 e l’8. Negativi sono anche i numeri del cinema italiano d’autore. Lo scorso anno nella top cento della stagione, con Gomorra capace di raggiungere i 10 milioni di euro, piazzandosi al decimo posto assoluto, c’erano altri nove titoli di questo genere, il cui incasso complessivo ammontava a circa 39 milioni di euro. Anche quest’anno nella top cento stagionale si contano ancora dieci film italiani di questo genere, ma il primo in classifica, Come Dio comanda, che ha rastrellato 3.4 milioni di euro, è solo al 46/o posto e l’incasso complessivo di questi dieci titoli somma 22.5 milioni di euro. Infine è praticamente sparito il genere giovanilistico. I film di questo tipo usciti fra agosto 2008 e giugno 2009 si sono rivelati quasi tutti dei flop: Albakiara, Iago, Un gioco da ragazze ed anche Questo piccolo grande amore hanno ottenuto un risultato inferiore alle previsioni.

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29/07/2009

Il rovello milanese…

Io ne ho parlato anche con Marano, quando ci siamo visti l’altro giorno”. Moratti ha spiegato che sulle produzioni lombarde “abbiamo tante idee sulle quali stiamo lavorando”.. Lo ha detto il sindaco, Letizia Moratti, lasciando il Pirellone dopo un incontro con il presidente della Regione, Roberto Formigoni, sul tema del rilancio della cinematografia lombarda, interpellata riguardo ai progetti di cui si e’ discusso nella riunione.

La fiction su Maria Callas, ha spiegato Moratti “potrebbe essere una valorizzazione della nostra Scala: e’ una fiction che si potrebbe prestare molto bene a questo, e poi c’e’ di mezzo Parigi, l’amore con Onassis… Io ne ho parlato anche con Marano, quando ci siamo visti l’altro giorno”. Moratti ha spiegato che sulle produzioni lombarde “abbiamo tante idee sulle quali stiamo lavorando”.

Moratti ha spiegato che l’incontro ha avuto come tema la Film commission. “Si insedia adesso il nuovo consiglio di amministrazione, presidente Alberto Conti, una persona che ha una grande esperienza nel settore del cinema, dello spettacolo e della televisione. Ci siamo confrontati sulle linee di rilancio della Film commission, che si inquadrano nel rilancio del cinema a Milano e in Lombardia.

La Film commission si insediera’ all’ex Manifattura Tabacchi, dove si insedieranno le nostre scuole civiche di cinema, quindi diventa un distretto del cinema. Ci siamo confrontati con il presidente su queste prime linee guida e poi avremo un incontro di nuovo a meta’ settembre, quando il presidente Conti avra’ portato in consiglio di amministrazione il piano, che e’ di promozione del cinema a Milano e in Lombardia. L’obiettivo e’ quello di rilanciare il cinema, la postproduzione, che da noi e’ forte ma non e’ valorizzata come dovrebbe essere, anche in sinergia con altre film commission di Regioni limitrofe”.

E ancora…
LOMBARDIA/CINEMA: FORMIGONI, SPORTELLO UNICO E MENO TASSE

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28/07/2009

Bambini e tv

In Puglia e in Lazio i bambini guardano più tv

Lo ha rilevato un’indagine della Swg svolta per Moige e illustrata in occasione della presentazione dell’Osservatorio Tv e minori della Regione Lazio

Con due ore di tv al giorno, 24 minuti in più della media dei loro coetanei nelle altre regioni, i bambini del Lazio si aggiudicano il secondo posto nella classifica italiana dei telespettatori più assidui. Lo ha evidenziato un’indagine della Swg, svolta per Moige e divulgata in occasione della presentazione dell’Osservatorio Tv e minori della Regione Lazio. Dallo studio, condotto su un campione di 5mila genitori con figli minori di 12 anni, è emerso che i bambini italiani dedicano mediamente alla tv un’ora e 36 minuti e allo sport 45 minuti al giorno. Nel Lazio il tempo trascorso in compagnia del piccolo schermo sale a due ore, inferiore (di poco) solo alla media pugliese. Il rapporto Consumi e minori realizzato dall’Osservatorio Teseo nell’ambito della ricerca Baby Consumers ha rilevato, invece, che i maschietti vedono la televisione più delle femminucce e che il 54,6% dei ragazzi guarda la tv soprattutto in orari serali, solo il 40% nella fascia protetta (dalle 15 alle 19) e il 5,4% prima di andare a scuola. Inoltre, solo il 20,5% dei bambini e il 16,7% dei ragazzi, durante la visione, è in compagnia anche di un adulto. Osservatorio tv e minori intende ora monitorare la programmazione televisiva della regione Lazio, grazie a un sistema informatizzato in grado di registrare fino a cinque tv locali durante la fascia protetta (16-19).
(da Televisione)

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28/07/2009

Hollywood trema?

Hollywood, il cinema non abita più qui.

Gli altri Stati fanno concorrenza alla California. E i produttori “emigrano”

LORENZO SORIA
LOS ANGELES

Tra i film che furono girati qui ci sono Via col vento, Quarto potere e Gli intoccabili. In 90 anni, i Culver Studios ne hanno viste di tutti i colori, ma da quando il game show televisivo Deal or no deal ha deciso di trasferire la produzione in Connecticut le sue sale di posa, la mensa e il garage sono virtualmente vuoti. “Per noi è stato un colpo fatale”, riconosce James Cella, presidente dello storico studio.

Anche se gli altri studio sono migrati da tempo in altre parti della città e nel rione che porta quel nome c’è ormai solo la Paramount, la parola Hollywood continua nel linguaggio comune a indicare il cinema prodotto a Los Angeles e, per estensione, in tutti gli Stati Uniti. È stato proprio per contrastare lo strapotere di Hollywood che molti Paesi, dalla Gran Bretagna alla Germania, dalla Bulgaria alla Romania passando per l’Australia, la Nuova Zelanda e il Canada, hanno messo a disposizione strutture e soprattutto incentivi fiscali per attrarre le produzioni americane e per sviluppare l’industria cinematografica locale.

Ma la vera minaccia per Hollywood si sono rivelate le offerte non di Paesi lontani, ma degli altri 30 Stati degli Usa che hanno seguito la stessa politica. La più grande concentrazione di Hmong emigrati dalla Cambogia risiede in California, ma quando Clint Eastwood ha dovuto girare Gran Torino ha scelto il Michigan. Perché? Semplice, perché per ogni dollaro speso dentro i suoi confini, lo Stato rimborsa 42 centesimi, una proposta così generosa che Anthony Wensoi, amministratore delegato del Film Office locale, ha ricevuto la settimana scorsa una richiesta d’informazioni da un produttore dell’Ucraina: “Mi ha chiamato chiedendomi se potevamo riprodurre le strade di Kiev qui in Michigan”, racconta divertito.

La Louisiana, dove l’anno scorso Brad Pitt ha girato Benjamin Button e il New Mexico, dove i fratelli Coen hanno diretto Non è un paese per vecchi e che, da quando nel 2002 ha approvato gli incentivi, ha visto arrivare 150 tra film e show televisivi, sono due degli Stati che più hanno beneficiato della fuga da Hollywood. Ma ci sono anche New York, lo Utah, l’Oregon, l’Arizona e appunto il Connecticut.

“Runaway productions”, le chiamano qui. Le produzioni che scappano, un fenomeno di fronte al quale Hollywood, nonostante alla guida della California ci sia Arnold Schwarzenegger, è rimasta inerte. Una moda passeggera, si pensava. E poi, chi può davvero competere con l’esperienza delle maestranze creative e tecniche della capitale del cinema? Ma ora anche il titolo di capitale è in discussione, perché la percentuale di film americani realizzati in California è precipitata: dal 66% del 2003 al 31 dell’anno scorso.

E se si analizza la sola Los Angeles, si passa dai 71 film del ‘96 ai 21 del 2008 agli otto di quest’anno. Passando al pianeta televisione, le cose non vanno meglio: 44 dei 103 show andati in onda quest’anno sono stati girati altrove.

La California è diventata una location come le altre. Per fermare l’emorragia, pochi mesi fa lo Stato ha varato il suo piano di sgravi, mettendo a disposizione fino a 100 milioni di dollari per le produzioni che opteranno per girare qui. Una scelta che è stata bene accolta dagli studios e anche da quel significativo indotto fatto di tecnici, costumisti, montatori, parrucchieri, cuochi, fiorai e contabili che negli ultimi anni ha visto un calo occupazionale di quasi 20 mila persone.

Con quell’ottimismo che ormai non incanta più i concittadini, Schwarzenegger ha promesso che la situazione si raddrizzerà, ma l’opinione prevalente è che le sue contromisure siano troppo scarse e arrivino troppo tardi. I magazzini della 24/7 Studio Equipment, per esempio, per anni sono rimasti vuoti perché cineprese, carrelli e gru erano sempre in giro, affittati per Iron Man o Get Smart o altri film. Lance Sorenson, presidente della società, non ha dubbi: “Faccio questo mestiere da venticinque anni – dice – e non ho mai visto una crisi così lunga”.

Anche Jack Keyser, economista capo della società che cura lo sviluppo economico della contea di Los Angeles, è molto preoccupato: “Com’è già accaduto con l’aerospaziale negli Anni Novanta – lamenta -, Los Angeles rischia di perdere una delle sue industrie simbolo”. E il mondo la sua “fabbrica dei sogni” prediletta.

Fonte: La Stampa

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27/07/2009

C’è un sud migliore.

Io non so che idea hanno gli italiani del Sud. Di tutto il Sud.
Intuisco però l’idea di Sud che ha il Governo italiano. E intuisco l’idea di Sud che ha l’opposizione italiana.
E non riesco a non soffrire, a non indignarmi e a non scrivere della mia indignazione.

Ieri, domenica 26 luglio, mentre parte del Governo era al mare o passeggiava tra i monti, io attraversavo in auto la Puglia e con il mio Presidente Iarussi ed il mio Vice Presidente De Luca facevo una riunione di strategia e aggiornavo gli amministratori della nostra Fondazione sulle prossime scadenze e le modalità di utilizzo dei fondi Fesr che ci verranno assegnati quanto prima dalla Regione Puglia. Poi alle 19.30 incontravo con loro una produttrice indipendente che sta realizzando un film in Salento.

Stamattina, sveglio come sempre alle 7, entrato nel quartiere fieristico di Bari dove ha sede l’AFC, mi sono subito recato dinanzi al Cineporto per verificare se fosse al lavoro la squadra di pittori che aveva annunciato l’inizio dei propri lavori oggi.
E ci sono! Sono lì, con il loro trabattello e le cinghie di sicurezza a dare il suo colore definitivo al nostro Cineporto, ristrutturato e in parte costruito a tempi di record: soli 10 mesi.

Attraversando il viale principale della Fiera di Bari ho dovuto fendere un gruppo di ragazzi indaffarati con auto d’epoca, cavi, luci sceniche, quinte, macchinette del caffè: è la troupe di un cortometraggio che ha richiesto un contributo alla Apulia Film Fund e che, pur senza aver ancora avuto una conferma (il nostro prossimo CdA si riunisce per decidere sul punto – e su molte altre cose – il 5 agosto, mentre più di mezza Italia sarà in vacanza a leggere sui giornali ancora delle polemiche sui fondi Fas, magari…), si sta realizzando.

Mentre scrivo, poi, almeno quattro produzioni stanno effettuando sopralluoghi per le riprese dei propri film che inizieranno a fine estate.

Mentre scrivo, a Otranto si gira “A woman” di Giada Colagrande, con Willem Defoe, Stefania Rocca, Michele Venitucci e altri; a Mesagne si gira “L’uomo nero” di Sergio Rubini con Riccardo Scamarcio, Valeria Golino, Margherita Buy ecc.; a Martina Franca, Cesare Fragnelli sta montando “Ragazzi”, il suo primo lungometraggio.

Mentre seguitano le polemiche sulle risorse del Sud, da destinare ad altro che non sia il Sud, il team dell’Apulia Film Commission inizia oggi una settimana di colloqui per selezionare il personale da assumere a progetto per la gestione delle attività di cui ai fondi Fesr, il Por della Puglia. Gestire il Fesr significa tantissime cose (e adempimenti) molto faticose, che noi ci accingiamo a svolgere in piena estate.

Ho letto personalmente tutti i 418 curricula pervenuti alla AFC per la selezione del personale che gestirà, insieme a noi, le risorse del Fesr per l’audiovisivo. Ho letto di sogni, speranze e di tanta competenza.
Mentre magari i ragazzi del nord sognano la macchina veloce e la fabbrichetta, in un quadro di profonda anomia, qui al Sud i ragazzi si laureano e sognano la costruzione di un mondo più giusto.

E io non posso non pensare che, qualunque sia l’idea di Sud che hanno le classi dirigenti di questo stramaledettissimo Paese, c’è un Sud migliore di quello che loro immaginano. E noi qui, pazientemente, quotidianamente, lo stiamo costruendo.

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14/07/2009

Che succede a Milano.

A Milano succede che il federalismo lavora anche sotto il profilo identitario locale.
Noi ci eravamo arrivati già qualche tempo fa, ma con molti meno soldi.
Inaugureremo i nostri Cineporti e avremo speso nove volte meno di loro.
Intanto, però, ecco cosa accade in Lombardia.
Fonte: ansa.it

CINEMA: NASCE POLO MILANO, CASTELLI: BASTA ROMANESCO  MILANO – Per Umberto Bossi si è avverato un sogno: avere a Milano una Cinecittà dove girare film per raccontare la storia della Padania. “Dobbiamo far conoscere la nostra storia prima alla nostra gente – ha detto all’inaugurazione della prima palazzina del Polo della cinematografia lombarda – e poi al mondo”. Molto spesso nei suoi comizi Bossi ha parlato del progetto spiegando che “finora dovevamo dare i soldi alla Cinecittà di Roma e facevano film che ci insultavano. Ora li faremo noi sulla nostra storia”.

Bossi ha evitato critiche dure ai film romani, ma il viceministro alle Infrastrutture Roberto Castelli si è scagliato contro le fiction dove tutti i protagonisti “che sia un bergamasco, che sia un altoatesino o un tedesco comunque parlano tutti in romanesco. E’ una cosa insopportabile”. “Dà fastidio – ha aggiunto -, non tanto per una questione localistica o campanilistica, ma è chiaro – precisa – che il linguaggio è parte essenziale dei personaggi”. Non sono mancate le repliche: il responsabile Ambiente del Pd, Ermete Realacci, originario del frusinate, ha augurato a Milano di rappresentare l’Italia meglio dei Cesaroni, mentre l’attore romano Flavio Insinna, protagonista di tante fiction, ha spiegato che “il problema è fare bene il proprio mestiere di attore, in dialetto o in lingua poco importa”. Bossi di questo non ha parlato. Ma ha spiegato di aver voluto la Cinecittà milanese non solo per garantire posti di lavoro: “avevo in mente di portare la cinematografia a Milano non solo per l’occupazione – ha osservato il segretario della Lega – ma per raccontare la nostra storia. Ci sono storie che Roma ha trascurato e le dobbiamo raccontare noi”.

Un primo passo, già fatto in questo senso, è il film di Renzo Martinelli sul Barbarossa che sarà proiettato in anteprima il 2 ottobre al Castello Sforzesco e sarà nelle sale dal 10 ottobre e poi in onda su Raiuno. In tutti i comizi negli ultimi tempi, anche dal palco di Pontida, il ministro ha invitato tutti a vedere la pellicola che racconta le gesta di Alberto Da Giussano. Un altro sogno è quello di raccontare la storia di Marco d’Aviano, il cappuccino che mise insieme l’esercito che fermò i turchi a Vienna salvando il Sacro Romano impero. Il film “lo faremo” ha detto arrivando al polo cinematografico insieme al sindaco Letizia Moratti e al ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Roberto Formigoni, vero padrone di casa, è arrivato poco prima e ha fatto gli onori accogliendo anche il ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi. La Regione Lombardia, infatti, ha stanziato i circa 9 milioni di euro necessari per il restauro delle due palazzine principali dell’ex manifattura Tabacchi che ospiteranno la fondazione Cineteca italiana, la Lombardia Film Commission e la fondazione Centro sperimentale di Cinematografia oltre a diverse produzioni televisive. L’area complessiva è di 80 mila metri quadrati, 16 mila dati in comodato d’uso alla Regione per 99 anni nel 2006. Allora, alla firma dell’accordo, era presente anche Silvio Berlusconi, oggi Tremonti ha ricordato quel momento e ha lanciato l’idea di un “federalismo demaniale” per sfruttare nel modo migliore l’immenso patrimonio immobiliare italiano. “Tremonti è proprio un federalista” ha scherzato Bossi che ha fatto anche uno scambio di battute con Formigoni, ‘colpevole’ di un’abbronzatura marina. “Alla Lombardia manca il mare – ha risposto scherzando Formigoni – sono andato in perlustrazione”. Anche per lui, al di là delle battute, la cittadella del cinema é un progetto essenziale. “Lanciamo il grande cinema a Milano – ha detto -. Vogliamo dare spazio a giovani registi e attori”. E’ partito oggi a Milano il primo ciak di Happy Family, film di Gabriele Salvatores prodotto da Maurizio Totti, presente oggi fra gli altri con il presidente del centro cinematografico Francesco Alberoni, il regista Martinelli e tanti operatori del settore a cui è affidata la cittadella. Uno dei primi progetti, annunciati dal sindaco Letizia Moratti, sarà la digitalizzazione di Miracolo a Milano di De Sica a cui farà seguito quella di altri capolavoro che hanno la città come protagonista.

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09/07/2009

Roma

Da Box Office on line. Non commenterò questa notizia. Ma diciamo ne sono ben felice…

“Ieri, nell’ambito di una conferenza stampa tenutasi in Campidoglio, Umberto Croppi, assessore alle politiche culturali e comunicazione del comune di Roma, ha dichiarato che girare film e spot pubblicitari nella Capitale costerà di più. Non si parla ancora di cifre, ma l’assessore ha precisato: “Un’apposita commissione è al lavoro per rivedere queste tariffe e per studiare estensioni dell’applicazione della legge Ronchey” sulla tutela e l’utilizzo dei Beni Culturali. Saranno aumentati non solo i prezzi per potere girare in città, ma si farà pagare anche l’utilizzo decontestualizzato, in un’inquadratura cinematografica o pubblicitaria, di un’immagine (che sia un quadro, una statua, una piazza o un oggetto) appartenente alla Capitale “mentre oggi per ciò che viene inquadrato e appartiene a Roma non si paga nulla”.

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08/07/2009

Gli auguri più belli

Di tutti gli auguri ricevuti via facebook, questo è il più significativo:

“Auguri Direttore e complimenti per il lavoro che state svolgendo con l’AFC. Da salentino, posso dire che il vostro impegno è una boccata d’aria fresca per il nostro territorio…”