Diario
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21/12/2007

Backstage #6

E’ fatta.

Dopo soli 5 mesi e mezzo di vita, abbiamo prodotto molte cose. Alcune visibili, altre meno. Ma, viste da qui, dal cuore della Regione Puglia, mi sembrano davvero tante.

Da oggi è on line il Regolamento che disciplina l’erogazione dei contributi alle produzioni. E’ il famoso (e a volte fumoso) Film fund previsto dalla legge che istituisce la AFC.

Sono disponibili, per i primi mesi del 2008, 150.000 euro. Non molti. Nemmeno pochi.

Ho lottato perché fosse uno strumento completo e trasparente. Adesso nessuno può fare il furbo con i soldi dei pugliesi.

Era questa l’idea di partenza. Forse alla fine ne è venuto fuori un testo molto formale, ma, ripeto, amministriamo denaro pubblico ed è necessario dotarsi di strumenti che lascino intendere la solennità di un contributo.

Dietro un contributo della Film Commission c’è il nostro lavoro, sordo, silenzioso e paziente.

Ma soprattutto ci sono le tasse del contribuente pugliese, la volontà della politica di sostenerci, il desiderio di una terra migliore.

E il 2008 come sarà, visto da qui?

Succederanno molte cose. Ora non posso dirlo. Chissà se per scaramanzia o per prudenza.

Di certo arriveranno molte risorse aggiuntive per realizzare gli scopi dello statuto e le attività del Master Plan che, riletto oggi, a distanza di 6 mesi, mi sembra ancora azzeccato. Là dentro ci sono intuizioni e deduzioni che rendono vivo questo lavoro. Senza quel lungo ragionamento non saremmo qua. Con quel ragionamento diventeremo più grandi e, con noi, tutti quelli che ci credono.

Auguri. Vado in vacanza. Torno presto.

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12/12/2007

Backstage #5

Per il corridoio, sento fischiettare canzoni di Natale.
Dalla sala illuminata, ascoltiamo un nuovo cd.
Dentro, l’arcobaleno.
Ci sono tanti progetti da chiudere prima di affogare nel mare delle festività.
Dalla strada, un vigile fischietta.
Non è tempo di fermarsi.
Questo è il tempo giusto per agire, realizzare, produrre quanto di sano le buone menti hanno partorito.

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10/12/2007

Riflessione #1

Riceviamo e pubblichiamo questa riflessione dell’artista salentino Carlo Michele Schirinzi.

…e l’eterno non m’abbandona
(raccontar storie lontane:
una riflessione sul ruolo dell’arte –pitturasculturacinemaletteraturamusicateatro)

…manca l’appuntamento con la morte…
…dalla pistola paterna 6 colpi tirati a vuoto sul suo corpo quattordicenne…
…gli organi vitali intatti (condannati all’eternità?)…
Cronache passate, finzioni raccontate, pubblico accontentato.
Esiste un contemporaneo che si srotola sotto i nostri occhi sempre più velocemente e spietatamente ci lascia in balia del tempo che scorre, vinti ed esclusi dalla contemporaneità stessa.
Questo pensiero vola alla degenza della ragazza quattordicenne di Muro Leccese che l’altro ieri ha tentato di mettere fine alla sua esistenza, per una pena d’amore (questo è stato raccontato dai giornali): la mia non vuole essere ne una condanna ne un’ode alla sua azione, vorrei solo far riflettere chi non si cura del fiume impazzito che scorre nelle rocce carsiche, sotto la terra rossa e gli ulivi secolari eretti a simbolo di zona, da troppo tempo ormai; scontrarsi col dramma non è analizzarlo o, peggio ancora, banalizzarlo con l’inutile bestemmia del racconto: è una continua ed estenuante battaglia che non ci da tregua, perchè contro ogni forma di storia, contro il voler a tutti i costi direzionare le cose sui binari irreali dell’univoca comprensione dittatoriale. Un calcio alle storie per immergersi totalmente e farsi attraversare dal dramma per poi riemergere con qualcosa che non vuole essere consolatorio o anticonsolatorio, ma solo un caos d’affetti, un’implosione di sentimenti che percuote il contemporaneo con le sue stesse armi – la vita non si racconta ma si attraversa, a volte senza direzione –: un fiume agitato è dir poco, un’azione secolare che porta alla consunzione della roccia stessa, un grido latente sempre più soffocato da chi coccola il suo interesse solo con ciò che ha immediato riscontro, ma il reale non è appartiene alla Storia (i ricordi sono immagini), la Storia è appiccicata dopo, quando l’incendio ha ceduto il posto alla cenere…se il reale è incendiario, è con il fuoco che bisogna urgentemente ‘catturarlo’.
Il dramma è nel linguaggio, e l’immagine già contiene tutto il dolore secolare – di un Salento laterale, condannato a lievi spostamenti tellurici, a guerre inventate, a fortificazioni inutili, a finti abbagli culturali.

Carlo Michele Schirinzi 07/12/07

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07/12/2007

Il futuro di Bari

Riceviamo e pubblichiamo questo intervento di Angelo Amoroso d’Aragona.  

 

La città di Bari è in questi giorni invasa da proposte cinematografiche. In due settimane sono state consumate Balafon, Sentieri nel Cinema, la retrospettiva su Laudadio e lo stesso Levante Film Fest che continua nella prossima settimana mentre in provincia, a Bisceglie, si aprirà l’appuntamento annuale di Avvistamenti, promosso dal Cineclub Canudo quest’anno su Studio Azzurro e Paolo Rosa. Tutte iniziative non solo di qualità ma ormai radicate in questa città e che pertanto meritano un’attenzione particolare. Il loro sovrapporsi non è ovviamente cosa positiva. Tanto più se avviene in un mese difficile per la programmazione culturale, qual’è il periodo prenatalizio, e se pensiamo che in autunno si succedono i più importanti Festival nazionali: Venezia Roma e Torino, appena terminato. E questo mentre in città si concludeva anche il Festival musicale Time Zone, per non contare la stessa serata commemorativa del 28 novembre, a 30 anni dal tragico assassinio di Benedetto Perone. Probabilmente una prima causa possiamo trovarla nei meccanismi d’erogazione dei contributi pubblici ma questa è solo una ragione in più perché gli operatori ormai storici di questa città si chiedano come coordinare le loro iniziative e imparino a farlo da “indipendenti”. E’ necessario non chiedere ma far nascere autonomamente un soggetto stabile che faccia da regia nel nome della diversificazione e della reciproca valorizzazione, lavorando sui meccanismi che mettono in contatto le iniziative con il loro pubblico, con un lavoro continuato capace di produrre un ambiente culturale in cui possano crescere talenti e radicarsi eccellenze, oltre che saperi collettivi. Quello che da tempo propongo con RECIDIVI, come rete del cinema e come animatrice di una Casa del Cinema, non vuole equivalere ad una marmellata od omologazione delle diverse proposte né alla loro unificazione sotto un unico cartello. Non vuole esaurirsi in un mero coordinamento, per altro necessario. In questi giorni si sono bruciate tante occasioni importanti, la presenza a Bari, per Balafon, di Michel Ocelot, uno dei più significativi autori di cinema d’animazione europeo, magari raccordabile alle tante iniziative di Get e Nuovo Fantarca per le Scuole nel mese di maggio, con stage professionali, laboratori o quant’altro. La singolare coincidenza di rassegna sugli anni ’70 e l’evento per Benedetto Petrone che nei materiali di Bertolucci, Grifi e Rosa avrebbe trovato una possibilità di lettura più ampia collocando i materiali di Lopez in una dimensione di cinema della e sulla “militanza”. Per non parlare della possibilità di gestire un ciclo comune di incontri con Goffredo Fofi e Oscar Iarussi (nella veste anche di Presidente della Film Commission) che mettesse in relazione quei tre soggetti che proprio Fofi ci indicava come fondamentali per la nascita di un cinema “lontano da Roma”: un pubblico, la critica e gli autori. E’ davvero doloroso invece fare il conto del sottodimensionamento di tutto questo. E’ capitato anche a noi con la mostra su Kieslowski in Pinacoteca. L’abbiamo cercata, sdoganata e portata per primi in Italia, con il primato mondiale anche della pubblicazione delle foto ma non si è riusciti ad inserirla in un percorso più ampio, che facesse tesoro per tutti del contatto prezioso creatosi con la Scuola di Lodz, di cui anche Sentieri nel cinema quest’anno ha sottolineato il valore. Tutte queste iniziative perché si trasformino in ricchezza devono essere messe in condizioni di produrre cultura oltre che di favorirne soltanto la circolazione. Giustamente Mimmo Mongelli sta conducendo il Levante Film Fest nella direzione di un laboratorio per il “cinema da farsi” piuttosto che semplice vetrina. E, in una dimensione progettuale, ha puntato lo sguardo verso i Balcani e l’Oriente. Antica vocazione a Levante della nostra città ma sarebbe miope non vederne piuttosto l’attualità. L’internazionalizzazione delle imprese cinematografiche e video è l’unica strada perché si possa credere ad una sviluppo regionale di questo settore. La nascita della tanto attesa Film Commission regionale fa di tutto questo un terreno urgente di confronto tra operatori culturali, per il pubblico, critica cinematografica, spesso coinvolta nei meccanismi di promozione delle opere ma che deve conservare anche il suo ruolo di indirizzo e di studio, non ultimi autori e conservatori, ossia coloro che producono e coloro che si fanno custodi dei loro repertori per fini extracommerciali. Pubblico, critica e autori devono imparare a fare sistema e a governare una produzione di senso che è il problema storico di questa città, ricca di iniziative ma priva di luoghi e di centri che ne governino la sedimentazione e li trasformino in pensiero e in azione.
Io credo che si stia già andando in questa direzione. Occorre ora tirare le somme anche delle singole collaborazioni, piccole ma molto significative. Quella del Get con Sentieri nel Cinema, o quelle messe in moto proprio da questa testata Indy che vive di carta, di tv e di web. A iniziative concluse, nel nuovo anno, a cominciare anche da questo foglio sappiamo che possiamo raccoglierci e dare nuovo sviluppo alla proposta culturale cinematografica di una città che deve tornare a svolgere un ruolo di propulsore interregionale.

Angelo Amoroso d’Aragona

ARTICOLO INVIATO A INDY (periodico di cultura e spettacolo) – LA NUOVA TESTATA EDITA DA MIMMO MONGELLI E CHE TROVERETE IN QUESTI GIORNI AL CINEMA ARMENISE PER IL LEVANTE FILM FEST

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06/12/2007

AFC in Senato

I direttori delle Film Commission italiane sono stati chiamati a dibattere del proprio lavoro presso il Senato della Repubblica.  Le audizioni sono scaturite dalla necessità di compilare la nuova legge sul riordino del Cinema.

Di seguito, pubblichiamo l’intervento del direttore della Apulia Film Commission, Silvio Maselli.

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12/11/2007

Backstage #4

Pensiero del lunedì. Antiche reminiscenze su carta verde.

Lettera del ’93 ad un naziskin.
Apparso su “Cuore” a firma del direttore, Michele Serra.

Caro naziskin, io scrivere te con parole facili facili, così forse tu capire.

Io leggo su giornali che tu essere ‘bestia’ e ‘belva’, ma io non credere. Io credere tu essere ignorante: e ignoranza è grande problema per tutti, anche per me. Perché persona ignorante è persona debole, e persona debole è persona che ha paura, e persona che ha paura è persona che diventa cattiva e aggressiva, e fa “bonk” con bastone su testa di poveraccio.

Vere ‘bestie’ e ‘belve’ sono certi giornalisti (molti) e certa televisione (quasi tutta), che dicono stronzate così noi restare tutti ignoranti e potere resta in mano di potenti.

Io vuole dire questo: se tu picchia un poveraccio, tu non dimostra tua forza. Tu dimostra tua debolezza e tua stupidità. Perché sua testa rotta non risolve tuo problema. Tuo problema è che tu vivere in periferia di merda, senza lavoro o con lavoro di merda. Tuo problema è che tu essere ultima ruota del carro. Allora tu volere diventare forte, e tu avere ragione. Ma nessuno diventa forte picchiando (quaranta contro due) due persone deboli. Se tu volere diventare forte, tu dovere ribellarti a tua debolezza. Tu dovere pensare. In tua crapa rapata esserci cervello. Tu allora usare cervello, non bastone. Tuo cervello avere bisogno di cibo, come tua pancia. Tu allora provare a parlare, a leggere, a chiederti perché tu vivere vita di merda. Questo essere: cultura. E cultura essere sola grande forza per migliorare uomo.
Io sapere: leggere essere molto faticoso. Pensare essere ancora più faticoso.
Molto più faticoso che gridare “negro di merda”, o “sporco ebreo”: gridare stronzate essere molto facile, basta vedere presidente skinhead Cossiga. Tutti essere capaci di insultare e odiare.

Me non importare niente se tu avere crapa rasata e scarponi: per me, tu potere anche metterti carciofo su testa e tatuare tue chiappe. Me importare che tu rispetta te stesso, tuo cervello e tua dignità, così forse tu impara anche a rispettare altri uomini. Se tu grida “sporco ebreo”, tu dovere almeno sapere cosa essere ebreo. E se tu sapere cosa essere ebreo, tu provare a chiederti come sarebbe bello se bruciassero in forno tua madre, tuo padre, tuoi fratelli, tuoi amici e te. Se tu comincia a fare domande, tu comincia a vincere. Domande essere come chiavi di macchina: basta una domanda per accendere motore e andare lontano.
Io molto preoccupato per te (e anche per testa di quelli che vuoi picchiare). Io preoccupato perché il potere, quando vede persone ignoranti e cattive, può fare due cose: metterti in prigione, e prigione è come immenso “bonk” su tua testa. Oppure servirsi di te come uno schiavo, mandarti a picchiare e torturare e bruciare mentre lui, intanto, vive in bella casa con bella macchina e bella figa. Vuoi essere libero? Tieni tua testa rapata, ma impara ad amare tuo cervello. Forza e potere abitano lì: dentro zucca, non sopra zucca. Ciao.

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09/11/2007

Dall’Obiettivo #2

Riceviamo e pubblichiamo con piacere le note del regista Alberto Negrin, reduce dalle riprese pugliesi del film Tv “Pane e libertà – Vita di Giuseppe Di Vittorio“, che si è girato tra Gravina, Altamura e Cerignola

 

Ogni volta che mi succede dimentico che non è stata la prima e che non lo sarà mai perchè il mestiere che facciamo, quello di filmare nei luoghi della realtà e non in teatri con scenografie ricostruite, ci porta sempre, e meravigliosamente, a conoscere e assaporare umanità sempre diverse e sorprendenti. Così è stato per la Puglia dove ho ambientato una buona metà delle riprese del mio ultimo film sulla vita di Giuseppe di Vittorio “Pane e libertà”.
Ogni volta, dovendo lasciare per lunghe settimane la propria casa, si pensa con un certo fastidio alle scomodità che ci aspettano, alle incognite alimentari e umane e agli inevitabili problemi che potrebbero nascere da nuovi incontri. Poi, ogni volta, accade che al termine delle riprese, la nostalgia e la malinconia ti afferrano alla gola e ti ritrovi a fantasticare su quando ti si riprenseterà una occasione simile, su quando potrai rifare una esperienza del genere e tornare.
Sono stato per più di quattro settimane a Gravina in Puglia dove abbiamo ambientato la maggior parte delle scene, tre giornate ad Altamura e un paio a Cerignola. L’impatto è stato eccezionale, la disponibilità sia delle istituzioni che della gente comune è stata entusiastica. Una cosa del genere ormai è impossibile non solo in una città come Roma ma in gran parte d’Italia.
Dove avrei potuto ritrovare tante facce così autentiche che riportavano in vita gli anni in cui Di Vittorio visse? Facce scavate, vere, ancora legate alla terra, facce con la sofferenza naturale, con la difficoltà del vivere giorno dopo giorno visibile concretamente, per davvero, senza necessità alcuna di ‘recitarla’. Durante la fase preparatoria del film ho fotografato una quantità enorme di luoghi prima di fare la scelta definitiva e devo confessare che di alcuni che sono stati esclusi ho il rammarico di non averli potuti utilizzare. Anche questo è un forte motivo per tornare, ‘li utilizzerò la prossima volta’ mi sono detto, ‘perchè è veramente un peccato non mostrarli nella loro magnificenza e unicità’.
Ricordo che all’inizio, quando ci si dava un appuntamento, l’approssimazione nella puntualità era enorme, mezz’ora in più o in meno non faceva alcuna differenza per i nostri interlocutori. Sono bastate poche ore, in qualche caso un solo giorno, perchè la ‘cultura’ della puntualità e della precisione diventasse regola ‘normale’ anche per una popolazione che non ha mai dato peso eccessivo al valore del tempo. Hanno capito tutti che ogni minuto perso era per noi un danno considerevole, ogni minuto aveva un costo di grandi proporzioni, che ogni minuto disperso significava dover rinunciare a qualche cosa del film, impoverendolo così inevitabilmente.
Credo che il nostro lavoro sia anche stato, per coloro che ci hanno seguiti giorno dopo giorno, un meraviglioso modo di vedere dall’interno come si fa un film, quanta sia la fatica necessaria, la cura meticolosa nei dettagli, la quantità enorme di cose che si devono fare.
Da parte nostra abbiamo imparato a conoscere una cultura, una tradizione e una lingua orgogliose delle loro radici. Ci siamo insomma reciprocamente ‘ammaestrati’.
C’è stato qualche elemento che mi ha colpito negativamente? Possibile che tutto sia stato così perfetto? Non ci sono state difficoltà o negatività?
Credo che l’unica cosa che non è cambiata con il nostro arrivo e che alla nostra partenza era ancora immutata sia stata l’abitudine radicata di utilizzare la raccomandazione, la rete di amicizie e conoscenze, le parentele, la maniera da tutti accettata di chiedere favori in cambio di favori, se io ti chiedo un permesso tu ti senti in diritto, direi obbligato a chiedermi una presenza nel film. Credo che questo sia il principale problema rimasto aperto tra noi alieni e stranieri e i cittadini di Gravina, Altamura e Cerignola che hanno in diversa misura partecipato al nostro film. E questo ‘modo’ di intendere le relazioni è una caratteristica non solo dei comuni cittadini ma di tutti, dalle autorità istituzionali fino alla semplice e ultima comparsa. E ancora adesso che ho lasciato la Puglia da una settimana, mi chiedo: perchè? Perchè si deve costruire il proprio avvenire sul favore e non sulla capacità professionale? So bene che questa caratteristica non è solo pugliese ma di gran parte dell’Italia intera. Ma perchè deve essere così?
Per quel che riguarda la parte artistica ho avuto alcuni ottimi attori pugliesi. Grande professionalità e grande disponibilità. Anna ferruzzo, Manrico Gammarota, Gianni Lillo, Giovanni Esposito….fino ad arrivare al grandissimo Pierfrancesco Favino, il nostro Di Vittorio, pugliese anche lui. E i bambini, alcuni dei quali con ruoli molto importanti, quasi protagonisti? Magnifici! Stoici! Al freddo, sotto la pioggia, di giorno e di sera, a piedi nudi su sassi e strade bianche! Con le mamme che si dispiacevano se si fossero sentiti stanchi o affamati.
Facendo dell’autobiografia devo ricordarmi che una trentina di anni fa ho girato un altro mio film tra Altamura, Bari e Matera ed aveva come protagonista Michele Placido, era un film sulla Guerra civile spagnola e raccontava l’arruolamento con l’inganno dei braccianti che credendo di andare a lavorare in Africa si trovarono a combattere in Spagna dalla parte dei Franco. Il titolo era ‘Volontari per destinazione ignota’. Ho ritrovato così vecchi amici che ancora ricordavano dei dettagli che io avevo invece dimenticato.
Non posso che concludere con la certezza che l’anteprima nazionale del film sarà certamente una ragione forte e sicura per un mio ritorno nei luoghi in cui il film è nato.
Dico grazie! a tutti sapendo di non esprimere che in modo banale e minimo quanto invece provo per tutto ciò che ci è stato così generosamente dato a cominciare dalla Film Commission pugliese. Un grazie e una fortissima stretta di mano! ( Tutti coloro che mi conoscono sanno che non stringo mai la mano a nessuno se non a cose fatte e quando proprio ci vuole….). Grazie ancora….!

Alberto Negrin

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07/11/2007

Backstage #3

Oggi appena svegliato ho capito una cosa.

Non è importante saper fare qualcosa, è importante saperla fare con gli altri.
La Film commission della Puglia deve connettere, unire.
E mi vengono in mente le parole di Vinicius De Moraes:
“La vita, amico, è l’arte dell’incontro”. Continua la lettura »

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06/11/2007

Backstage #2

Il tavolo che regge i miei gomiti, mentre scrivo, è rotondo.
E’ di vetro.
E’ un tavolo.

A seconda dell’andamento delle giornate, le impronte digitali si sovrappongono.
Tanta gente, tante impronte, tante parole, tanti progetti.
Lavoro con la gente, lavoro al telefono, lavoro e comunico attraverso il monitor grigio che incornicia le mie parole, adesso. Continua la lettura »

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06/11/2007

Dall’Obiettivo #1

Riceviamo da Daniele Cascella questo stralcio dal suo diario che, con piacere, pubblichiamo.

 

Daniele Cascella ha curato la regia e il casting di alcuni spot pubblicitari e ha lavorato, col ruolo di assistente e aiuto regista, nella lavorazione dei film: L’ultima lezione di Fabio Rosi, La via degli angeli di Pupi Avati, Federico II di Carlo Lizzani, Mario, Maria e Mario di Ettore Scola e La scorta di Ricki Tognazzi. Ha diretto i cortometraggi Verso Roma, in concorso al festival di Salerno e ad Anteprima per il Cinema, Chi era Piripicchio?, segnalazione della giuria del “Premio Libero Bizzarri”, e Bbobbolone!, premio Rai Cinema per il migliore cortometraggio al festival di Trevignano Romano. Nel 2005 ha realizzato il cortometraggio “Compito in classe” dedicato al tema degli abusi sui minori, ispirandosi ad un atroce fatto di cronaca pugliese.

 

Ed eccomi qui a raccontare la mia prima esperienza di regista di un lungometraggio per il cinema a Low budget o meglio No budget. Continua la lettura »

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