Ferzan Ozpetek.
Ferzan Ozpetek ha fatto, con “Mine vaganti”, uno dei suoi film migliori. Liberatorio, ha detto, perché rinuncia ad alcuni luoghi del suo cinema per reinventarne tutti i topoi in singolare e affascinante simbiosi con il territorio, l’ambientazione del film: una Lecce abbacinante.
Le chiavi di interpretazione del film sono tante e, avendolo già visto, ho un vantaggio competitivo che non voglio usare (!), lasciando agli spettatori del buon cinema il gusto della scoperta. I testi si accompagnano ai sotto testi e questo rende “Mine vaganti” un film popolare nel senso più alto. Capace cioè di parlare a più pubblici e di sedimentare una nuova coscienza civile, quella cui questo paese ha rinunciato da quasi vent’anni ormai. Oppure non ha mai avuto? Magari ne riparliamo quando uscirà “Noi credevamo” di Mario Martone, monumentale film sul risorgimento italiano ed europeo. Altro esempio di cosa significhi fare una (buona) film commission.
Meno male che ci sono tante mine vaganti, anticorpi inoculati nelle pieghe della reazione per raccontare che c’è sempre un’altra strada, che alle spalle del diritto c’è sempre il suo rovescio e che, insieme al basso che molti amano frequentare – per fortuna – c’è anche l’alto.
Buona visione e ben venuti in Puglia, mine vaganti d’Italia.
Post scriptum
Ho esordito nella mia conoscenza con Ozpetek con una gaffe molto divertente che lui mi rinfaccia sistematicamente.
Una gaffe ricolma di affetto. Lui lo sa.
Quello che ancora non sa è che secondo me il suo film davvero riassume tutto il senso del nostro lavoro sulla location: quei luoghi – come abbiamo scritto nella copertina della guida Effetto Puglia – che per un pugliese significano, semplicemente, la vita.