Ha ragione.
La coerenza è merce rara e il signor Giulio Tremonti, lo stesso che anni fa scambiò – forse perché mal consigliato da politici locali – i Cineporti di Bari e Lecce per delle mere iniziative culturali buone per l’estate invece che per solidi investimenti infrastrutturali e professionalizzanti, non mi è mai piaciuto per questo suo insopportabile atteggiamento professorale e per l’abilità di farla sempre franca. La crisi? E’ colpa della cattiva globalizzazione. La marginalità dell’Italia nel contesto internazionale? E’ colpa dell’alta finanza. E così via scrollandosi di dosso ogni responsabilità, pur avendo governato per oltre 12 anni negli ultimi venti.
Tuttavia questa sua proposta mi trova – e da sempre – d’accordissimo. E allora mi piace riconoscerglielo.
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Roma – Three Peaks sarebbe un nome perfetto per un film in lingua originale. Come quelli che Giulio Tremonti – il cui cognome per chi non l’ha capito è la traduzione del nostro film immaginario – vorrebbe veder trasmessi in prima serata dalla nostra televisione di Stato.
Una scelta forse sciagurata per le logiche dell’auditel e dello share – e forse ahinoi anche per la raccolta pubblicitaria che tutto governa – ma che secondo l’ex ministro dell’Economia la Rai dovrebbe comunque avere il coraggio di prendere per favorire l’apprendimento dell’inglese da parte delle nuove generazioni e non solo.
Quello che quindi alla scuola non riesce (o riesce so and so – oops, così così) dovrebbe riuscire a mamma Rai. Altro che farfalline inguinali, sproloqui di rocker in odore di profezia, fiction mielose e naufraghi smagriti e sull’orlo di una crisi di nervi. La Rai deve riscoprirsi servizio pubblico e puntare alla didattica di massa, come faceva negli anni Sessanta con Non è mai troppo tardi. Solo che al posto del maestrino catodico d’antan Alberto Manzi oggi ci sarebbero Robert De Niro e Julia Roberts. Vabbè, meglio di niente.
La sua idea così deliziosamente rétro Tremonti l’ha illustrata ieri nel corso di Agorà, talk show antimeridiano di Raitre: “Presenterò – ha annunciato l’ex ministro – una proposta di legge perché sulle reti importanti della Rai si facciano in prima serata film in inglese con i sottotitoli in italiano. La televisione è ancora potentissima e il servizio pubblico oltre l’informazione dovrebbe fare formazione”. Tremonti condisce tutto con una saporita notazione populista: “I figli dei ricchi l’inglese hanno la possibilità di impararlo a casa”. Ai poveri – che sono la maggioranza – non resta che il piccolo schermo. Sempre che si sia pagato il canone, naturalmente. Altrimenti, è tutto un altro film.
L’inglese in prime time è un recente pallino del ministro del rigore. Già un anno fa, nel corso della presentazione di un libro della parlamentare del Pd Marianna Madia, Tremonti lanciò lo slogan “meno ballerine più inglese”. “Perché tutti insieme non ragioniamo sui film in inglese in prima serata da trasmettere sulla Rai? Usare l’inglese dà una chance a chi non ce l’ha”, disse l’allora inquilino di via XX Settembre puntando sulla platea bipartisan. Ma l’idea non ebbe successo. E se così andò quando Tremonti era ministro, figuriamoci ora che ha lasciato la stanza dei bottoni.
In realtà da quella prima proposta datata maggio 2011 la Rai un piccolo segnale di buona volontà l’ha dato. Lo scorso autunno, per undici martedì alle 21, il canale tematico Rai Movie ha mandato in onda altrettanti titoli non doppiati e con sottotitoli in italiano, in modo da poter comunque seguire la trama.
Un’iniziativa apprezzabile ma con molti punti deboli rispetto all’idea di Tremonti. Prima di tutto Rai Movie è un canale di nicchia che “gira” sul digitale terrestre, e che ha un ascolto di qualche decina di migliaia di spettatori: ben altre cifre rispetto ai milioni vagheggiati da Tremonti su Rai Uno o Rai Due. Poi gli ideatori della rassegna (denominata in italo-inglese “Original Versione”) si affidarono a titoli modesti. Roba decisamente minore, come The Cake Eaters con la vampiretta Kristen Stewart e Things to Do Before You’re 30? con tali Dougray Scott e Billie Piper; insomma, più chicca per cinefili ansiosi di sentire la voce di Colin Farrell o Charlize Theron che lezione di inglese per il popolo.
Fonte: Il Giornale