L’eccezione culturale. Quale modello di Europa?
Con il collega Eric Garandeau, Presidente del “Centre national du cinéma et de l’image animée” francese ed i colleghi della Direzione generale cinema del Mibac italiano e con i cineasti più prestigiosi d’Europa, stiamo lavorando perché l’Europa unita non deluda le nostre aspettative, il sogno di una unione di popoli, la speranza di un continente che valorizzi le proprie identità e investa in cultura e creatività, rafforzando le proprie industrie – appunto – culturali e creative.
A metà marzo, infatti, la Commissione Barroso ha approvato una bozza di negoziato con gli Stati Uniti che supera il principio della “eccezione culturale” grazie alla quale, in questi ultimi venti anni, è stato possibile sviluppare cinema e audiovisivo nell’Europa unita e, a livello di Stati membri, sviluppare politiche di sostegno all’audiovisivo, incapace altrimenti di avere accesso al mercato, le cui soglie, per i prodotti mediali, sono troppo alte, costringendo a piegare la propria libertà artistica.
Parallelamente il Consiglio d’Europa decideva un taglio drammatico del budget dell’Unione, causando come conseguenza l’abbattimento della dotazione del programma “Creative Europe” da 1,8 a 1,3 miliardi di euro in sei anni. Creative Europe è l’innovativo programma a gestione diretta che sussume i vecchi programmi Media e Cultura, puntando allo sviluppo delle Industrie Culturali e Creative (ICC).
Come ben capisce chiunque, l’Europa neoliberista tarda a morire e batte i suoi ultimi colpi di coda, trascinando con sé le migliori espressioni culturali e creative, abbattendo sul mondo della produzione artistica la scure dei tagli e il cambio di filosofia. Senza “eccezione culturale” non ci sarà più espressione artistica, ma solo mercato cinematografico di puro intrattenimento.
Se non capiamo questo, se non combattiamo questa malsana idea di Europa, non ci rimarranno che le piazze finanziarie. Perché quelle di popolo saranno piene di cittadini arrabbiati e depauperati di tutto.
Viva l’Europa dei popoli.
La petizione:
PETITION OF EUROPEAN FILMMAKERS
PETIZIONE DEL MONDO DEL CINEMA EUROPEO
L’eccezione culturale non è negoziabile!
I PRIMI SOSTENITORI :
Paolo Sorrentino (Regista – Italia)
Marco Bellocchio (Regista – Italia)
Emanuele Crialese (Regista – Italia)
Pedro Almodovar (Regista – Spagna)
Fernando Trueba (Regista – Spagna)
Pablo Berger (Regista – Spagna)
Enrique Urbizu (Regista – Spagna)
Isabel Coixet (Regista – Spagna)
Thomas Vinterberg (Regista – Danimarca)
Cristian Mungiu (Regista – Romania)
Mike Leigh (Regista – Regno Unito)
Ken Loach (Regista – Regno Unito)
Stephen Frears (Regista – Regno Unito)
Rebecca O’Brien (Produttore – Regno Unito)
Aki Kaurismäki (Regista – Finlandia)
Volker Schlöndorff (Regista – Germania)
Margarethe von Trotta (Regista – Germania)
Eva Sørhaug (Regista – Norvegia)
Kamen Kalev (Regista – Bulgaria)
Ursula Meier (Regista – Svizzera)
Bela Tarr (Regista – Ungheria)
Šarūnas Bartas (Regista – Lituania)
Arunas Matelis (Regista – Lituania)
Robert Alberdingk Thijm (Regista – Paesi Bassi)
Luc Dardenne (Regista – Belgio)
Jean-Pierre Dardenne (Regista – Belgio)
Lucas Belvaux (Regista – Belgio)
Jaco van Dormael (Regista – Belgio)
Joachim Lafosse (Regista – Belgio)
Olivier Masset-Depasse (Regista – Belgio)
Michel Hazanavicius (Regista – Francia)
Costa Gavras (Regista – Francia – Grecia)
Bertrand Tavernier (Regista – Francia)
Agnès Jaoui (Regista – Francia)
Pierre Jolivet (Regista – Francia)
Radu Mihaileanu (Regista – Francia – Romania)
Sabina Guzzanti (Regista – Italia)
Paolo Virzi (Regista – Italia)
Marco Tullio Giordana (Regista – Italia)
Giorgio Diritti (Regista – Italia)
Montxo Armendariz (Regista – Spagna)
Angeles González-Sinde (Regista – Spagna)
Fernando León de Aranoa (Regista – Spagna)
Joaquim Oristrell (Regista – Spagna)
Santiago Tabernero (Regista – Spagna)
Felix Viscarret (Regista – Spagna)
Loles León (Regista – Spagna)
Rosa María Sardá (Regista – Spagna)
Roger Michell (Regista – Regno Unito)
Susanna White (Regista – Regno Unito)
Hugh Stoddart (Regista – Regno Unito)
Fred Breinersdorfer (Regista – Germania)
Jochen Greve (Regista – Germania)
Stijn Coninx (Regista – Belgio)
Michal Wald (Regista – Belgio)
Pierre Schoeller (Regista – Francia)
Benoit Delepine (Regista – Francia)
Gustave Kervern (Regista – Francia)
Marine Franssen (Regista – Francia)
Jean-Marc Moutout (Regista – Francia)
Antoine Rein (Produttore – Francia)
Il 13 marzo potrebbe rivelarsi una data di svolta nel percorso storico europeo – un vero scandalo.
In quella giornata, la Commissione Europea, guidata del Commissario al Commercio Karel de Gucht, ha scelto di mettere sotto i piedi l’eccezione culturale, adottando la bozza di una trattativa di negoziato che include cinema e servizi audiovisivi tra gli ambiti della discussione degli scambi commerciali tra Europa e Stati Uniti, che avranno luogo nel corso della prossima estate.
Sembrano dimenticate le parole appassionate del Presidente Barroso nel 2005: “in una scala di valori, la cultura viene prima dell’economia”. Spazzate via anche le dichiarazioni d’amore del Presidente Barroso per il cinema, quando i registi erano obbligati ad azioni di difesa del Programma MEDIA. E che ne è stato dello slogan “l’Europa ama il cinema”?
Alcun mesi prima della fine del suo mandato, non comprendiamo la traccia che il Presidente Barroso intende lasciare nella storia d’Europa. Al momento, sfortunatamente, predomina un’immagine di distruzione: l’immagine di qualcuno che ha deciso di abbandonare la battaglia per la cultura. Sembra persino aver dimenticato la sua stessa lezione di non molto tempo fa: “la cultura è la risposta alla crisi”.
Ma siamo franchi: il trattato di negoziazione proposto è una rinuncia. È la capitolazione, il punto di rottura.
Vent’anni fa, è qui, sul territorio europeo che è stata forgiata la comune volontà di supportare la creatività e di promuoverne la diversità.
La cultura è realmente il cuore dell’identità e degli ideali europei.
Vent’anni fa, l’eccezione culturale faceva irruzione sulla scena internazionale, determinando il riconoscimento di uno status specifico per le opera audiovisive, in quanto non da ritenersi opere al pari delle altre e dunque da dover escludere da qualsiasi negoziazione commerciale.
Vent’anni fa, grazie all’eccezione culturale, ottenuta a seguito degli accordi GATS, creatività e diversità linguistiche hanno visto il diritto di poter continuare a beneficiare di specifiche normative atte al loro supporto ed alla loro protezione.
Il risultato è stato positivo per quanti volessero guardarlo con obiettività: la diversità culturale è oggi una realtà nella quasi totalità del territorio europeo, consentendo scambi e reciproca comprensione, rappresentando un vettore di crescita e di occupazione.
L’Europa che tutti amiamo si è profondamente impegnata nel proprio contributo alla Convenzione UNESCO 2005 sulla Protezione e Promozione dell’Espressione della Diversità Culturale, ottenendone con orgoglio la ratifica nel 2006 da parte di altri 126 Paesi nel mondo. L’Europa che tutti amiamo è quella cui il mondo guarda con fierezza, in quanto iniziatrice e sostenitrice di questa grande idea.
Con l’adozione del testo di negoziazione, che ridurrebbe la cultura ad un mero prodotto, la Commissione Europea (ad eccezione dei tre Commissari contrari in fase di voto) abbandona, di fatto, la propria posizione, inizialmente a favore dell’eccezione culturale, pertanto rinnegando i suoi stessi obiettivi ed impegni precedentemente assunti con l’art. 167 del Trattato di Lisbona, dimostrando una terribile duplicità.
Odiamo quest’Europa che è pronta a sbarazzarsi dei principi della Convenzione ed in particolare del principio della sovranità culturale degli Stati.
Se paragonata alla realtà degli Stati Uniti, nei quali l’industria dell’entertainment è il secondo grande settore di esportazione, la liberalizzazione del settore cinematografico ed audiovisivo comporterà la distruzione di quanto finora era stato protetto, promosso e sostenuto a favore dello sviluppo delle identità culturali Europee. Questa politica, in un contesto di eccessivi vantaggi economici per i giganti americani, sembra effettivamente un consapevole desiderio di mettere la cultura europea in ginocchio.
Quanti, in nome dell’Europa, accetteranno tale prospettiva, saranno per sempre colpevoli agli occhi della Storia. La diversità culturale non deve essere soltanto un’altra moneta di scambio. Deve rimanere un’ambizione, una legittima esigenza ed un impegno.
Non è troppo tardi!
Continueremo a lottare per la capacità dell’Europa di scrivere la propria Storia dalla prospettiva della diversità delle sue genti e delle sue culture e affinché i suoi cittadini di dare risposte profonde e complesse alle sfide del presente.
I firmatari, provenienti da ogni luogo d’Europa, chiedono solennemente ai Capi di Stato di pronunciarsi a favore dell’esclusione del settore del cinema e dell’audiovisivo dai negoziati commerciali tra Europa e Stati Uniti.