Diario
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ll vero oggetto del contendere.

Riporto, pari pari, il post di Stefano Balassone di ieri.
Lo condivido in pieno.

“Ministra Guidi, ci stupisca!
E smentisca i brutti pensieri su quel colloquio fitto fitto fra Renzi e Berlusconi
pubblicato in Odiens, Europa 26 febbraio 2014

I bigliettini autografi scambiato fra Renzi e Di Maio («buoni a nulla» vs «inaffidabili») sono mosse di scacchi in funzione della campagna elettorale. Ma, altro che di quei pizzini, tutti parlano dei cinque(?) minuti a tu per tu fra Renzi e Berlusconi e sono pronti a giurare che abbiano parlato di come fregare la Rai per favorire Mediaset. Vecchio schema, in vigore da quaranta anni. Ma forse si è parlato d’altro (l’amico Putin?) perché il futuro di Rai e Mediaset ci pare ormai tracciato al di là di ogni confabulazione.

Quaranta anni fa la Rai era il 100% della televisione (e anche della radio); con l’arrivo di Mediaset ne è divenuta la metà; oggi, con l’espandersi della pay tv e delle offerte free “di nicchia”, nonché con l’ingigantimento di Google nella raccolta pubblicitaria, sia Rai sia Mediaset raccolgono, a dire molto, un quarto per ciascuno del complessivo consumo di audiovisivo (e chiunque abbia figli in casa lo constata facilmente).

In pratica i vecchi duopolisti sono figli del loro tempo e non di quello attuale che li prende in contropiede perché cercando di resistere agli eventi hanno aperte più botteghe di quante ne possano rifornire. Mosse da monopolisti della distribuzione che ha messo in difficoltà non solo loro, ma anche i sopraggiunti tant’è che Sky, in Italia e solo in Italia, vede bilanci rossi, perché con tanta merce esposta gratis dal Cavallo e dal Biscione non riesce a far crescere i suoi clienti quanto vorrebbe e potrebbe.

Ma ormai con l’aumentare delle piattaforme di distribuzione (effetto internet) il boccino è passato definitivamente nelle mani dei content provider (quelli che hanno ricchi magazzini  di produzione propri) a scapito dei cosiddetti gate keeper, quelli che un tempo tenevano le chiavi dell’accesso al pubblico. Quindi, qualsiasi cosa si siano detti Renzi e Berlusconi, sia Rai sia Mediaset devono pensare a ridurre il perimetro aziendale, a partire dal numero dei canali. Mediaset potrebbe anche contemplare l’idea di cercare un padrone internazionale, capace di rivaleggiare con Murdoch. Mentre la Rai, che con i suoi 2,5 milioni di ricavi ha comunque un peso enorme nel sistema Italia, ha il problema di ri-farsi accettare dal paese accettando di cambiare radicalmente le priorità di spesa.

La parola magica è “produzione”, al di là di ogni consumata retorica sul “Servizio Pubblico” e sulle rivendicate glorie passate. Ad esempio, l’operazione nostalgia a Sanremo ha fatto cilecca e semmai, ha rivelato una forte voglia di novità; invece con la fiction del maestro Manzi il tuffo nel nostro passato è riuscito, riscuotendo un solido 24%, con un plebiscito degno di Montalbano tra il pubblico femminile, anche nelle classi di età meno anziane. Quasi a suggerire, perché in tv il parere delle signore conta di più, che il possibile destino della Rai sia quello di «produrre  le nostre storie»”. Se poi riuscirà a farlo in modo da interessare  anche i pubblici esteri, tanto meglio per la bilancia commerciale e l’occupazione.

Chissà se ne ha la minima idea la ministra Guidi, il cui dicastero è stato finora la cassaforte del disastro industriale chiamato legge Gasparri e un cui ex vice ministro – del passato governo – si è perfino esibito nell’idea, da curatore fallimentare, di mettere i bollini blu alla programmazione Rai “meritevole” di canone. Suscitando sì le risate del mondo, che neanche il bunga bunga, ma anche l’acquolina ai denti dei piranha delle pubbliche sovvenzioni. Quando si dice “rilancio”. In discarica.

Quindi, cara ministra, ora ci stupisca, e smentisca i brutti pensieri su quel colloquio fitto fitto fra il giovane leader e il vecchio marpione.”

Fonte: Europa quotidiano

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