Diario
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05/11/2013

Quei film che servono al cinema.

Ho visto ieri sera tardi, in una sala romana, all’ultimo spettacolo di un piovoso lunedì “Sole a catinelle” di Gennaro Nunziante e con il nuovo Totò, Luca Medici – coautore, attore e musicista del film con il nome di battaglia Checco Zalone -.

Ho riso – a tratti molto – ed ho a tratti riflettuto sull’italiano medio raccontato da Zalone, destrorso senza capire perché, dotato di una scarsa cultura generale, ma intelligente come sanno essere gli italiani medi, di quella intelligenza urticante, usata per farsi i fatti propri, per piegare cinicamente ogni rovescio in occasione di rivalsa, per sfruttare il prossimo, ma in fondo in fondo generoso con i propri cari, felice di occupare la propria parabola umana con le poche certezze che ancora possiede.

Penso non sia un grande film, peraltro il finale è davvero sbagliato e poco convincente per la sua chiusa metacinematografica e penso che la sua fortuna sia dettata da un mix formidabile di fattori distributivi (esce senza controprogrammazione e forte di una domanda impetuosa di pubblico ed esercenti), comunicazioni (è presentato come un evento atteso da due anni, essendo peraltro l’unica commedia su piazza e avendo molto intelligentemente scelto questo weekend, lontano dall’affollamento natalizio), soggettivi (Checco è, s/oggettivamente, una maschera irresistibile che arriva a tutti i pubblici) e di linguaggio (non le ho contate, ma ci saranno almeno 150 scene con un montaggio serratissimo, quasi asfissiante, da tv arrembante e giovanilistica). Se, appunto, non fosse stato un evento, probabilmente non sarei andato a vederlo al cinema e avrei atteso il passaggio televisivo, impegnando il mio tempo libero con opere più accurate. Con il cinema-cinema.

Ma penso anche la nostra industria cinematografica abbia un disperato bisogno di film così: ce ne vorrebbero 20 l’anno, due al mese, per riconciliare con la sala il grande pubblico e lasciar trasudare risorse dal cinema commerciale a quello autoriale ché l’uno vive per l’altro e viceversa. E solo i gretti ideologicamente perversi non capiscono questa regola elementare e saggia.

Perciò, da meridionale orgoglioso, dico grazie Genny, grazie Luca.

P.s.

Dopo alcuni giorni esce questa ottima recensione a firma di un intellettuale che amo molto della mia generazione. Merita una lettura, sebbene dica cose in parte diverse dalle mie.
Christian Raimo su Minima et Moralia

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04/11/2013

Soldi a catinelle

Forse da oggi cambierà tutto nel nostro mercato. Oppure nulla, come preconizzava Paolo Mereghetti sul Corriere della Sera di ieri.
Sole a catinelle, di Gennaro Nunziante con Checco Zalone ha incassato 18.606.811 euro in 1.121 schermi con una media copia di 16.598 euro a schermo in soli 4 giorni.
Lo hanno visto ad ora 2.681.900 italiani, più di quelli che – ad esempio – in 4 settimane, han visto Cattivissimo me 2.

Numeri mostruosi che purtroppo non raccontano altro se non il desiderio di evasione degli italiani. Che temo non andranno a vedere altri film al cinema, nonostante gli intelligenti e ripetuti appelli di Luca Medici.

Bene intanto che il pubblico si riconcili con la sala, come negli anni ’70. Tutto dipende dal prodotto, è chiaro ormai no?

 

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04/11/2013

Al sig. Almunia

Glielo dico qui, ove mai i suoi motori di ricerca passassero da queste parti:

Mr. Almunia, please mind: no territorialisation, no more regional funds.

Best

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28/10/2013

Tim Cook

Non c’è bisogno di appellarsi alla 231/01, la legge sulla responsabilità oggettiva delle imprese, per capire che il signor Tim Cook è inadeguato al ruolo di successore di Steve Jobs.
Fosse stato ancora vivo, non credo – o almeno non posso credere – che Jobs avrebbe autorizzato un suicidio di marketing e comunicazione come il varo sul mercato di un iPhone che si posiziona al ribasso rispetto alle attese dei consumatori del marchio di Cupertino.
Perché hanno dunque lanciato il 5c unitamente al 5s?

Ho letto un interessante articolo del NYT in cui si racconta l’ossessione dei vertici Apple nei confronti della Samsung, impresa coreana che addirittura rifornisce semilavorati alla Apple stessa e che, evidentemente, ne copia ogni mossa in termini di prodotto.

Ma proprio per questa ossessione, non si doveva cedere alla tentazione di puntare a un pubblico più largo perché tale scelta contravviene alla regola più importante del marketing post industriale: essere unici nel posizionamento, creare comunità di eguali, far sentire il consumatore unico e prescelto.

Invece ecco qui l’errore che costerà caro: un oggetto di plastica colorata, che diverge dall’eleganza, lo stile, l’unicità delle invenzioni di casa Apple.

Un errore da manuale, da cui tutti gli appassionati di prodotto e servizi devono trarre insegnamento.

Ps: non sembra dunque un caso che al nuovo bellissimo e cilindrico Mac Pro, pensato per chi fa musica, audiovisivo e grafica a livelli professionali, stesse lavorando personalmente Jobs. Prima di morire. Il Capitalismo funziona se, nel suo sistema, vi lavorano grandi cervelli.

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18/10/2013

Studiare sempre

Ci vorrebbe per il cinema (e il Cinetel), quel che Balassone fa per la televisione.
Chissà se lo troveremo in Anica.

Fonte: Europa quotidiano

La notizia, grossa, di questo inizio della stagione televisiva è che – a giudicare dalla prima parte di ottobre – il pubblico della serata è diminuito. Si tratta del primo rimpicciolimento della platea a partire dal 2007, l’ultimo anno prima della crisi, con il crack di Lehman e quel che ne è seguito. Era da quell’anno che il pubblico della tv aumentava costantemente.
E la ragione ai nostri occhi era semplice: meno soldi abbiamo in tasca più ce ne stiamo a casa, evitando pizzerie, cinema, pub ed altri luoghi dispendiosi. Così il pubblico nel 2012, dopo la gragnuola di tasse, il dileguarsi delle pensioni di anzianità e col Pil in picchiata, si è raggiunto il massimo storico di 24,3 milioni di spettatori (parliamo della media nei giorni dall’1 al 17 di ottobre).
Mentre quest’anno sono 23,7 milioni. Siamo ancora un milione sopra le platee pre-crisi, ma la diminuzione è secca e, ripetiamo, è la prima dopo anni e anni di costante aumento. La Toscana e l’Emilia e Romagna sono le regioni che stanno uscendo più velocemente dalla reclusione casalinga, mentre il nord est sembra stagnante e il sud, come la solito, peggiora (tranne, che in Campania e Sicilia, tanto per smentire i luoghi comuni). Insomma, anche se da parecchie parti la crisi ancora impazza, qualche luce qua e là compare e la caverna televisiva comincia a rilasciare i suoi prigionieri.
All’uscita da questi anni troviamo un panorama dell’ascolto televisivo profondamente cambiato: nel 2007 la Rai raccoglieva il 44 per cento degli spettatori e oggi è scesa al 37 per cento; Mediaset è passata dal 41 per cento al 36 per cento. Nell’insieme il duopolio ereditato dalla Prima repubblica ha perso il 12 per cento degli spettatori.
Ne ha guadagnato il non-duopolio: il 2,5 per cento si è spostato su La7 (a proposito, ieri sera Santoro ha superato di parecchio il 12 per cento) e il resto si è rovesciato tutto sulla tv satellitare, fenomeno in forte accelerazione negli ultimi tre anni e che potrebbe diventare ancora più veloce con l’uscita, incrociando le dita, dalla crisi economica.
A dirla tutta, gli spettatori stanno realizzando sul campo una vera “distruzione creativa” del sistema televisivo sottraendo legittimità alla Rai e risorse a Mediaset, a favore degli altri attori del sistema. Va da sé che quelli pagati per fare le riforme, cioè i parlamentari, possono starsene alla finestra a guardare quel che accade, ammesso che se ne accorgano, oppure metter mano al pensiero e cogliere l’occasione per fare sentire anche la loro voce.
In fondo l’Europa, con l’”eccezione culturale” ha deciso che nel campo della industria audiovisiva lo stato deve avere un ruolo. Da noi si è limitato a fare il guardiano dell’harem del duopolio. Ma se non cambia mentalità si troverà a tutelare, ben che vada, un residuale bordello che neanche i peggiori locali di Caracas.

Stefano Balassone

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14/10/2013

Media copia

Vogliamo parlare del Cinetel di oggi?
La media copia di “Cattivissimo me” è di 5.984 € per 863 copie uscite. In quattro giorni l’incasso supera i 5 milioni di euro. Siamo felici per la Universal e per i 727.439 bambini e genitori che nell’ultimo weekend si sono divertiti al cinema.
Nel lungo ultimo weekend sono andati a cinema 1.714.999 italiani per un box office complessivo pari a 12.033.343 €.
Il clima aiuta e di sicuro anche il prodotto autunnale, finalmente competitivo.

Ma attenzione: sta scomparendo il film medio, quello da incassi medi che aiutano tutta l’industria a pensare storie migliori e più ambiziose, perché incassano 4/5 milioni di euro.
Invece un buon prodotto medio come “Anni felici” di Luchetti si è piantato, dopo due settimane, su una media copia di 1.426 euro per incasso complessivo di 1.128.000 €, troppo pochi per consentire al cinema di qualità e d’autore di essere lo zoccolo duro sul quale costruire un’intera industria.

I motivi sono diversi, ma solo chi è accecato dalla pericolosa ideologia della “libertà di accesso al contenuto purchessia” non capisce che la pirateria online sta massacrando autori, editori e mercato tutto. Se ne rende conto, per esempio, un imprenditore mediale molto intelligente come Iginio Sraffi, correndo ai ripari con il Content ID di You Tube.

Dunque un buon weekend complessivamente, noi però dobbiamo porci il problema di come far tornare stabilmente il pubblico in sala.

Altrimenti non ci sarà più alcuna storia da raccontare.

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06/10/2013

Un pezzo di futuro.

Ecco un pezzo di futuro.
Il rinnovo delle sale di città, multiprogrammate, affidate a un brand, rinnovate nei contenuti e nell’estetica, centrali nella vita delle realtà metropolitane. Se non si riparte dalla sala per far crescere il pubblico, numericamente e qualitativamente, il nostro mercato non ha speranza.
Bravi dunque i manager Moviemax per questa scelta lungimirante e coraggiosa.

Fonte: e-duesse

“In un momento molto difficile per i cinema monosala, Moviemax ha dato vita a un progetto per far rivivere diverse monosale nelle principali città italiane entro fine anno con un contratto di locazione. Il primo cinema a riaprire i battenti il 20 ottobre sarà il San Carlo di Milano, chiuso dal 2008 e di proprietà dell’omonimo Collegio arcivescovile. «Vogliamo attrarre nuovamente il pubblico offrendo nelle città un’esperienza di cinema monosala curata nei dettagli», spiega Rino Garbetta, amministratore delegato di Moviemax, in un’intervista a Italia Oggi, «con la tecnologia avanzata, comfort, la qualità dell’esperienza visiva, che generalmente manca in questo tipo di cinema, perché l’adeguamento tecnologico delle monosale italiane è in genere tremendo, con tutto il rispetto. E questo senza dover prendere l’automobile per andare in periferia, motivo per cui una fetta di pubblico si è allontanata». Per dare vita a questo progetto è stata istituita la società Cinemax, controllata al 100% da Moviemax. L’idea è quella di sfruttare la multiprogrammazione per diversificare l’offerta al pubblico. «Magari nella prima settimana si compete con altri film, ma facendo così si può prolungare la presenza nelle sale», ha dichiarato Garbetta. Al momento le regioni su cui Moviemax punta, oltre alla Lombardia, sono il Lazio e la Campania.”

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01/10/2013

Troppo grasso.

Un’amica leccese mi segnala un dibattito tutto leccese in cui alcuni cittadini lamentano il via vai di cinemobili in centro città per le riprese dell’ennesimo film che si gira nella capitale salentina.
Quando abbiamo iniziato questo percorso dell’Apulia Film Commission non potevamo sperare in meglio e, lo confesso, guardavamo con discreta e sana invidia alle cronache torinesi che raccontavano di ricchi torinesi abitanti nel centro della città della Mole, lamentarsi delle troppe produzioni presenti in città.

Qualche anno dopo, eccoci qua a festeggiare lo stesso risultato in una città meravigliosa e, per questo, talmente immaginifica da attrarre come miele le api i sempre più numerosi registi pronti a immortalarla.

Troppo grasso rende i pensieri lenti e non fa comprendere che tutto questo movimento genera ricchezza economica e sociale. E che occorre portare pazienza e coltivare grandi ambizioni per rinunciare alla retorica della fine della terra e dell’inizio di una nuova primavera.

Nota a margine: ieri abbiamo messo a bando la realizzazione di una bellissima sala di proiezione presso il Knos, la creazione di un giardino all’europea con funzione di parchetto urbano e – soprattutto – lo spostamento degli ingressi camionabili per consentire ai cinemobili di parcheggiare, finalmente, presso il Cineporti di Puglia/Lecce.

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01/10/2013

Queste cose mi piacciono

Ecco le iniziative di coordinamento e comunicazione unitarie che mi piacciono.
Presto faremo anche noi la stessa cosa con le sale del circuito D’Autore.

Un bravi dunque ai teatri romani.

Fonte: Il Giornale dello spettacolo

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30/09/2013

Intensità

I dieci giorni di lavoro più intenso degli ultimi anni si sono appena conclusi con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dei bandi di gara per la realizzazione di una sala multimediale presso la nostra sede di Lecce e di uno spazio contemporaneo per l’apprendimento audiovisivo a Bari, presso la Fiera del levante.
Un lavoro di gruppo fuori dal comune per complessità, delicatezza, impegno.
4,2 milioni di euro da gestire con la consueta accortezza, passione, pulizia e trasparenza per consegnare alle nostre comunità luoghi belli e utili, innovativi e coerenti con le nostre finalità di promozione della cultura audiovisiva.

Un lavoro davvero grande – di cui a breve si vedranno i frutti sul nostro sito con la pubblicazione dei documenti di gara – realizzato da molti progettisti di valore e questi ragazzi extra-ordinari che lavorano in Apulia Film Commission (e guai a chi ce li tocca!) e alla lungimiranza e la costante presenza di un Consiglio di Amministrazione che in molti ci invidiano, perché competente, attento, sempre presente. Come succede di rado negli enti pubblici.

Ora a me, responsabile del procedimento, è toccato il compito di coordinare il lavoro di tanti e tante e di assumermi la responsabilità amministrativa di trasformare una visione in realtà fatta di calcestruzzo, proiettori e progetti.
Non so se riuscirò mai a veder finite le opere, da Direttore di Apulia Film Commission.
So che averci dato dentro, sino in fondo, senza requie, per trovare le risorse, coordinare le procedure, seguirne le evoluzioni operative e amministrative, motivare (e a volte deprimere) lo staff interno, rappresenta la soddisfazione più grande, come quella del viaggiatore di On the road che raccontava sempre come la cosa più bella fosse, alla fine di tutto, più che la méta il cammino.

 

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